Today

2 marzo

2 Marzo 2025

Oggi, ma nel 1987, a Torino, cinque esponenti della ‘ndrangheta calabrese, celati dietro la sigla “Aquila bianca” rapivano Marco Fiora, di 7 anni, figlio del commerciante Gianfranco, durante il tragitto da casa a scuola a bordo del Fiorino Fiat, mentre era accompagnato dai genitori. La richiesta del riscatto sarà di 10 miliardi di lire, una cifra esorbitante per le finanze della famiglia che non versava in condizioni economiche così agiate, che poi scenderà a 3 miliardi. Per 112 giorni non si avranno notizie del piccolo tenuto in ostaggio.

Verrà rilasciato dopo 17 mesi, il 2 agosto 1988, in seguito alla consegna di 281 milioni che sarebbero dovuti servire come acconto, da parte dello stesso Gianfranco Fiora, che contestualmente verrà anche pestato a sangue, nelle campagne tra San Luca e Platì, in Aspromonte, e dopo l’arresto di Agazio Garzaniti, personaggio dai contorni non chiari, che aveva anche lavorato con Gianfranco Fiora e che verosimilmente sarebbe stato il basista della “Setta del rosario”, un gruppo di invasati religiosi che operava proprio nella zona della Calabria in questione.

Quello di Marco Fiora (nella foto, particolare, insieme alla madre subito dopo il rientro nel capoluogo piemontese, nel raro scatto a corredo del pezzo di Nicolò Di Federico intitolato “Lo strano e misterioso sequestro di Marco Fiora”, tratto da "Storia 900", del 25 marzo 2022) sarà uno dei sequestri più lunghi della storia criminale del Belpaese - il triste record sarà di Carlo Celadon, per 831 giorni, dal 25 gennaio 1988 al 31 ottobre 1990, con 7 miliardi versati ai malviventi - e senza dubbio il suo caso sconvolgerà l’opinione pubblica dello Stivale.

Verosimilmente entreranno in gioco anche i servizi segreti, per cercare di riportare il piccolo Marco nella città sabauda, ma come andranno veramente le trattative rimarrà vicenda misteriosa. E, tra l’altro, non verrà mai appurato se l’operazione sia stata dettata solo dal movente economico o se vi fosse dietro anche una vendetta nei confronti di Gianfranco Fiora che non versava in una condizione finanziaria così florida come ritenuto dai suoi conoscenti. Oltretutto lo stato di detenzione, legato ad una catena corta, e le sevizie perpetrate dagli aguzzini quotidianamente ai danni di Marco Fiora mineranno il bambino sia nel fisico che nella mente.

Inoltre era stato erroneamente convinto dai carcerieri del fatto che i suoi genitori non fossero propensi a sborsare alcun soldo per riaverlo tra le loro braccia. Tra l’altro quando analoga sorte toccherà a Farouk Kassam, di 7 anni, il 15 gennaio 1992, a Porto Cervo, in Sardegna, Marco Fiora, che avrà 12 anni, commuoverà manifestando, sulle colonne del quotidiano “La Repubblica”, del 19 giugno 1992 - nel pezzo a firma di Meo Ponte intitolato “So cosa si prova, paura, paura e ancora paura” - l’intenzione di intervenire personalmente, persino elargendo ai delinquenti i suoi risparmi, messi insieme con le piccole donazioni ricevute dopo il rientro sotto la Mole.