In volo con il vento nelle ali (degli aerei)
I venti forti che, nei giorni scorsi, hanno soffiato dall’Atlantico non hanno solo fatto volare vasi e stendibiancheria sui balconi di casa ma anche sospinto oltre ogni limite gli aerei. Il volo New York-Londra della British Airways ha registrato, per esempio, un nuovo record di percorrenza, atterrando con quasi due ore di anticipo rispetto alla media: 4 ore e 56 minuti contro le classiche 6 ore e 45 minuti. Più o meno il tempo che si impiega in auto dall’Abruzzo a Milano. Il confronto con il passato è spietato. Vengono in mente i 10-12 giorni che, all’inizio del Novecento, gli emigranti trascorrevano sui piroscafi prima di giungere nella baia di New York. Ancora negli anni ’60 i giorni erano otto. La compressione del tempo modifica l’esperienza del viaggio verso un remoto altrove. In passato il transito dal vecchio al nuovo mondo consentiva di ruminare il senso di una distanza mentale oltre che fisica. Il viaggio era una rito di iniziazione che separava il prima dal dopo nella vita di una persona. Amori nascevano e morivano tra sale bingo, cabine e ponti dei vecchi transatlantici. Oggi, invece, la velocità di quelle 4 ore e 56 minuti inghiotte ogni possibilità di meditare su ciò che si lascia e ciò che ci attende. La meta è quasi indistinguibile dal luogo di partenza. L’ignoto è volato via come una foglia soffiata da una folata improvvisa di vento.
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