CHIETI
La vittima: «Nella casa del preside mi sentivo in gabbia, avevo paura»
Lo studente che avrebbe avuto rapporti con Marcello Rosato racconta il suo incubo ai poliziotti: «Non mi sono opposto perché lo temevo». Dalla Thailandia l’indagato riportò un regalo all’alunno
CHIETI. «Mi ha fatto ribrezzo, ero ingabbiato in quella casa senza poter uscire». Comincia così il racconto dello studente che, all’età di 17 anni, avrebbe avuto rapporti sessuali con il preside Marcello Rosato, 48 anni, all’epoca dei fatti in servizio in una scuola di Ortona e, da venerdì pomeriggio, agli arresti domiciliari. Gli episodi, in base all’accusa, sono avvenuti tra settembre del 2017 e aprile del 2018 nell’ufficio di presidenza e nell’appartamento del docente a San Vito Chietino.
Atti sessuali che l’indagato avrebbe compiuto con l’alunno «abusando dei poteri connessi alla propria funzione di dirigente scolastico». Ma l’arrestato, difeso dall’avvocato Alessandro Troilo, respinge con decisione tutte le contestazioni. L’ordinanza firmata dal giudice Andrea Di Berardino, su richiesta del sostituto procuratore Marika Ponziani, ricostruisce come è partita l’inchiesta della squadra mobile di Chieti, coordinata dal vice questore aggiunto Miriam D’Anastasio.
LE CONFIDENZE La vittima, diventata maggiorenne, si confida con una professoressa: le scrive in preda ad attacchi di panico «dovuti alle pressanti richieste di Rosato di recarsi nel suo ufficio e di accompagnarlo in estemporanee sortite fuori dall’istituto scolastico, addirittura in uno dei suoi appartamenti, per avere con lui un rapporto sessuale». È la docente a rivolgersi alla psicologa della scuola che, a sua volta, interessa la procura. «È stata lei a dare l’avvio all’indagine», spiega il giudice, «con una segnalazione che nascondeva un certo qual imbarazzo nel portare alla luce con pericoloso ritardo un fatto già ampiamente percepito dai docenti dell’istituto sin dal 2017». Gli stessi insegnanti che, come annota la psicologa, avevano invitato il preside «ad astenersi da certi comportamenti apertamente inopportuni nei confronti di alcuni ragazzi, come, ad esempio, un bacio dato sul collo di uno di loro, apprezzamenti sull’aspetto fisico di altri durante l’ora di nuoto, inviti a fare le prove delle uniformi in presidenza».
IL RACCONTO Così, dopo un iniziale tentennamento, la vittima trova il coraggio di raccontare tutto ai poliziotti della seconda sezione, diretti dall’ispettore superiore Nicola Di Nicola. Nel giovane scatta qualcosa – «forse un moto altruistico teso a evitare che altri ragazzi subissero lo stesso trattamento» – quando la docente gli dice che una sua collega aveva visto Rosato al cinema con un alunno. Stando a quanto riferito dalla vittima, dopo un primo contatto su una chat di incontri, Grindr, il preside inizia a contattarlo su Facebook. Gli invia delle foto scolastiche scattate insieme e gli riporta un regalo acquistato durante un viaggio fatto in Thailandia, una macchinina con dentro alcune banconote thailandesi.
SESSO A SCUOLA Gli atti sessuali – sempre in base alle contestazioni dell’accusa – si susseguono in presidenza, dove il preside lo convoca con una scusa, chiude la porta e aziona una luce rossa esterna. «Non mi sono mai opposto perché avevo paura di come lui potesse reagire», spiega il ragazzo, «lo temevo perché era il preside e, sinceramente, non trovavo la forza per oppormi. Soltanto all’inizio del quarto anno ho fatto delle confidenze a una professoressa, ma senza andare nello specifico». Per il giudice, in questo scenario, emerge «una figura, quella del preside, che incarna l’autorità e la disciplina agli occhi di uno studente, a cui può naturalmente apparire impensabile opporre a essa un rifiuto, per timore di ripercussioni negative sul suo percorso formativo e scolastico. Il luogo scelto dall’indagato per consumare la maggior parte degli incontri sessuali con la vittima, ossia l’ufficio di presidenza in orario scolastico, è anche simbolicamente assai significativo e consolida l’assunto dell’abuso del ruolo, oltre a rafforzare l’idea della folle disinibizione di Rosato».
«È ATTENDIBILE» «Dopo aver lasciato la scuola superiore», conclude il ragazzo, «ho cominciato a realizzare l’idea di parlare con qualcuno per quello che mi era accaduto. In ogni caso non intendo procedere penalmente». Ma l’inchiesta è partita perché si tratta di un reato per il quale è obbligatorio indagare d’ufficio. Il giudice considera la vittima attendibile anche alla luce della «totale assenza di interessi patrimoniali, processuali o magari di tipo vendicativo, avendo il giovane escluso di voler denunciare Rosato».
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