CARTA MONDO
Il selvaggio di Pascarella
Ancora a proposito di ius soli e di emergenza migranti. Lo storico Adriano Prosperi ricorda in “Identità” un poeta dialettale romano della fine dell’Ottocento, Cesare Pascarella, che nei versi di “Alla Scoperta dell’America” racconta il primo incontro di Colombo con un indigeno. Pascarella descrive la scena così: si presentò “un uomo buffo, mezzo ignudo, co ‘na cresta / tutta formata da penne d’uccello”. Colombo e i suoi gli si avvicinano: “Ah quell’uomo/! Je fecero – chi siete? “Eh – fece – chi ho da esse’? So’ un servaggio”. Se ridiamo alla battuta di Pascarella, dice Prosperi, è perché subiamo “il ritorno del represso”, cioè l’attribuzione ad interi popoli di una identità che non è la loro. Pascarella scriveva mentre l’Italia si preparava a entrare nel club delle potenze coloniali. Per Prosperi il poeta riesce a dire con una battuta quello che Edward Said ci ha insegnato in raffinati saggi sull’orientalismo: come, cioè, le nostre culture si siano “nutrite di identità "altre" nate da rapporti e progetti di dominio”. Questo è il rumore di fondo che disturba qualsiasi dibattito sullo ius soli e sull’emigrazione. E dal quale devono guardarsi sia gli entusiasti multiculturalisti che il variegato mondo dei sovranisti.