Francavilla al Mare

Corruzione e rifiuti interrati al cimitero di Francavilla: in nove rischiano di finire sotto processo

22 Marzo 2025

Chiusa l’inchiesta della Procura. Le accuse del pm: «Il funzionario Maurizio Basile e il figlio Matteo hanno ricevuto denaro e benefit per oltre 129mila euro». A Febo, presidente del consiglio comunale di Chieti, contestata una norma ambientale nell’ambito del suo lavoro di architetto

CHIETI. Tangenti dalle multiformi sembianze: contanti, un posto di lavoro con tanto di affitto pagato di un appartamento a Barcellona, incarichi professionali. In totale, tra denaro e benefit, 129.285 euro. A riceverli, secondo la procura della Repubblica di Chieti, sono stati il funzionario del Comune di Francavilla al Mare, il teatino Maurizio Basile, in qualità di responsabile dell’attuazione dei lavori di ampliamento del cimitero, e il figlio Matteo. Il dipendente pubblico, in base alle contestazioni, si sarebbe fatto corrompere accettando soldi e «altre utilità» dall’imprenditore molisano Franco Antonio De Francesco, amministratore della società che si stava occupando dell’intervento, dal collaboratore Marcello Gianferotti e dalla moglie del primo Lesya Tsiluyko, per «compiere atti contrari ai doveri d’ufficio», consentendo così di interrare rifiuti.

È questa la contestazione più grave contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari firmato dal pubblico ministero Giancarlo Ciani: nove persone e tre società rischiano ora di finire sotto processo. L’indagato eccellente è Luigi Febo, presidente del consiglio comunale di Chieti, coinvolto non nella veste di politico ma per la sua attività professionale di architetto e, nel caso specifico, di direttore dei lavori per l’ampliamento. A lui è contestata la violazione di una norma ambientale: insieme a Maurizio Basile e al coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione Massimiliano Nerone, con «azioni od omissioni», non avrebbero impedito che la De Francesco costruzioni realizzasse all’interno del cimitero di Francavilla una discarica non autorizzata di rifiuti, anche pericolosi, «stimata in 15.300 metri cubi».

Gli altri indagati sono Alessandro De Francesco, il fratello di Franco Antonio, e l’operaio della ditta Carlo Sbaraglia, che avrebbe eseguito materialmente gli scavi e gli interramenti per mezzo di macchinari edili. Questi ultimi due, insieme a Franco Antonio, devono rispondere anche di soppressione di cadavere per aver rimosso due «corpi dai rispettivi sepolcri», interrandone «i brandelli».

Tutti e tre, con il funzionario Basile, sono accusati pure di frode nelle pubbliche forniture, «per aver riempito e realizzato il nuovo piano dell’opera e la massicciata stradale funzionale al suo raggiungimento conseguendo e utilizzando materiali in tutto difformi per origine, provenienza e qualità, rispetto alle caratteristiche convenute in sede contrattuale e nei progetti tecnici». Gli indagati, che hanno sempre respinto le accuse, hanno venti giorni di tempo per presentare memorie, produrre documenti o chiedere di essere interrogati. Poi la procura deciderà se sollecitare il rinvio a giudizio o chiedere l’archiviazione.

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