Ucciso con 3 pugni, il mortale alla fronte
L’autopsia ha stabilito che è morto subito. Colpi uno dietro l’altro. Il terzo rom non si costituisce. L’amico ferito di Emanuele ricostruisce il delitto
ALBA ADRIATICA. Tre pugni in faccia, uno mortale. L’autopsia fissa così gli ultimi istanti di vita di Emanuele Fadani, l’imprenditore di 37 anni ucciso l’altra notte ad Alba Adriatica da tre giovanissimi rom. L’uomo è morto quasi sul colpo per una devastante emorragia cerebrale che non gli ha dato scampo. I pugni sono arrivati uno dietro l’altro: al naso, allo zigomo sinistro e poi sulla fronte. L’ultimo è stato quello letale. Nessuna frattura sul resto del corpo.
I colpi sono arrivati quando l’uomo era in piedi: nessun pugno lo ha colpito quando era già a terra. L’esame non ha chiarito, almeno per il momento, il dubbio legato all’utilizzo di qualche oggetto, forse un tirapugni o un grosso anello con cui la vittima potrebbe essere stata colpita. L’autopsia, eseguita dal medico legale Cristian D’Ovidio, è durata più di quattro ore. Il consulente della procura, inoltre, ha fatto dei prelievi per ulteriori indagini. All’esame ha partecipato anche il medico legale Grazia Fusaro, il perito di parte nominato dai due arrestati.
GLI ARRESTATI. Danilo Levakovic, 22 anni, eSante Spinelli, 25 anni, di Alba, sono accusati di concorso in omicidio aggravato dai futili motivi. Oggi i due, difesi dall’avvocato Giuseppe Sgura, compariranno davanti al gip Marina Tommolini, che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare richieste dal pm Roberta D’Avolio. Con la stessa accusa è stato emesso il fermo per Elvis Levakovic, 22 anni, cugino di Danilo, ricercato ormai da 24 ore. Secondo la versione fornita dai due arrestati sarebbe stato quest’ultimo a colpire a morte l’imprenditore.
IL MOVENTE. «In questa drammatica vicenda», ha detto ieri il capitano Pompeo Quagliozzi nel corso di una conferenza stampa, «è ancora più tragico il fatto che non ci sia movente». Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori (con Quagliozzi indagano gli uomini del reparto operativo agli ordini del capitano Nazario Giuliani) la lite è scoppiata per qualche parola detta. I tre, ubriachi, hanno seguito l’imprenditore e l’amico con cui si trovava fuori dal bar e qui lo hanno colpito a morte. Inizialmente si era sparsa la voce che del gruppo facessero parte anche altri rom, ma gli investigatori smentiscono. Secondo la versione fornita dai militari i due nella notte tra martedì e mercoledì si sono presentati in caserma per raccontare di aver assistito ad una rissa, senza dire altro.
IL TESTIMONE FERITO. Fondamentale nella ricostruzione dei fatti la testimonianza di Graziano Guercioni, l’uomo che nella notte tra mercoledì e giovedì era con Fadani e che è stato colpito mentre cercava di difenderlo. «Ho preso un colpo alle spalle e sono caduto a terra», ha raccontato, «quando mi sono ripreso ho visto Emanuele sulla strada. Gli ho fatto la respirazione bocca a bocca e il massaggio cardiaco, ma ormai non respirava più». Emanuele Fadani quella notte doveva partire per Imola per un viaggio di lavoro. Era entrato nel bar, che si trova davanti alla casa del fratello, solo per prendere un caffè.
I PRECEDENTI. Nonostante la loro giovane età i tre accusati di aver ucciso l’imprenditore sono già conosciuti alle forze dell’ordine. Nel giugno dell’anno scorso Danilo Levakovic è stato arrestato con l’accusa di aver nascosto 42 chili di hascisc che avrebbero dovuto rifornire tutta la costa. 42 chili che avrebbero dovuto essere custoditi sotto terra, ad Alba, ben nascosti in un recipiente pieno d’acqua interrato e coperto da una botola. I carabinieri erano arrivati prima che la droga finisse sotto terra: i panetti di hascisc erano in una macchina parcheggiata in un’area recintata in cui si allevavano cavalli. L’operazione venne chiamata “Escalation”, quasi a voler sottolineare l’intenzione dei nomadi a voler conquistare fette sempre più grandi di mercato. Ma Danilo è coinvolto anche nella mega operazione dei carabinieri sui dollari falsi, l’indagine partita dalla Repubblica di San Marino e finita a Teramo con l’arresto di dieci persone. Operazione in cui è coinvolto anche il cugino Elvis, ricercato per l’omicidio di Fadani. Nel gennaio del 2008, inoltre, Elvis Levakovic è finito in carcere con l’accusa di aver scassinato gli apparecchi videopoker nei bar.
I colpi sono arrivati quando l’uomo era in piedi: nessun pugno lo ha colpito quando era già a terra. L’esame non ha chiarito, almeno per il momento, il dubbio legato all’utilizzo di qualche oggetto, forse un tirapugni o un grosso anello con cui la vittima potrebbe essere stata colpita. L’autopsia, eseguita dal medico legale Cristian D’Ovidio, è durata più di quattro ore. Il consulente della procura, inoltre, ha fatto dei prelievi per ulteriori indagini. All’esame ha partecipato anche il medico legale Grazia Fusaro, il perito di parte nominato dai due arrestati.
GLI ARRESTATI. Danilo Levakovic, 22 anni, eSante Spinelli, 25 anni, di Alba, sono accusati di concorso in omicidio aggravato dai futili motivi. Oggi i due, difesi dall’avvocato Giuseppe Sgura, compariranno davanti al gip Marina Tommolini, che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare richieste dal pm Roberta D’Avolio. Con la stessa accusa è stato emesso il fermo per Elvis Levakovic, 22 anni, cugino di Danilo, ricercato ormai da 24 ore. Secondo la versione fornita dai due arrestati sarebbe stato quest’ultimo a colpire a morte l’imprenditore.
IL MOVENTE. «In questa drammatica vicenda», ha detto ieri il capitano Pompeo Quagliozzi nel corso di una conferenza stampa, «è ancora più tragico il fatto che non ci sia movente». Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori (con Quagliozzi indagano gli uomini del reparto operativo agli ordini del capitano Nazario Giuliani) la lite è scoppiata per qualche parola detta. I tre, ubriachi, hanno seguito l’imprenditore e l’amico con cui si trovava fuori dal bar e qui lo hanno colpito a morte. Inizialmente si era sparsa la voce che del gruppo facessero parte anche altri rom, ma gli investigatori smentiscono. Secondo la versione fornita dai militari i due nella notte tra martedì e mercoledì si sono presentati in caserma per raccontare di aver assistito ad una rissa, senza dire altro.
IL TESTIMONE FERITO. Fondamentale nella ricostruzione dei fatti la testimonianza di Graziano Guercioni, l’uomo che nella notte tra mercoledì e giovedì era con Fadani e che è stato colpito mentre cercava di difenderlo. «Ho preso un colpo alle spalle e sono caduto a terra», ha raccontato, «quando mi sono ripreso ho visto Emanuele sulla strada. Gli ho fatto la respirazione bocca a bocca e il massaggio cardiaco, ma ormai non respirava più». Emanuele Fadani quella notte doveva partire per Imola per un viaggio di lavoro. Era entrato nel bar, che si trova davanti alla casa del fratello, solo per prendere un caffè.
I PRECEDENTI. Nonostante la loro giovane età i tre accusati di aver ucciso l’imprenditore sono già conosciuti alle forze dell’ordine. Nel giugno dell’anno scorso Danilo Levakovic è stato arrestato con l’accusa di aver nascosto 42 chili di hascisc che avrebbero dovuto rifornire tutta la costa. 42 chili che avrebbero dovuto essere custoditi sotto terra, ad Alba, ben nascosti in un recipiente pieno d’acqua interrato e coperto da una botola. I carabinieri erano arrivati prima che la droga finisse sotto terra: i panetti di hascisc erano in una macchina parcheggiata in un’area recintata in cui si allevavano cavalli. L’operazione venne chiamata “Escalation”, quasi a voler sottolineare l’intenzione dei nomadi a voler conquistare fette sempre più grandi di mercato. Ma Danilo è coinvolto anche nella mega operazione dei carabinieri sui dollari falsi, l’indagine partita dalla Repubblica di San Marino e finita a Teramo con l’arresto di dieci persone. Operazione in cui è coinvolto anche il cugino Elvis, ricercato per l’omicidio di Fadani. Nel gennaio del 2008, inoltre, Elvis Levakovic è finito in carcere con l’accusa di aver scassinato gli apparecchi videopoker nei bar.