La scalata per amore di Jihad Al-Suwaiti

23 Luglio 2020

Jihad Al-Suwaiti a poco più di trent’anni ha deciso di arrampicarsi lungo la parete di un ospedale a Hebron in Cisgiordania, fino a raggiungere la finestra della stanza dove la madre di 73 anni, affetta da leucemia e colpita dal Covid, era ricoverata in terapia intensiva. Lo ha fatto per stare il più possibile vicino a lei senza violare le cautele imposte dal coronavirus, rannicchiato sul davanzale di una finestra. Lo ha fatto per una settimana, ogni notte, vegliandola con lo sguardo. Fino a giovedì scorso, quando la donna è morta. «Ero con lei anche nei suoi ultimi istanti di vita, poco prima di vederla morire avevo capito che non c'era più alcuna speranza», ha raccontato Jihad Al-Suwaiti. La ripetuta scalata per amore del giovane di Hebron ricorda un’altra ascesa, fisica e mistica insieme, quella che lo scrittore francese René Daumal racconta nel libro “Il Monte Analogo”. Un gruppo di alpinisti parte da Parigi per trovare e scalare la vetta più alta del mondo e approda nell'isola del Monte Analogo, il monte simbolico che unisce cielo e terra. La morte di Daumal ci impedisce di sapere se quell’ascesa si sarebbe poi compiuta. Il corpo di Jihad Al-Suwaiti raggomitolato lassù, diviso solo dal vetro dall’oggetto del suo amore, è invece una prova che è possibile farcela, raggiungere quella vetta e unire, fosse anche per un istante, cielo e terra.
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