CARTA MONDO
La politica alle prese con la tecno-economia
A ogni passaggio, piccolo o grande, della vita politica, è prassi ormai gettare un’occhiata alla chiusura delle borse, oppure interrogarsi sull’andamento dello spread o vaticinare sulle pagelle delle agenzie di rating. Tramontate le ideologie, riposti nelle penombre nelle biblioteche i pensatori che le hanno nutrite, la politica parla sempre più il linguaggio dell’economia e ne è influenzata. “I poteri pubblici nell’era del disincanto” (edizioni Luiss, 20 euro), il libro di Giovanni Legnini (consigliere regionale, già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura), e Daniele Piccioni (docente di diritto pubblico avanzato all’Università Unitelma di Roma) indaga questo passaggio cruciale della vita pubblica e civile e i suoi effetti. Difficile dire quando questo passaggio sia avvenuto. Il giurista Natalino Irti, nella prefazione al volume, individua i primi segni nel tramonto del “mondo di ieri”, quando l’Europa si gettò nella tragedia della Prima guerra mondiale, un conflitto in cui la tecnica e l’economia hanno svolto un ruolo decisivo. Da quel momento nello Stato moderno, la diade legislazione-giurisdizione, spiega Irti, ossia il fare leggi e l’applicarle, inizia a trasformarsi in legislazione, giurisdizione, regolamentazione. Dove per regolamentazione si intende quel corpo di regole e disposizioni che lo Stato si dà per governare la tecno-economia. Che oggi identifichiamo nei mercati finanziari, nei colossi di Internet, nei processi di globalizzazione. In questo contesto, sono molte le domande che attraversano il libro di Legnini e Piccioni: la politica è ancora utile al tempo della tecno-economia? Le politiche pubbliche riescono ancora a incidere? Lo Stato ha la forza di provvedere alla regolamentazione dei rapporti economici? Possiamo ancora parlare di legittimazione delle istituzioni rappresentative, e del ruolo sociale della magistratura? Quest’ultima colpita, per restare all’attualità, dalle «dolorose vicende che hanno riguardato la magistratura ordinaria e il Consiglio superiore della magistratura nell’estate del 2019, e le forti spinte delegittimanti che hanno investito Consob e Banca d’Italia». Da sottolineare che gli autori, per indicare quanto siano volubili la fiducia e la legittimazione verso le giurisdizioni, utilizzano un termine del linguaggio finanziario “volatilità”, a dimostrazione di quanto politica ed economia siano ormai indissolubilmente intrecciati. Una rivincita del vecchio Marx?