Atessa, le suore dicono addio all’ospedale
Dopo 80 anni le religiose lasciano il San Camillo: è un altro segnale della riconversione del presidio
ATESSA. Dopo ottant’anni le suore camilliane lasciano l’ospedale di Atessa: oggi è in programma un saluto nel presidio sanitario, domenica sarà tutta la comunità atessana, nella chiesa di San Leucio, a stringersi attorno a suor Margherita (superiora), suor Francesca e suor Irene. È l’ennesimo colpo che si abbatte sul San Camillo di Atessa. Nel loro stile, le suore non commentano, ma sui loro volti non è nascosta l’emozione. «Abbiamo cercato di intercedere con la loro casa generale ma non c’è stato nulla da fare», afferma il sindaco Nicola Cicchitti, «Domani (oggi per chi legge, ndc) daremo loro un attestato di ringraziamento per l’opera prestata ad Atessa».
A dare dei cenni storici è la professoressa Adele Cicchitti. Il 26 febbraio 1934 le Camilliane fanno il loro ingresso nell’ospedale di Atessa e durante il Secondo conflitto mondiale il nosocomio, sede di un presidio della Croce Rossa, si distingue per la qualità del servizio sanitario e per il ruolo asvolto dalle suore. Nel 1968 sono costituiti gli Enti ospedalieri, le suore camilliane attivano ad Atessa i corsi per infermieri generici. I corsi durano dal 1968 al 1979 e preparano in modo ottimale gran parte del personale in servizio presso l’ospedale. Nel 1981, sotto la direzione delle suore, viene istituita la Scuola infermieri professionali, di durata triennale. «Non potrò mai dimenticare come ben 36 anni fa le suore mi hanno accolto e saputo trasmettere l’amore per questo lavoro», dice Marco Cicchitti, infermiere del San Camillo.
Sono alcuni anni che l’ospedale non gode buona salute. Il malato, per rimanere in tema, è grave e gli ultimi bollettini medici (leggi relazione del ministero) sono più che preoccupanti: il governo oggi parla di almeno un bacino di 80mila persone per avere un piccolo ospedale, Atessa ne ha solo 15mila; il rapporto tra posti letto e personale è molto squilibrato; altro dato critico è che il presidio ha tassi di occupazione definiti “inefficienti”, e ricoveri medici con degenza media superiore ai livelli di riferimento; gli interventi svolti, per la maggior parte, non possono essere considerati «significativamente rilevanti». Sono dati e considerazioni che la Regione non potrà sottovalutare e si attende con trepidazione quali saranno le decisioni da prendere. Con queste premesse, l’allontanamento delle camilliane non è il primo dei problemi ma è un indicatore espressivo di quale potrebbe essere il futuro dell’ospedale.
Matteo Del Nobile
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