l'intervista

«L’Abruzzo in cucina merita molta più attenzione»

Il direttore delle Guide de L'Espresso convinto: «Oltre le stellette c’è molto altro... E la qualità dei vini si è finalmente avviata a conquistare prestigio e popolarità»

di Jolanda Ferrara

«U. n piatto che associo all'Abruzzo? Non mi viene... Agnello no, se ci penso meglio grandi pesci..». Sguardo bonario e attento all'interlocutore, Enzo Vizzari, direttore delle Guide de L'Espresso e critico enogastronomico, non perde l'aplomb ma si lascia conquistare per qualche attimo tra un laboratorio e l'altro nel fitto calendario di “Le Strade della Mozzarella”, di scena nei giorni scorsi nella cornice lussuosa del Savoy Beach Hotel di Paestum.

Al congresso internazionale di cucina d'autore dedicato alla bufala e prodotti del made in Italy, Vizzari ha presentato personaggi di primo piano dell'alta gastronomia (Matteo Baronetto, Enrico Crippa, Emanuele Scarello e, la talentuosa slovena Ana Ros tra i numerosi chef stranieri in scaletta) e produttori (Giuseppe Pagano e i suoi vini organici, tra cui il rosso di punta dedicato a Gillo Dorfles, prodotto nell'entroterra cilentano con la consulenza di un enologo famoso, Riccardo Cotarella, presente alla verticale delle 4 annate a Lsdm). Chef, produttori, critici, giornalisti, blogger e i delegati europei dei Jeunes restaurateurs d'Europe neocapitanati da Ernesto Iaccarino, chef del bistellato Don Alfonso 1890, a Sant’Agata sui due Golfi. Un summit dal ritmo serrato e travolgente, impostato sul leitmotiv delle “Contaminazioni”, nord e sud d'Europa alla scoperta (citando Brillat Savarin) di nuovi piatti e nuove tradizioni. Edizione all'insegna dell'evoluzione, fenomeno contemporaneo inarrestabile. Anche in cucina. Invitabile chiedere a Vizzari il suo pensiero in proposito. «Ben vengano le contaminazioni, ma sempre troppo tardi!» ci ha risposto il noto giornalista di origini piemontesi. «Giocare con le contaminazioni è un atto di coraggio e di consapevolezza, se fatto bene. I cuochi bravi sono quelli che valorizzano il prodotto, se lo usano male peggio per loro. Quanto a noi, più li conosciamo, meglio è per tutti». Già, ma non la stupisce che finanche la consistenza di un pesce assuma connotati lattiginosi? E' il caso della creativa Ana Ros, chef dell’Hiša Franko, a Kobarid (Caporetto, Slovenia) che ha “improvvisato” un brodetto scomposto con scorfano cotto «in un mare di mozzarella», ovviamente di bufala, frullata con la sua acqua.

Brutalmente semplificando mozzarella in forma di pesce, ovvero “la scorfanella”. «Non mi stupisco se il cuoco è top, come lo è Ana Ros», afferma Vizzari. «Anzi, ne penso un gran bene. E' quando i presupposti sono diversi che vengon fuori delle troiate!». Ma che ne pensa in verità il direttore delle guide Espresso dell'uso che si fa nel mondo del made in Italy gastronomico? Il nostro patrimonio di bontà inimitabili è sfruttato a dovere?

«L'agroalimentare italiano rappresenta la risorsa numero uno, la nostra enogastronomia vive una sorta di nuovo risorgimento. C'è crescente diffusione e attenzione per il made in Italy autentico, i nostri vini di qualità sono sempre più apprezzati e tra i meglio venduti nel mondo, anche all’estero la cucina italiana contemporanea desta un certo interesse, oltre a quella tradizionale e più conosciuta. Ma secondo molti c'è una qualità superiore nell'agroalimentare e nell'enogastronomia che ha ancora un potenziale largamente non apprezzato, come invece merita. Un Paese guidato con intelligenza e lungimiranza deve puntare alto ed esprimere quanto finora inespresso».

Passiamo dunque all'Abruzzo, assente su tutta la linea dal circuito virtuoso de “Le Strade della Mozzarella” numero 9, edizione pluricentrica partita da Parigi e che andrà a concludersi il 3 e 4 ottobre a Roma (programma in via di definizione, per l'Abruzzo c'è speranza..?) passando per Milano (febbraio) e New York (prossimi 17 e 18 maggio). Direttore, l'Abruzzo com'è valutato nelle guide enogastronomiche in genere?

«L'Abruzzo potrebbe essere valutato meglio, non ha la posizione che merita. E' facile parlare bene delle eccellenze che sono sotto gli occhi di tutti, Niko Romito, le famiglie di collaudata esperienza come i Tinari, Spadone, insomma gli stellati. Ma c'è una cucina di qualità diffusa legata alle tradizioni e di sicura personalità ovunque si vada, mare, collina, Abruzzo interno, dove si possono gustare tanti piatti che sono espressione del territorio. Nel portarli all'attenzione la critica è stata un po' superficiale. Noi dell'Espresso cerchiamo di allargare il raggio di osservazione: c'è dell'altro che merita di essere segnalato, anche senza le stellette».

Merita di più la cucina o il prodotto dalle nostre parti? Vizzari come la vede?

«In effetti l'Abruzzo offre prodotti talmente buoni e nella tradizione non c'è moltissima cucina», conviene. «O si è grandi cuochi e si fanno grandi piatti, oppure cucinare diventa solo un compito da svolgere per accontentare la clientela, a volte può accadere. Io comunque sono un laico e apprezzo tutto il buono che la cultura abruzzese offre, trasformato in cucina o tal quale. Vini compresi, va da sé. La qualità dei vini abruzzesi si è finalmente avviata a conquistare il prestigio e la popolarità che merita da tempo anche a livello internazionale, grazie al lavoro di marketing, promozione e comunicazione in passato carente e limitato al giro degli addetti ai lavori».

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