Ezio Greggio: «Ad Atri  sarò “politically scorrect”» 

Il mattatore sabato in piazza Duchi d’Acquaviva per raccontare vita e carriera

ATRI. «Sabato ad Atri sarò politically “scorrect”... frechete». Parola di Ezio Greggio, uno dei volti tv più riconoscibili degli ultimi decenni, impegnato in queste settimane con uno spettacolo destinato ai grandi teatri italiani: il tour è partito lo scorso 17 luglio dall’Arena Tor Bella Monaca di Roma, registrando il sold out e grande apprezzamento. Dal palco, il pubblico ritrova la storia della tv italiana di ieri e di oggi attraverso i suoi monologhi sferzanti, le parodie di famosi personaggi della tv e della politica, alcuni tra i suoi numeri più conosciuti come l’Asta tosta col mitico quadro del maestro Teomondo Scrofalo, i suoi tormentoni: «È lui o non è lui, cerrrto che è lui», oppure «Ce la fai, ce la farai, vedrai che ce la fai!... Non ce la fa. Non ce la fa». Uno spettacolo che Greggio firma con Marco Salvati e Armando Vertorano. A produrre è il pescarese Stefano Francioni, con musiche a cura di un altro abruzzese, Davide Cavuti. Con l’ausilio di un grande ledwall, Greggio mette in scena per novanta minti la sua satira, il suo stile personale graffiante e ironico, la sua capacità di scherzare e divertire il pubblico parlando di televisione, politica, sport e società. Attore, showman, regista, giornalista, scrittore, è stato protagonista di trasmissioni cult come Drive In, Paperissima, La sai l'ultima?, Veline e Striscia la notizia, il tg satirico che conduce fin dal debutto nel 1988, per oltre 4.000 puntate. Oltre quaranta tra film, serie televisive e film per la tv come Yuppies, Vacanze di Natale, Anni ‘90, Montecarlo Gran Casinò, Infelici e contenti, Anni ‘50, Un maresciallo in gondola, Benedetti dal Signore, Il Silenzio dei prosciutti, Selvaggi, Lockdown all'italiana, Il papà di Giovanna. Sullo sfondo, gli aneddoti raccolti nel libro N. 1 (Solferino, 2023), che racconta una vita di avventure, scherzi, risate. Come quella notte che con Gianfranco D’Angelo “si vendettero” le stanze del residence. Quella volta in cui, al Drive In, Carlo Pistarino venne convinto di essere stato escluso da un ricevimento con la Regina Elisabetta. E che dire di Enrico Beruschi, vittima predestinata di scherzi di ogni tipo, o del rapporto con Mel Brooks o Leslie Nielsen.
Appuntamento, dunque, sabato 27 luglio in piazza Duchi d’Acquaviva, in Atri, alle 21.30.
Quello che porta in scena è un one man show?
«Non solo. Ci saranno ospiti che per contratto devo mantenere top secret. Lo spettacolo nasce dal piacere di raccontare la mia vita e la mia carriera. E lo faccio attraverso aneddoti divertenti, talvolta incredibili, ma posso assicurare che si tratta sempre di storie vere».
Situazioni improbabili come gli scherzi messi a segno con Gianfranco D’Angelo.
«Rientravamo dagli spettacoli in tour con poca voglia di andare a dormire e improvvisavamo con chiunque ci capitasse a tiro. Il resto lo facevamo in studio, magari dietro le quinte del Drive in. Rievocare quello spaccato di vita sarà divertente e toccante allo stesso tempo. Nel ricordo di Gianfranco, scomparso nel 2021, ho invitato i familiari alla prima di questo spettacolo a Roma».
C’era grande intesa tra voi, così come con Enzo Iachetti. A Striscia siete una “coppia di fatto”: malgrado i filtri della tv, si percepisce un affetto genuino e spontaneo.
«A volte, dopo aver lanciato un servizio, iniziamo a parlare fra di noi, col rischio di rientrare in onda mentre stiamo ancora ridendo».
Poi ci sono gli slogan. Che effetto fa sentire le sue espressioni entrate a far parte del linguaggio comune?
«Beh, i tormentoni fanno parte del mio repertorio sin dall'inizio. Mi piace riproporli in scena e condividerli col pubblico. Ho anche sdoganato sullo schermo una serie di espressioni abruzzesi come “frechete, che scimpis” grazie alle quali ho collezionato una serie di cittadinanze onorarie dalle vostre parti. In realtà, è un modo per tenere viva l'attenzione sull'Abruzzo».
A proposito di Abruzzo, qui le è stato ricoosciuto il Premio Flaiano per l'interpretazione drammatica nel ruolo di protagonista nel film Il papà di Giovanna di Pupi Avati.
«Fu un esperienza toccante, sin dall'anteprima al Festival di Venezia. Ricordo ancora quei 10-12 minuti di applausi. Il mio ruolo fu molto apprezzato e qualcuno, dopo il finale tragico, veniva e mi abbracciava. Arrivarono anche il Nastro d'Argento e il Globo d’Oro. Invece, associo il ricordo del premio Flaiano, nell'anno successivo, il 2009, anche all'Aquila, con un lungo tributo alla città ferita dal terremoto».