VASTO
Omicidio D'Elisa, pena ridotta di dieci anni a Di Lello
L'accusa aveva chiesto la conferma della condanna a trent'anni, probabile il ricorso in Cassazione. La madre della vittima accusa: "Lo hanno ucciso un'altra volta". La difesa: "Capito il dramma umano"
VASTO. Ridotta di dieci anni la condanna per Fabio Di Lello, il panettiere che il 1 febbraio 2017 uccise con tre colpi di pistola Italo D’Elisa per vendicare la morte della moglie Roberta Smargiassi investita e uccisa da D’Elisa. La corte d’Appello d’Assise dell’Aquila ha tenuto conto delle attenuanti generiche ed ha eliminato l’aggravante della minorata difesa. Grande la soddisfazione degli avvocati della difesa, Giuliano Milia e Pierpaolo Andreoni. Per dimostrare che Di Lello non aveva premeditato il delitto i difensori hanno mostrato alla corte i filmati dell’incidente costato la vita a Roberta Smargiassi e quello dell’omicidio D’Elisa. L’accusa aveva chiesto la conferma a 30 anni. Probabile il ricorso di quest’ultima in Cassazione. (p.c.)
L'HANNO UCCISO UN'ALTRA VOLTA". Ha gridato tutto il suo dolore in aula Diana Cupaiolo, la mamma di Italo d'Elisa ucciso il 1° febbraio 2017 da alcuni colpi di pistola davanti a un bar a Vasto da Fabio Di Lello, alla lettura della sentenza della Corte d'Assise d'Appello a L'Aquila che ha ridotto la condanna al carcere da 30 a 20 anni all'omicida. «Lo Stato lo ha ucciso un'altra volta - ha detto la donna - invece di stare vicino alle persone che vi si affidano per essere protette dalla giustizia». Rincarano la dose anche Andrea e Alessandro d'Elisa, fratelli di Angelo, padre di Italo, che insieme vogliono commentare quanto ascoltato dal presidente della Corte d'Assise d'Appello. «Siamo rimasti esterrefatti: come si fa a pronunciare una sentenza del genere che dà un colpo di grazia alla giustizia?» dichiarano all'Ansa. «Lo stato di diritto - sostengono - deve essere rispettato. I difensori di Di Lello hanno sfidato le istituzioni che dopo questa sentenza si dimostrano deboli. Di Lello ha ucciso Italo e ora che fanno? Gli danno un premio riducendogli la pena». E aggiungono: «Come si fa a concedere le attenuanti generiche per l'uccisione a colpi di pistola di un bambino (ndr, riferendosi al nipote 21enne) che andava in bicicletta? Questa sentenza è un messaggio negativo per tutti i giovani. Italo è morto - dicono Andrea e Alessandro - nessuno può più fargli del male, ora però a morire è stata la giustizia. Un atteggiamento che non riusciamo a capire è sicuramente un disvalore». La famiglia D'Elisa aspetterà di leggere la sentenza e poi deciderà se seguire la strada del terzo grado di giudizio con il ricorso in Cassazione «perché comunque e sempre crediamo nella giustizia che vogliamo per il nostro Italo, fino alla fine».
"CAPITO IL DRAMMA UMANO". "Non c'è soddisfazione in una sentenza pur sempre di omicidio, ma siamo felici per la comprensione della Corte che ha capito il dramma psicologico e umano di Di Lello anche rafforzata dalla perizia psichiatrica del giovane». A sostenerlo sono i legali difensori di Fabio Di Lello, Giuliano Milia e Pierpaolo Andreoni, che anche attraverso perizie tecniche hanno chiesto le attenuanti generiche e la minorata difesa per il loro assistito condannato in primo grado a 30 anni di reclusione per avere ucciso a colpi di pistola Italo d'Elisa, di 21 anni.
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