Qui e nel testo, due opere dell'artista romagnolo in mostra a Palazzo Cappa Cappelli fino al 18 aprile

L'AQUILA

Amarcord, il mondo visionario di Tonino Guerra 

Immagini di universi giocosi e insieme dolorosi, pieni di memorie e tensioni verso il futuro, dell’artista scomparso

L’AQUILA. Quella di Tonino Guerra è una lunga storia, o come direbbe lui, una favola, quella di Tonino Guerra. Una favola che ha portato il poeta, scrittore sceneggiatore, artista multiforme nato a Santarcangelo di Romagna il 16 marzo 1920, e morto in quello stesso paese il 21 marzo del 2012, anche e più volte in Abruzzo. Nei suoi viaggi come nelle amicizie, prima fra tutte quella con lo sceneggiatore e scrittore pescarese Ennio Flaiano e poi quella per gli aquilani, cresciuta dopo il terremoto.

Tonino Guerra, poeta, sceneggiatore, artista multiforme scomparso nel 2012

E a dieci anni dal sisma il capoluogo abruzzese rende omaggio al mondo visionario di questo poeta amico della città con una mostra inaugurata sabato a Palazzo Cappa Cappelli – Fondazione Giorgio de Marchis, in Corso Vittorio Emanuele II, e aperta fino al 18 aprile. A proporla l’Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo. Si intitola “Amarcord”, perché L’Aquila non dimentica e perché quel titolo è lo stesso del film che Guerra sceneggiò con Federico Fellini e portò all’Oscar. L’esposizione ricuce la poliedrica figura di un’artista totale che sfugge alle definizioni, perché capace, come gli umanisti rinascimentali, di calarsi in tanti ruoli mantenendo sempre la stessa forza visionaria e creativa. La mostra dedicata a Tonino Guerra, sostenuta dalla Fondazione Carispaq e realizzata con la Fondazione Giorgio de Marchis Bonari d’Ocre che apre così i suoi splendidi spazi anche alle esposizioni temporanee, racconta la visione di un artista che si scopre pittore da ragazzino, verso i 12 anni, poi arrivano l’esperienza della guerra, la prigionia, il ritorno in Italia, le raccolte di poesie e infine il cinema, a Roma, dove ha lavorato come sceneggiatore insieme ai giganti del Novecento, tra cui dunque Fellini, Rosi, Antonioni, Monicelli, Tarkovskji. E in questo vivere in un mondo popolato di immagini - narrative, fotografiche, poetiche Guerra ha continuato a “scrivere” racconti anche attraverso il gesto pittorico.
Durante tutta la sua vita ha sperimentato diversi linguaggi, dalla bidimensionalità della pittura con l’acquerello, i pastelli, le tecniche a stampa, alla tridimensionalità della scultura o dell’installazione con la ceramica, il ferro, il cartone, il legno.

E poi arazzi, arredi spesso realizzati con il supporto di amici artigiani, oppure fontane, come quelle collocate a Cervia, Riccione o nella sua Santarcangelo. Quello di Guerra è un universo popolato di uomini, donne, fiori, animali, paesaggi, strumenti musicali, giocattoli, frutti, cose semplici, così semplici da avere in sé una straordinaria forza evocativa. I singoli elementi vengono accostati tra loro in modo libero, come associazioni mentali a cui i titoli, spesso ironici, concorrono a dare un ulteriore senso poetico.
Alcune figure ricorrono con insistenza: le cupole delle chiese ortodosse e gli alti colbacchi – specchio di quel mondo russo che Guerra aveva imparato a conoscere insieme a sua moglie Lora – i fiori e gli alberi – amati e preservati con cura nell’Orto dei Frutti dimenticati a Pennabilli – e poi, dovunque, farfalle. Grandi o piccolissime, giocose o catturate in bottiglia, sono una presenza costante.
Le opere in mostra sono piccoli pensieri, capaci di trasportare in un mondo originario, essenziale, quasi a volerci far recuperare il grado zero della visione, abituati come siamo a un sovraffollamento di immagini e di diversi linguaggi di comunicazione, spesso simultanei. «Sono visioni che non ci lasciano osservatori passivi ma chiedono di fermarci un istante», si legge nella nota di presentazione, «ci interrogano sul perché delle cose, lasciando quella traccia di speranza che è caratteristica del fare artistico di Guerra. Si tratta di immagini semplici, realizzate con un tratto libero, sicuro e immediato: universi giocosi e insieme dolorosi, pieni di memorie del passato e tensioni verso il futuro, perché la vita è un tutto indissolubile di tragedia e commedia «e gli incidenti di percorso sono come la neve, arriva, copre tutto, ma poi basta un raggio di sole o un po’ di pioggia per ripulire la terra e si può tornare a camminare felici» .
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