Progettavano attentati e omicidi, condannati dieci neofascisti: «Volevano una strage sulle ferrovie come quella dell’Italicus»

Inflitte pene per oltre 75 anni. La finalità era quella di destabilizzare l’ordine pubblico e la tranquillità dello Stato italiano attuando la strategia della tensione
CHIETI. No, non era solo folklore: pianificavano attentati per uccidere politici senza scorta, massacrare gli immigrati e fare esplodere le linee ferroviarie abruzzesi comportando il deragliamento di un treno passeggeri e una tragedia simile a quella dell’Italicus. Dieci neofascisti sono stati condannati a complessivi 75 anni, 2 mesi e 20 giorni di carcere dalla Corte d’Assise di Chieti (presidente Guido Campli, giudice a latere Maurizio Sacco) per aver promosso, costituito, organizzato e diretto un’associazione denominata Avanguardia Ordinovista che «si proponeva il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo, anche internazionale e di eversione dell’ordine democratico, nonché di discriminazione e odio etnico, nazionale, razziale e religioso», è riassunto nel capo d’imputazione a firma del pubblico ministero Guido Cocco della Direzione distrettuale dell’Aquila, che ha diretto le indagini dei carabinieri del Ros sfociate in 14 arresti, nel 2014, con l’operazione “Aquila nera”.
I giudici hanno inflitto 11 anni e 8 mesi di reclusione a Emanuele Pandolfina Del Vasto; 9 anni, 6 mesi e 20 giorni a Franco Grespi; 8 anni a Franco La Valle; 7 anni e 6 mesi ciascuno a Marina Pellati, Luca Infantino, Maria Grazia Callegari e Luigi Di Menno Di Bucchianico; e 5 anni e 4 mesi di reclusione ciascuno a Ornella Garoli, Marco Pavan e Valerio Ronchi. Sono stati anche condannati al risarcimento dei danni alle parti civili, ovvero la Presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Interno, «da liquidarsi in separata sede». Sono stati invece assolti, «perché il fatto non sussiste», Marco Cirronis, Giuseppa Caltagirone, Tiziana Mori, Giovanni Trigona e Luigi Nanni, mentre «l’incitamento all’odio razziale» è risultato prescritto.
«Ci siamo infiltrati all’interno dell’associazione dopo i primi contatti su Facebook», hanno ricostruito i due carabinieri sotto copertura che sono riusciti a entrare nel gruppo. Sì, perché proprio sui social network la banda spargeva secchiate d’odio e violenza, utilizzando una valanga di profili falsi. Il piano eversivo prevedeva un doppio binario: «Il sodalizio criminoso veniva costituito nella sua versione segreta con la denominazione “Avanguardia Ordinovista” e, nella sua versione pubblica e ufficiale, con la denominazione “Centro studi progetto olimpo”. La finalità era quella di destabilizzare l’ordine pubblico e la tranquillità dello Stato italiano attuando la strategia della tensione per poi introdursi, tramite un’apparente attività lecita di partecipazione alle elezioni con il partito creato dai suoi membri, all’interno dell’ordine democratico quale unica soluzione alla destabilizzazione dell’ordine sociale».
«Il primo incontro in presenza con un membro dell’associazione», ha proseguito uno dei carabinieri infiltrati, «c’è stato con Calligari, a cena, nella sua casa di Roma. Lei aveva il compito di reclutare persone tramite Facebook e arrivare a capire quali fossero quelle affidabili. Io e il mio collega abbiamo superato, per così dire, anche il secondo “livello di verifica” quando ci ha portato da Stefano Manni», ovvero il capo dell’associazione, già condannato in via definitiva con il rito abbreviato.
Secondo l’accusa, è lungo l’elenco degli attentati progettati: gli assalti al mercatino etnico gestito dagli ambulanti di fronte alla stazione dei pullman di Pescara (da mettere in atto con liquido infiammabile, sparando con armi da fuoco nel mucchio e lanciandosi con delle auto sulla folla), all’hotel Ariminum di Montesilvano (sempre con l’impiego di armi), dove erano alloggiati alcuni profughi stranieri, e l’omicidio dell’estremista di destra Marco Affatigato.
La banda eversiva aveva pianificato «una serie di ulteriori delitti che dovevano servire ad approvvigionare l’organizzazione terroristica di armi, munizioni, esplosivi e denaro necessari per il compimento degli attentati». I carabinieri infiltrati hanno preso parte a due sopralluoghi in altrettanti supermercati di Montesilvano che dovevano essere rapinati con l’utilizzo di violenza e armi da taglio. Gli investigatori hanno ricordato anche un altro incontro, quello a cui ha partecipato il fruttivendolo teatino Franco La Valle, il quale «proponeva una partecipazione in azioni violente da mettere in atto su tutto il territorio italiano, affermando che “qua nella zona, chi fa l’azione sono io, io c’ho già diversi uomini con me”», facendo riferimento a non meglio precisati ultras del Chietino.
Gli imputati hanno cercato di acquistare armi in Slovenia, ma il piano è andato a monte per i costi eccessivi dell’operazione e per il rischio che si sarebbe corso introducendo in Italia il carico illegale dall’estero. A quel punto è stata organizzata una rapina nei confronti di un architetto di Pescara che deteneva fucili da caccia e munizioni. Per evitare che il progetto si concretizzasse, senza svelare le indagini in corso, è stato disposto un sequestro amministrativo dell’arsenale, motivato dal fatto che le armi venivano detenute senza le necessarie cautele.
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