letteratura
Dan Fante con il suo Abruzzo sempre nel cuore
Il rapporto fra lo scrittore morto a Los Angeles e la Torricella Peligna dei suoi nonni
di Giovanna Di Lello
«Quassù a Torricella - a 100 chilometri da Roma / Dove puoi baciare la Maiella sulle labbra / Ogni anno arriva il Festival su John Fante / E io cavalco il migliore, più affidabile proiettile d'argento di Mr Boeing / 21 ore per essere tra questo pubblico / e soffro il jet lag e l'angoscia di rimandare scadenze vitali / e non scrivere i miei libri per essere qui, / per celebrare la vita e l'opera del mio vecchio. / Perché, vedi / Dopo 25 estati mi manca ancora / E il suo caratteraccio e il suo genio / E la sua abilità di ridurre in lacrime ogni pomposo produttore Hollywoodiano usando 20 parole o anche meno, oppure buttandogli un bicchiere in faccia / Lui mi torna in mente per far sì che io tenga presente che come uomo e come artista / Se non ho passione e verità, quel che mi rimane sono due palle marcescenti e bagnate di compiacenza e morte / Perciò qui nel mio cuore, nella mia Piccola Torre, / oggi John Fante vive ancora / Il mio Dio! La mia ispirazione! / Il mio migliore amico. / Ciao papà».
Con questa poesia inedita del 2008, scritta per la terza edizione del nostro Festival letterario "Il Dio di mio padre" di Torricella Peligna, ricordiamo il caro Dan Fante, romanziere, poeta, drammaturgo, morto l’altro ieri a Los Angeles, all'età di 71 anni, per un male che lo ha portato via in meno di 4 mesi. Dan tornava ogni estate a Torricella Peligna, il paese d'origine della sua famiglia, per omaggiare suo padre John Fante, il grande scrittore italoamericano, con cui ebbe un rapporto conflittuale ma intenso. Ci tornava anche perché diceva "è la mia seconda casa", sentendosi circondato da amici che ogni anno lo accoglievano con quella fratellanza inaugurata ai tempi dell'associazione John Fante. La sua generosa e costante presenza rendeva il nostro festival unico e speciale. Amava assistere a tutti gli eventi, incontrare il suo pubblico, i giovani che accorrevano da tutt'Italia (e non solo) per conoscerlo e farsi sorprendere dalla sua grande disponibilità, dalla ruvidità delle sue parole, dalla sua vita "maledetta", i cui segni erano immediatamente rintracciabili in un suo tatuaggio disegnato sull'avambraccio in cui ricordava a se stesso che di alcool si poteva morire. Non amava molto fare presentazioni, Dan. Preferiva leggere le sue opere ad alta voce. Indimenticabili i suoi reading con il poeta Vincenzo Costantino Cinaski, o con il cantautore Vinicio Capossela, di cui Dan era particolarmente affascinato e con cui entrò subito in sintonia. Per lui la nostra manifestazione era diventata negli anni il fulcro intorno a cui imbastiva di volta in volta un tour letterario in giro per l'Abruzzo (è stato in numerose città, tra queste Spoltore, dove il Bellavista era un appuntamento fisso) e per l'Italia, che ha conosciuto per la prima volta nel 1999 in occasione del festival letterario di Mantova. Dan era tornato in Abruzzo anche l'anno scorso con la sua terza moglie, Ayrin, e il piccolo Michelangelo Giovanni (l'ultimo dei suoi tre figli) per far conoscere al bambino il paese del suo bisnonno Nick.
Un viaggio poi confluito in “Against a Perfect Sky”, un documentario alla ricerca delle radici di John Fante, girato a Torricella Peligna dal regista olandese Jasper Henderson. Lo aspettavamo anche quest'estate al festival, ma una sua improvvisa mail, spedita a pochi giorni dall'inizio della X edizione, ci annunciava che non sarebbe stato più in grado di viaggiare e che avrebbe dovuto suo malgrado rinunciare a «una delle sue più grandi gioie».
Aveva l'Abruzzo nel cuore, Dan, e lo aveva dimostrato a più riprese, anche quando nel 2011 si recò a L'Aquila per visitare la città martoriata dal terremoto, dove lasciò scritto sulle tavole di un cantiere “From my heart to L'Aquila”, o quando si schierò apertamente contro le trivellazioni sul lago di Bomba. Amava anche Pescara, città in cui aveva amici di lunga data.
Dan era il secondo dei quattro figli di John Fante. Nato a Los Angeles nel 1944, si era avvicinato alla scrittura a quarant'anni, dopo aver trascorso una vita estrema, fatta di lavori improbabili, eccessi di ogni genere, droga, sesso e alcool. Esperienza che fa confluire nella sua opera narrativa e poetica.
Di lui Fernanda Pivano scrisse: «I suoi romanzi sono ballate di amore e di morte, come lo erano quelli di Bukowski e come lo sono stati quelli di suo padre». In Italia sono pubblicati i romanzi della saga di Bruno Dante, "Buttarsi", "Angeli a pezzi" e "Agganci", la raccolta di poesie "Gin&Genio", il racconto "Mae West", da cui è stato tratto un film con Olivier Marchal. Di prossima uscita, invece, è la sua raccolta di racconti "Short Dog". Sul rapporto tormentato con il padre, Dan scrisse una commedia teatrale, "Don Giovanni", e un intenso memoir, "Fante. A Family's Legacy of Writing, Drinking and Surviving", mai tradotto in Italia, ma pubblicato, invece, in Spagna e in Francia, paese quest'ultimo dov'era molto amato e seguito. Qualche anno fa la prestigiosa casa editrice americana HarperCollins ha deciso di pubblicare parte della sua opera, confermando un talento di cui sentiremo ancora parlare.
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