Arturo Brachetti in un momento dello spettacolo "Solo", in scena oggi e domani al teatro Massimo

L'INTERVISTA / ARTURO BRACHETTI

«Ho mille volti e sono felice quando il pubblico è felice» / VIDEO

Il geniale trasformista porta a Pescara “Solo”, oggi e domani al teatro Massimo. «È un one man show comico e surrealista che si svolge in una casa senza tempo» 

PESCARA. Stupore, curiosità, divertimento puro. Arturo Brachetti tiene fede da oltre 40 anni al suo patto d’onore con il pubblico che immancabilmente affolla i suoi spettacoli: «Qualsiasi sacrificio pur di vedere accendersi un sorriso e un applauso in platea». Stesso patto stretto con il Peter Pan che vive in lui in barba agli anni che passano (per tutti ma non per il maestro, viene da dire guardandolo volteggiare rapidissimo eppure regale sulla scena tra un travestimento e un dipinto di sabbia): fare della fantasia realtà e portare sul palcoscenico quelle invenzioni con la serietà e la leggerezza di un ragazzino alato.

Un altro momento dello spettacolo di Brachetti

Il torinese Brachetti, incontrastato erede di Fregoli e leggenda del trasformismo a sua volta, è in tournée con “Solo – The Legend of quick-change”, a grande richiesta per la quarta stagione. Lo spettacolo approda a Pescara stasera e domani in pomeridiana, al teatro Massimo, per il cartellone della Società del teatro e della musica “Luigi Barbara”. Ed è per entrambe le date sold out. Il pubblico riscopre e scopre Brachetti: sono stati oltre 300mila i biglietti venduti in Europa nelle prime tre stagioni, arrivate dopo il trionfo dei suoi precedenti one man show “L'uomo dai mille voli” e “Ciak!”, applauditi da due milioni di spettatori in tutto il mondo. In “Solo” Brachetti apre le porte della sua casa fatta di ricordi e di fantasie. Una casa senza luogo e senza tempo, in cui il sopra diventa il sotto e le scale si scendono per salire. Dentro ciascuno di noi esiste una casa come questa, dove ogni stanza narra un aspetto diverso del nostro essere e gli oggetti della vita quotidiana prendono vita, conducendoci in mondi straordinari dove il solo limite è la fantasia. È una casa segreta, senza presente, passato e futuro, in cui conserviamo i sogni e i desideri. Brachetti schiude la porta di ogni camera, per scoprire la storia che è contenuta e che prende vita sul palcoscenico.

Brachetti in scena con la casetta in cui "entrerà" nel suo one man show
Maestro, come nasce l’idea di “Solo”?
È un one man show comico e surrealista che ha dei temi principali che lo uniscono. Si svolge in una casetta di bambole e ogni stanza è scusa per un nuovo “pezzo”: si entra in quella delle favole e divento Biancaneve, Oz, Peter Pan; poi nella stanza della musica e sono Madonna, Edith Piaf... In cucina: ed ecco la cucina napoletana, marito, moglie, matrimonio manicomio... Il bagno dove invecchio.
E a un certo punto non è più ... solo
Sì, nel frattempo trovo la mia ombra: è Kevin Michael Moore, attore di colore che ha il ciuffo come me e che mi vuole riportare sulla terra, come succede nella vita: una parte di te che vola e una che ti tiene con i piedi per terra. La diatriba finisce sulla terra e la gente si compiace, c’è un bell’impatto emotivo, di sorpresa. Ma io conto di fare una sorpresa ogni 20 secondi.
Un effetto che riesce a ricreare intatto e sempre nuovo da 40 anni, come fa?
Perché io a teatro mi stufo moltissimo, si fanno cose sbrodolate io ho bisogno di essere sollecitato. E non solo il trasformismo non è noioso ai miei occhi, cerco di sorprendere in tanti modi: alterno il momento poetico e di magia, le ombre cinesi a trasformazioni micidiali. “Solo” ha un ventaglio di situazioni: è tutto in uno scatolone, non un luogo vero, è nel nostro cervello, tra i nostri ricordi.
Il tutto con una rapidità di trasformazioni che l’hanno portata nel Guinness quanto a velocità di cambi di costume (2 secondi). Occorre una preparazione particolare per stare sulla scena come ci sta lei?
Innanzitutto nei periodi in cui non lavoro vado in palestra 3 volte a settimana, per mantenere fisico, muscolatura, cuore. E poi la dieta: mangio spesso riso e uovo sodo, pollo ai ferri... Eh già, “Per chi bella vuol venire un po’ deve soffrire” si dice no? Ma è un sacrificio che non mi spiace, il piacere del pubblico, due standing ovation, risate fragorose: questo piacere per me vale qualsiasi sacrificio.
Che rapporto ha con i suoi costumi di scena, li conserva, li riutilizza?
In questo spettacolo ne cambio 60, a casa ne ho oltre 400, per oltre 250mila cambi realizzati finora in carriera. No, non li riutilizzo, perché ogni personaggio è più folle di altri e serve un altro costume.
Qual è il momento dei suoi spettacoli che preferisce?
Il volo. Ricorre sempre: vestito da angelo o da Esther Williams, io volo. A casa ho diverse macchine da volo, mi piace il Peter Pan che vola e quando lo fa il pubblico si sveglia di sicuro.
Che lavoro sognava di fare da bambino?
Il papa o il regista. E i miei zii sapevano chi fosse il papa, ma “il regista chi è, che fa?” mi chiedevano. Io vedevo la tv di Falqui da piccolo e mi incantavo. Poi nell’85, al mio primo rientro in Italia da Parigi ho lavorato anche con lui in Al Paradise.

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Arturo Brachetti, one man show comico e surrealista
Oggi e domani al teatro massimo di Pescara lo spettacolo "Solo" del geniale trasformista piemontese

Lei ha recitato con Ugo Tognazzi. Che ricordo ne ha?
Sì, ho fatto delle piccole espatriate nella prosa, e nel ’90 con Tognazzi. Lo trovavo un papà ansioso sul lavoro e allora pensavo: esagerato! E invece mi ritrovo io quell’ansia da prestazione, come lui a voler far tutto bene per fare stare bene il pubblico.
Ha un qualche rapporto con l’Abruzzo?
Nessuno. Ma nella mia visione delle cose l’Abruzzo, come altre regioni, si salva nella provincia. La provincia è umana, pulita, la gente è brava, comunica, si occupa dei vicini. Nelle metropoli non è così. Mi piace.
Cosa fa nel tempo libero?
Ricerche, esperimenti per nuovi costumi e macchinari di scena, vado in giro, ho una rete di artigiani, li vado a trovare, perdono tempo con me per farmi cose, li coinvolgo in esperimenti strani e si appassionano. In Italia anche il piccolo artigiano è genialoide: “Questo attrezzo si può fare così, ma anche in un’altra maniera, proviamo”, ti dice. All’estero si limitano a fare come dici tu. Qui sono anarcoidi bravissimi.
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