Muore neonato, 20 medici indagati

La denuncia dei genitori. Le indagini della procura per omicidio colposo
CHIETI. Venti medici della clinica di ginecologia e della patologia neonatale del policlinico di Colle dell'Ara indagati per omicidio colposo. Per la morte di un bambino di un mese e 8 giorni, avvenuta lo scorso primo settembre. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Falasca sono state sollecitate dai genitori del neonato, una coppia di Manoppello che, assistita dall'avvocatessa Danielle Mastrangelo ha presentato denuncia, l'8 settembre, nella quale si sostiene che i ginecologi che l'hanno seguita non si sarebbero accorti della sofferenza del bambino, morto poi per «ipossia perinatale» e i neonatologi avrebbero sottovalutato le gravi condizioni del piccolo dopo la nascita. L'inchiesta è arrivata alla fase dell'incidente probatorio, che si terrà il 20 gennaio.
Gli indagati sono: Marco Liberati, primario della clinica ostetrica, Giuseppe Sabatino, primario della neonatologia, i medici Guido Bondi, Grazia Camastra, Claudio Celentano, Tania De Felice, Luciano Di Tizio, Franco Frondaroli e la figlia Serena; Maria Moretti, Giuseppe Ricciardulli e la figlia Alessandra; Elisabetta Barbante, Patrizia Brindisino, Mariangela Conte, Maria Di Marzio, Alberto Marcucci, Adele Patrizia Primavera, Anna Sisto e Antonio Sisto.
La giovane mamma, 30enne, ha già una figlia. E nel 2009 scopre di aspettare un altro bambino. Secondo il racconto, ora all'attenzione della procura, la gravidanza fino al nono mese è proseguita senza alcun problema. Il ginecoloco che l'ha seguita è il dottor Di Tizio della clinica ginecologica. Per la nascita del bimbo era stato programmato il taglio cesareo (anche perché la prima figlia era nata con l'identico metodo), fissato due giorni prima della scadenza del tempo di gestazione, il 24 luglio 2010. Dopo le analisi di rito, al nono mese, sono iniziati i primi controlli in reparto. Il 13 luglio una dottoressa, della quale i denuncianti non ricordano il nome, al terzo monitoraggio, ha domandato alla donna se avvertisse contrazioni, alla risposta negativa le ha raccomandato che, se fosse successo, di recarsi immediatamente in ospedale. La dottoressa evidentemente deve aver visto qualcosa nell'esame cardiotocografico, perché il giorno dopo la gestante ha avuto contrazioni e perdite di sangue.
La signora si è recata in ospedale dove la dottoressa Moretti, dopo un altro monitoraggio, l'ha fatta ricoverare, sistemandola al 14º livello, ritenendo che il tempo di mettere alla luce il piccolo fosse ormai arrivato. La donna è stata tenuta a digiuno e messa nelle condizioni di un imminente intervento che però non c'è stato. Dopo una notte di preoccupazione, finalmente la visita dell'equipe ginecologica, guidata dalla dottoressa di turno Serena Frondaroli, figlia del ginecologo della stessa struttura, Franco. Il medico non fa alcun riferimento all'intervento mancato, ma le prescrive un altro monitoraggio alla lettura del quale esclude ogni urgenza rimandandola a casa.
Il prossimo appuntamento è per il 24 luglio, come da programma per eseguire il cesareo. Prima però, il 17, la gestante avrebbe dovuto tornare a fare un ennesimo monitoraggio. Questa volta a valutare il tracciato è Alessandra Ricciardulli, anche lei figlia di un ginecologo, Giuseppe, della stessa struttura. Secondo la dottoressa il tracciato non era «bello» e così prescrive un altro monitoraggio qualche ora dopo e dicendole che doveva restare a digiuno nella eventualità probabile di un intervento. Il tracciato questa volta viene letto dal padre che in contrasto con la figlia rimanda la gestante a casa. L'appuntamento è per il lunedì seguente quando tornerà dalle ferie il ginecologo che la segue. Di Tizio le dice che non c'è alcuna urgenza di operare. E le prescrive un altro monitoraggio per il 21 luglio, quando il dottor Bondi la fa ricoverare di urgenza. E neanche questa volta viene operata.
Il 22 luglio la frase fatale: «Abbiamo avvisato la sala operatoria altrimenti rischiate lei e il bambino». Il bimbo nasce, pesa 3 chili e 600 grammi. Ma non succhia al seno, dorme sempre ed è semirigido. Lo fanno restare quattro giorni con la madre che è disperata: qualcosa non va. Il piccolo viene trasferito a neonatologia. Nessun allarme anche qui. Nessun accenno alla gravità del caso. Una risonanza magnetica dà il verdetto: il cervello ha una lesione. Ma anche qui nessun accenno a un evento letale, solo la possibilità di un ciclo di fisioterapia. Il primo settembre il piccolo muore.
Gli indagati sono: Marco Liberati, primario della clinica ostetrica, Giuseppe Sabatino, primario della neonatologia, i medici Guido Bondi, Grazia Camastra, Claudio Celentano, Tania De Felice, Luciano Di Tizio, Franco Frondaroli e la figlia Serena; Maria Moretti, Giuseppe Ricciardulli e la figlia Alessandra; Elisabetta Barbante, Patrizia Brindisino, Mariangela Conte, Maria Di Marzio, Alberto Marcucci, Adele Patrizia Primavera, Anna Sisto e Antonio Sisto.
La giovane mamma, 30enne, ha già una figlia. E nel 2009 scopre di aspettare un altro bambino. Secondo il racconto, ora all'attenzione della procura, la gravidanza fino al nono mese è proseguita senza alcun problema. Il ginecoloco che l'ha seguita è il dottor Di Tizio della clinica ginecologica. Per la nascita del bimbo era stato programmato il taglio cesareo (anche perché la prima figlia era nata con l'identico metodo), fissato due giorni prima della scadenza del tempo di gestazione, il 24 luglio 2010. Dopo le analisi di rito, al nono mese, sono iniziati i primi controlli in reparto. Il 13 luglio una dottoressa, della quale i denuncianti non ricordano il nome, al terzo monitoraggio, ha domandato alla donna se avvertisse contrazioni, alla risposta negativa le ha raccomandato che, se fosse successo, di recarsi immediatamente in ospedale. La dottoressa evidentemente deve aver visto qualcosa nell'esame cardiotocografico, perché il giorno dopo la gestante ha avuto contrazioni e perdite di sangue.
La signora si è recata in ospedale dove la dottoressa Moretti, dopo un altro monitoraggio, l'ha fatta ricoverare, sistemandola al 14º livello, ritenendo che il tempo di mettere alla luce il piccolo fosse ormai arrivato. La donna è stata tenuta a digiuno e messa nelle condizioni di un imminente intervento che però non c'è stato. Dopo una notte di preoccupazione, finalmente la visita dell'equipe ginecologica, guidata dalla dottoressa di turno Serena Frondaroli, figlia del ginecologo della stessa struttura, Franco. Il medico non fa alcun riferimento all'intervento mancato, ma le prescrive un altro monitoraggio alla lettura del quale esclude ogni urgenza rimandandola a casa.
Il prossimo appuntamento è per il 24 luglio, come da programma per eseguire il cesareo. Prima però, il 17, la gestante avrebbe dovuto tornare a fare un ennesimo monitoraggio. Questa volta a valutare il tracciato è Alessandra Ricciardulli, anche lei figlia di un ginecologo, Giuseppe, della stessa struttura. Secondo la dottoressa il tracciato non era «bello» e così prescrive un altro monitoraggio qualche ora dopo e dicendole che doveva restare a digiuno nella eventualità probabile di un intervento. Il tracciato questa volta viene letto dal padre che in contrasto con la figlia rimanda la gestante a casa. L'appuntamento è per il lunedì seguente quando tornerà dalle ferie il ginecologo che la segue. Di Tizio le dice che non c'è alcuna urgenza di operare. E le prescrive un altro monitoraggio per il 21 luglio, quando il dottor Bondi la fa ricoverare di urgenza. E neanche questa volta viene operata.
Il 22 luglio la frase fatale: «Abbiamo avvisato la sala operatoria altrimenti rischiate lei e il bambino». Il bimbo nasce, pesa 3 chili e 600 grammi. Ma non succhia al seno, dorme sempre ed è semirigido. Lo fanno restare quattro giorni con la madre che è disperata: qualcosa non va. Il piccolo viene trasferito a neonatologia. Nessun allarme anche qui. Nessun accenno alla gravità del caso. Una risonanza magnetica dà il verdetto: il cervello ha una lesione. Ma anche qui nessun accenno a un evento letale, solo la possibilità di un ciclo di fisioterapia. Il primo settembre il piccolo muore.
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