Quel super-social chiamato Sanremo
Nessuno ci costringe a guardare il Festival di Sanremo ma, se da stasera fino a sabato ci metteremo davanti al televisore ad ascoltare canzoni, comici e tribuni, un motivo ci sarà pure. Delle canzoni, ormai, ci interessa poco o niente. Dopo una settimana, non ricordiamo neppure il nome del cantante vincitore. I dischi esistono ancora ma nessuno è disposto più a pagare per ascoltare un pezzo di musica che si può scaricare gratis da Internet. E allora: perché da stasera le case degli italiani si trasformeranno in piccole arene in cui commentare vestiti e acconciature, papere e cadute di stile? Forse perché Sanremo offre agli italiani qualcosa che non esiste più: uno spazio comune che ci dia la possibilità di parlare di qualcosa che tutti (o quasi tutti) hanno visto e ascoltato nello stesso momento. È il ritorno (o la scoperta per chi non c’era) della vecchia televisione con due soli canali, quella che scandiva i nostri giorni con appuntamenti fissi: dal lunedì con il film alla domenica con lo sceneggiato. Sanremo è il ritorno di una koiné, di un linguaggio condiviso con cui comunicare fra di noi informazioni, opinioni ed emozioni immediatamente comprensibili. Il Festival della canzone italiana è una sorta di super-social con radici antiche per le quali continuiamo a nutrire un rimpianto sempre più giustificato, ogni giorno che passa.
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