Export, Abruzzo in discesa. “Automotive, allarme rosso”
Il calo dell’automotive pesa: è l’effetto Stellantis. Settore farmaceutico e imprese radicate nel territorio aiutano, ma non bastano a risollevare la situazione. Poi l’incognita USA, con i dazi di Trump
L’AQUILA. Esportazioni in calo. Questo è il messaggio che proviene dall’Istat sui dati del terzo trimestre 2024. L’Abruzzo registra una flessione del 2,9% rispetto al corrispondente periodo del 2023 contro il -0,7% dell’Italia. L’andamento delle esportazioni non può essere trascurato nel valutare l’evoluzione economica regionale. In primo luogo, perché ad eccezione di alcuni anni legati a una congiuntura negativa, come nel caso della grande crisi finanziaria e della pandemia, l’export ha sempre rappresentato una voce fondamentale ai fini della crescita economica della Regione.
Non solo, in alcune fasi di bassa congiuntura la domanda estera ha compensato la caduta della domanda interna. In secondo luogo, perché misura la competitività delle imprese locali sui mercati internazionali e quindi esprime il ruolo preminente dell’industria abruzzese all’interno del tessuto produttivo. Infine, per il consistente surplus che riesce a realizzare nel saldo della bilancia commerciale (circa 4 miliardi).
Sono tre i settori fondamentali che influiscono questi dati: la lenta ma progressiva riduzione dei mezzi di trasporto (-16,8% e -28,4% nel confronto rispettivamente con il 2023 e il 2018), che abbassa fortemente l’incidenza di tale settore sul totale esportato, oggi pari al 32,2% mentre nel 2018 oscillava intorno al 51%; la funzione via via crescente acquisita dal settore farmaceutico, il cui valore ormai supera ampiamente il miliardo di euro (+23,9% rispetto al 2023 e addirittura il +445,5% rispetto al 2018); la buona performance di alcune produzioni locali legate alle imprese radicate nel territorio, come alimentari e bevande (+10,5%) e tessile, abbigliamento e pelle (+13,7%) che spostano sia pure di poco e per valori piuttosto modesti il quadro complessivo a favore delle Pmi.
La decrescita dell’automotive abruzzese non è un fenomeno regionale, ma si inserisce nel quadro più ampio del calo dell’industria italiana ed europea. In Abruzzo, però, la caduta sembra essere più marcata, in quanto i mezzi di trasporto diminuiscono in Italia del 9,2% ma aumentano del 16% rispetto al 2018.
Una situazione che probabilmente condurrà ad un abbassamento del Pil regionale per il 2024, dopo la performance del 2023, il cui tasso di crescita stimato tra l’1,4% (Svimez) e l’1,7% (Confcommercio) collocava l’Abruzzo ai primi posti tra le regioni italiane. Del resto, le previsioni dell’Economic Outlook e dell’Istat danno all’Italia per il 2024 una crescita dello 0,5%, un tasso più o meno analogo a quello dei paesi dell’Eurozona e che si può ritenere verosimile anche per l’Abruzzo grazie a una struttura produttiva che trova nella manifattura un importante punto di riferimento.
La stessa crisi della Germania produce effetti negativi sul fatturato delle aziende abruzzesi, sulla filiera della componentistica e quindi sulle esportazioni. In effetti, la Germania è il principale mercato di sbocco delle imprese localizzate nella Regione, con un export nel 2023 di oltre 2 miliardi di euro (il 20,3% del totale). Si pensi che nel III trimestre del 2024 la percentuale è già scesa al 16,6%.
Il percorso di crescita economica dell’Abruzzo non potrà prescindere dall’automotive (e quindi da Stellantis) e dalla sua vocazione industriale. Servizi e turismo possono dare il loro contributo ma non possono sostituire la funzione strategica svolta dalla manifattura. Ecco perché bisogna sapere cosa ha in mente Stellantis e se ha intenzione di cambiare le scelte gestionali sinora seguite. Scelte che rischiano di colpire imprese e lavoratori attraverso delocalizzazioni in Polonia, Serbia e Marocco, forti cali produttivi e Cassa integrazione, come nel caso del sito di Atessa. Una gestione che distribuisce ottimi dividendi ma pessima nella promozione degli investimenti, con azionisti che hanno accresciuto il loro patrimonio e non la competitività del Gruppo. Ciò è avvenuto pur in presenza di una consistente diminuzione della produzione, di perdita di occupati e di ingenti incentivi ottenuti dallo Stato.
INCOGNITA USA. La seconda preoccupazione che appare all’orizzonte riguarda la politica protezionistica che intende adottare il presidente americano Trump con l’introduzione di dazi del 10/20% sulle importazioni dall’Europa. Una simile decisione può coinvolgere l’Abruzzo e le sue esportazioni verso gli Usa che a fine 2023 ammontavano a 1,5 miliardi di euro, il 98% in più rispetto al 2017 e con un saldo positivo tra import ed export dell’80%.
DISARMATI. Su temi così rilevanti e di spessore internazionale la Regione non ha strumenti diretti per intervenire, spetta all’Italia e soprattutto all’Europa trovare soluzioni sia per il futuro dell’auto che per trattare con Trump. È in atto un processo di deindustrializzazione nei confronti del quale bisogna agire con forti investimenti, soprattutto da parte dell’Europa e con un debito comune che non gravi sui singoli Stati. C’è molta incertezza verso il futuro. L’Abruzzo ha dimostrato di rispondere efficacemente alle crisi che si sono susseguite. Non si può perdere ricchezza. Significherebbe far prevalere la paura sulla speranza.