L’ex la sfigurò con l’acido, oggi è al secondo libro: “Rinasco dal dolore ma ho ancora fiducia»
Lucia Annibali oggi a Ortona per presentare il suo libro: “Dalle storie di violenza bisogna imparare a vivere” E il racconto: “Ho aperto la porta e dentro c’era questo soggetto vestito di nero, incappucciato Teneva in mano un barattolo con dentro dell'acido e me lo ha lanciato in faccia”
Dal buio alla rinascita, come un'Araba Fenice. Dagli abissi del dolore al volto nuovo della speranza. Tratti differenti, plasmati dalle abili mani dei chirurghi che, in 26 lunghi interventi, hanno ricostruito lembi di pelle e di anima. Ricucito le ferite, riannodato i fili della trama della vita. Lucia Annibali, aggredita con l’acido il 16 aprile del 2013 su mandato del suo ex, Luca Varani, oggi è una donna diversa. Dentro e fuori. Solo il sorriso è lo stesso, dolce e puro. Sa di dolore e di futuro.
Di quel domani corroso a morsi, liquefatto da un acido così potente da disciogliere il metallo. Il dopo è un affastellarsi di ricordi e battaglie per riconquistare se stessa. E un posto nel mondo. Lucia Annibali ha 48 anni, al tempo ne aveva 36 ed era una avvocato. Ha cambiato lavoro e obiettivi, si dedica a progetti sociali e alla politica. Racconta di sé e della violenza, terribile e maligna, che trasforma vite e trasfigura visi, indurisce cuori e distrugge sentimenti.
Il suo ultimo libro "Il futuro mi aspetta" (editore Feltrinelli), scritto con Daniela Palumbo, sarà presentato oggi, alle ore 18, in via Gabriele D'Annunzio, a Ortona. Un tuffo doloroso nei ricordi, in quel "non amore" che le ha cambiato l'esistenza.
Lucia, lei è al suo secondo libro. Mettere su carta il suo dolore è un po' come anestetizzarlo?
Il mio primo libro è uscito nel 2013. A distanza di diversi anni ho deciso di scriverne un altro, dove riparto dalla mia storia, da ciò che è accaduto. Ma è un racconto diverso, di undici anni di riflessioni più approfondite, di incontri con i ragazzi, nelle scuole, in carcere con ex detenuti. E, poi, c'è il lavoro politico e istituzionale, svolto con passione e dedizione.
Riavvolgiamo il nastro. Com'è iniziata questa storia?
Si parte dal pianerottolo di casa, il luogo dove è avvenuta l'aggressione. È un racconto dei fatti, ma anche un libro pensato per i ragazzi, in cui cerco di spiegare quanto male possa celarsi dietro la violenza. Al tempo dell'aggressione abitavo a Pesaro: stavo rincasando alla fine della giornata con in una mano il sacchetto con la cena e nell’altra la borsa e il borsone della palestra. Ho aperto la porta e dentro c'era questo soggetto vestito di nero, incappucciato. Teneva in mano un barattolo con dentro dell'acido e me lo ha lanciato in faccia.
Si è resa subito conto di ciò che stava accadendo?
Subito. Ricordo la mia faccia che friggeva, rantolavo. Ho fatto appena in tempo a specchiarmi un istante, prima che gli occhi non vedessero più niente. Ero grigia, c’erano bollicine che si muovevano sulle mie guance. Urlavo, gridavo tantissimo. Ricordo di aver tolto il giacchino di pelle per non rovinarlo, come se fosse importante.
E sono arrivati i vicini
Hanno sentito le grida di aiuto e mi hanno soccorso. L'ambulanza, vista la gravità della situazione, mi ha trasportata direttamente al Centro grandi ustionati da Parma.
Cosa ricorda di quei momenti?
I primi giorni sono stati tremendi. All'inizio avevo perso completamente la vista, che ho recuperato solo dopo un mese e mezzo. Il più lungo e sofferto, forse. Faticoso, doloroso, ma che è servito a gettare le basi per risalire la china.
Quanti interventi ha subito finora?
Venticinque. Anzi, ventisei considerando quello di qualche mese fa. È un percorso che continua, bisogna vedere come evolvono le cicatrici. È una guarigione a cui non si arriva mai, c'è sempre un nuovo passo da fare: ricostruire il volto, recuperare la mobilità della mano destra, riabilitare i muscoli facciali.
All’epoca lei aveva 36 anni, faceva l'avvocato ed era nel fiore degli anni, con una vita piena. Com'è finita nel tunnel della vendetta?
È una storia che non amo raccontare. Eravamo entrambi avvocati, io di Urbino, lui di Pesaro. Ci siamo incrociati nelle aule di tribunale nel 2004 e ci siamo rivisti nel 2009.
Ha capito subito che c'era qualcosa che non andava in quell'uomo?
In realtà è stato sempre un rapporto poco equilibrato. Questa persona aveva un'altra donna. All'inizio non ne ero a conoscenza, poi sì. Quando sono scattate una serie di dinamiche tipiche di un rapporto di violenza, ho compreso che dovevo scappare, allontanarmi. Avevo capito che c'era qualcosa che non andava in questo atteggiamento ossessivo: c'è voluto un po' di tempo a scegliere di liberarmi di questa persona.
Ma non c'è riuscita.
Provavo a tagliare i ponti con lui, ma era come lottare contro i mulini a vento. Mi seguiva, mi aspettava sotto casa, voleva entrare, era insistente e costantemente presente. Un incubo.
Si è resa conto che poteva essere in pericolo?
Sì. C'è stato un preciso momento in cui mi sono sentita fragile, scoperta. Qualche giorno prima dell'aggressione sono tornata a casa e ho trovato un buco sulla portafinestra. Ho avuto timore che qualcuno fosse entrato di nascosto.
E non ha sporto denuncia?
Alla fine mi ero decisa, ma non ho fatto in tempo. L'acido sul volto è arrivato prima delle forze dell'ordine.
Entrambi avvocati, con un futuro brillante davanti. Questo dimostra quanto la violenza possa essere trasversale?
Può riguardare tutti perché rientra nella sfera affettiva e dei rapporti. Non importa quanto si può essere elevati sul piano economico e sociale. La violenza contro le donne non ha colore, né razza, non ha età, né estrazione sociale.
Torniamo agli ultimi giorni prima dell'aggressione.
La relazione era finita da qualche mese, ma lui continuava a cercarmi. Non la smetteva, era ossessivo. Fino al tragico epilogo.
Il suo ex, Luca Varani è stato condannato alla pena di 20 anni, i due esecutori dell'agguato, Rubin Ago Talaban e Altistin Precetaj, a 12 anni. Varani le ha mai chiesto scusa?
Il 22 maggio 2014 ha tentato il suicidio nel carcere di Castrogno (Teramo), impiccandosi con un lenzuolo alle sbarre della finestra della sua cella. Ma è stato all'inizio. Non mi ha mai chiesto scusa, mai un accenno di pentimento.
Voleva annientarla psicologicamente e fisicamente?
Probabilmente sì. Forse cercava vendetta, ma bisognerebbe chiederlo a lui...
Lei ha sempre mostrato orgogliosamente il suo volto. Quando si guarda allo specchio oggi cosa vede?
Vedo la Lucia di oggi, del momento, con le mie difficoltà, la fatica di avere un volto ustionato, ma cerco di affrontare al meglio ogni giornata. Di fare progetti. Vedo una Lucia forte, che ha saputo reagire a tutto questo. È la spinta che ti aiuta ad affrontare la vita a fare cose importanti. Poi ci sono i momenti di fragilità, in cui ho bisogno di stare un po' da sola e riflettere.
Quanto è cambiata la tua esistenza?
Completamente. Ho cambiato città, sono più di 8 anni che vivo a Roma, ho svolto ruoli istituzionali con Maria Elena Boschi, sono stata in politica, ho una vita sociale molto intensa, piena di cose nuove e sfide nuove. Non faccio più l'avvocato: sono difensore civico della Regione Toscana.
L'impegno sociale è fortissimo.
C'è sempre stato. Adesso giro molto, vado nelle scuole ad incontrare i ragazzi e in carcere. È un progetto avviato dieci anni fa con "Ristretti orizzonti", la redazione che esiste nel carcere di Padova e che si occupa di rieducazione dei detenuti. È un modo per riflettere, credo molto nella rieducazione.
Agli studenti e ai detenuti quale messaggio porta?
Parto dalla mia storia, da ciò che ho imparato. Racconto le pieghe della violenza, la brutalità del male, ma cerco di dare sempre anche pensieri positivi. Dalle storie di violenza bisogna imparare, i ragazzi vanno spronati a riflettere, ad essere persone positive, che costruiscono la loro vita in modo adeguato.
E alle donne che subiscono violenza cosa si sente di dire?
È una battaglia che porto avanti quotidianamente. Penso che sia un tema molto importante nella nostra società, che riguarda i giovani nei loro primi approcci. È' importante raccontarlo, parlarne anche per dare la possibilità a chi vive una storia di violenza di uscire da questa situazione. Gli adulti, la politica e le istituzioni devono essere lungimiranti su questo tema. Esistono tante forme di violenza, quella economica, in casa, nel lavoro. Tante sfaccettature che nascono dalla disparità di potere, di gestione, di posizione nella società. E dall'idea che la donna sia un soggetto debole.
È questo che ribadisce nel suo ultimo libro?
Scrivere è sempre faticoso, fisicamente ed emotivamente. Ma è una strada da percorrere, un sacrificio che è giusto compiere. Un impegno sociale per il progresso del Paese.
Come vede la tua vita di qui a qualche anno?
Vivo un giorno alla volta. Il mio sogno è di stare bene, realizzarmi. Sono aperta alle sorprese.
Ha ancora fiducia negli uomini?
Sì, sì certo. Se fosse tutto nero non avrei fatto nulla di tutto ciò che sto facendo, con spirito positivo.
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