Il libro sulle Piante mangerecce in regalo con il Centro
Come riconoscere e usare in cucina queste erbe in un volume di 64 pagine gratis con il quotidiano
“Piante spontanee mangerecce” è la nuova iniziativa editoriale che il Centro propone in collaborazione con la società editrice Menabò di Gaetano Basti. Oggi (giovedì 7 giugno) in allegato gratuito al giornale, viene distribuito un libro di 64 pagine che costituisce un capitolo del più ampio volume di Menabò “Piante sponsanee mangerecce e aromatiche” scritto da Nino Tieri.
«Le erbe spontanee», scrive Tieri nell’introduzione al libro, «rivestono ancora notevole importanza», basti considerare, soprattutto, «le campagne del nostro Centro e del nostro Sud o delle nostre isole, specie se legate ai sistemi collinari e montuosi, per convincersene. Anche senza allontanarci troppo dal nostro territorio, in città come Pescara e Chieti, L’Aquila e Teramo, anziane donne (ormai purtroppo assai attempate) vengono ancora dalla campagna portando sì verdure coltivate (ma che almeno hanno sapore di verdura, commoventi nel loro disordine merceologico, del massimo interesse dal punto di vista della conservazione del germoplasma, “fuori moda” come sono) ma anche verdure autenticamente spontanee come ad esempio i rapaccioli, cascigni, pimpinelle, cicoriette e borragine».
«Autentiche “misticanze”», continua Tieri, «da insalata, che saprebbero mettere in difficoltà anche il più competente dei botanici nel riconoscere quei magnifici mazzetti di asparagi, di cime di luppolo, di cicoriette ed altre “misticanze da padella”». Immagini antiche, ma oggi, la gente, stufa di verdure sempre più “gonfiate” e “spinte geneticamente”, dice Tieri, «è ritornata alla moda delle piante spontanee», che «a ben vedere, non è solo moda ma un autentico ritorno ad antiche forme di cultura. È una necessità psicologica per persone che la riduzione della fatica del lavoro fisico (o del peso del lavoro intellettuale) ha fatto ammalare di noia».
Ecco allora quanto sia importante recuperare queste abitudini ma anche i saperi collegati loro. La guida descrive con attenzione e chiarezza piante come l’aglio campestre, la bietola selvatica, l’Orapi (detto Buon Enrico in onore di Enriuco IV di Navarra che ne indicò l’uso alimentare), il cascigno, la cicoria matta, l’equiseto e così via. A conclusione del libro una selezione del ricco ricettario pubblicato nel volume Menabò.
Un accenno alle modalità di raccolta. Tieri raccomanda di scegliere «piante vigorose e sane, prive di polvere. Le foglie devono essere integre», dunque vanno scartate le foglie gialle, raggrinzite o bucherellate. Bisogna poi raccoglierle lontano dalle strade trafficate, dai centri abitati e dai siti industriali. Evitate anche la vicinanza ai campi coltivati perché potrebbero essere contaminati da pesticidi.
Per portare poi il raccolto a casa è bene usare sacchetti di carta o tela, niente plastica. Infine un breve inciso per testimoniare la valenza culturale di certe piante. Abbiamo detto di una notissima pianta spontanea mangereccia, celebre nel nostro entroterra montano con il nome di “Orapi” (Chenopodium bonus-henricus) e volgarmente conosciuta come “Buon Enrico”, ebbene, racconta Tieri, «si dice che la stessa sia chiamata così, perché il buon Re Enrico, impietosito dalla fame che attanagliava i suoi sudditi, facesse aprire loro le porte del suo parco affinché essi potessero raccogliere questi spinaci spontanei onde potersi sfamare. Bellissima fiaba», commenta l’autore, «ma sicuramente inattendibile, giacché non è pensabile che un parco reale fosse mantenuto alla stregua del nostro verde pubblico e, poi, il Buon Enrico è specie “nitrofila” e quindi tipica degli stazzi e dei luoghi intensamente pascolati e, come tali, anche intensamente concimati. In ogni modo, come fiaba, è assai affascinante».
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