«Villa Pini, intervenga Napolitano»

Paolucci: lavoratori senza stipendio, troppe istituzioni fanno finta di nulla.

PESCARA. «Su Villa Pini a favore dei 1600 dipendenti che non prendono lo stipendio da otto mesi intervenga il presidente Napolitano». E’ l’iniziativa del Partito democratico abruzzese che ieri ha inviato un appello ai vertici dello Stato, al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ai presidenti del Senato Schifani e della Camera Fini, al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Una lettera al vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Mancino, al presidente della Commissione d’inchiesta del Senato, Ignazio Marino. Una offensiva istituzionale lanciata dal segretario regionale, Silvio Paolucci e dai consiglieri regionali: Camillo D’Alessandro, Franco Caramanico, Giovanni D’Amico, Giuseppe Di Luca, Giuseppe Di Pangrazio, Claudio Ruffini, Marinella Sclocco. «Vogliamo sbloccare la situazione, la Regione è immobile», annuncia Paolucci, «per questo abbiamo promosso questa iniziativa in favore delle centinaia di famiglie».

Per il Pd c’è una forte urgenza nel definire la vertenza, nel ridare salario e serenità ai lavoratori per evitare che una situazione così difficile che si protrae da messi possa innescare una ribellione sociale. «Vogliamo tentare di sbloccare la lunga vertenza dei dipendenti del gruppo, senza stipendio da otto mesi nell’immobilismo della giunta regionale», puntualizza Paolucci. Nel mirino del Partito democratico il Gruppo sanitario gestito dalla famiglia Angelini. «Il Gruppo Villa Pini», si legge nel documento, «è stato ed è tutt’ora interessato da vari contenziosi giudiziari con il sistema sanitario regionale nei quali si controverte sulla debenza o meno delle remunerazioni di prestazioni sanitarie e riabilitative per importi di enorme rilevanza; l’origine di tali contenziosi è da ricercare nel mancato rispetto delle regole che presiedono ai rapporti tra strutture private e servizio sanitario regionale e nei voluminosi rilievi formulati nell’abito delle attività ispettive delle Asl».

Inoltre, scrivono gli esponenti Pd, «la situazione gestionale e finanziaria del Gruppo è da tempo al collasso per effetto di diverse cause, tra cui la distrazione dalle casse delle società di ingenti somme, così come risulta dagli atti conclusi di indagini penali, e l’applicazione di regole e controlli rigorosi in virtù delle norme emanate negli anni 2007-2008 per far fronte al pesantissimo deficit della sanità regionale». Nella lettera si ricorda anche l’arrivo della Commissione d’inchiesta del Senato con il presidente Ignazio Marino che aveva constatato «gravi irregolarità gestionali e seri problemi igienico-sanitari e funzionali in alcune strutture riabilitative psichiatriche, poi fatte oggetto di ordinanze di chiusura da parte del Sindaco di Chieti, ordinanze non ancora eseguite».

In mezzo al guado, segnala il Pd, sono rimasti i lavoratori «costretti», prosegue il documento del Pd, «a garantire un servizio pubblico, quello sanitario ed assistenziale, senza poter percepire gli stipendi per periodi insopportabilmente lunghi e ciò nel mentre le Autorità preposte, in primis quella regionale, non adottano alcun provvedimento e il datore di lavoro continua indisturbato a gestire le sue aziende», il PD chiede un intervento deciso». Il Pd, nel documento ricorda anche una sua richiesta, «di commissariamento giudiziale dell’azienda sollecitata nel mese di luglio alla procura della Repubblica di Pescara, è stata presa in considerazione della procura».

Infine il segretario Paolucci e i consiglieri regionali del Pd chiedono che le istituzioni nazionali «adottino ogni iniziativa ed attività persuasiva sulle Autorità pubbliche della Regione Abruzzo per pervenire», si sottolinea nella lettera, «ad una soluzione definitiva della vicenda, che contempli il pagamento degli stipendi arretrati e correnti, la salvaguardia dei posti di lavoro e la cessazione di ogni attività illegale ed abusiva da parte del datore di lavoro e dei soggetti pubblici preposti ad affrontare e risolvere tale gravissima vicenda».