La diversità ricca si racconta ballando
In scena al teatro Comunale di Teramo “Without Color” della compagnia aquilana Gruppo e-Motion
TERAMO. La danza racconta l’incontro – dei generi, delle culture, delle etinie, delle anime – sul palco del teatro Comunale di Teramo. Domani sera, ore 21, va in scena trilogia sull’abitare ideata da Gruppo e-Motion, con il contributo del Ministero della Cultura, della Regione Abruzzo, del Comune dell’Aquila e Operazione Restart.
La compagnia di danza aquilana, diretta da Francesca La Cava, darà vita a una performance introspettiva e contemporanea sulla bellezza della diversità, all’interno dell’evento organizzato da Acs Abruzzo Circuito Spettacolo. “Without Color” racconta l’universalità delle espressioni emozionali e l’efficacia del linguaggio del corpo. Quattro performer appartenenti a culture diverse si confrontano sulla scena, scoprono le loro differenze e manifestano il proprio stupore attraverso i meccanismi dell’improvvisazione. La partitura gestuale degli interpreti si muove alla ricerca di espressioni vitali, movimenti naturali e dialoghi che costruiscono una narrazione tra il reale, il grottesco e il trascendentale, riscoprendo gli spazi nascosti della mente.
«Si tratta di un progetto pensato e concepito in tanti anni - afferma la regista Francesca La Cava, «e nasce dal desiderio di lavorare con dei danzatori di diverse etnie, considerando il mio grande amore per l’Africa. Lo spettacolo è inserito in una trilogia sull'abitare, inteso anche come dimorare nel proprio corpo. È un approfondimento sul nostro essere e stare nel mondo che comincia proprio dall’epidermide: abitare la propria fisicità significa conoscere e approfondire quello che siamo. Non vuole essere un percorso guidato», spiega ancora La Cava, «non è un lavoro contro un luogo comune o sul razzismo, non ne voglio parlare perché per me è un fatto superato. Vorrei mettere a confronto tutti gli universali, ciò che appartiene a tutti gli esseri umani, i tratti comuni che caratterizzano qualsiasi etnia per arrivare a una contaminazione».
L’esistenza degli universali culturali – ovvero gli elementi che condividono tutte le società umane – è spiegabile, secondo molti antropologi, con le costanti fisiologiche che caratterizzano la specie umana: l’esistenza di due sessi, la debolezza fisica dei bambini o il bisogno di cibo. Le differenze fra i corpi vengono rappresentate attraverso la spontaneità dei danzatori che raccontano la loro storia dalla spensieratezza dell’infanzia alle consapevolezze dell’età adulta, ironizzando su alcuni stereotipi del pensiero occidentale. «Osservando il corpo», prosegue La Cava, «scoprono di avere qualcosa in comune. Nella foto di scena (a destra) tutti i performer sono seduti, mostrano il palmo della mano e la pianta dei piedi e si vede come queste parti del corpo siano uguali per tutti: la pianta del piede ha lo stesso colore, così come il palmo della mano e i denti. Quello è uno degli universali che abbiamo scoperto lavorando in scena». La regia e le coreografie sono di Francesca La Cava, e interpreti Timothé Ballo, Sellou Blagone, Stefania Bucci e Antonio Taurino. La musica originale di Flavio Pescosolido parte da suoni tradizionali per evolversi in una chiave elettronica, una “non musica”che inizia dalla contrazione del respiro, atto di nascita della vita stessa. L’aiuto alla drammaturgia è affidato ad Anouscka Brodacz. Scene e costumi di Elisabetta Falqui.
La compagnia di danza aquilana, diretta da Francesca La Cava, darà vita a una performance introspettiva e contemporanea sulla bellezza della diversità, all’interno dell’evento organizzato da Acs Abruzzo Circuito Spettacolo. “Without Color” racconta l’universalità delle espressioni emozionali e l’efficacia del linguaggio del corpo. Quattro performer appartenenti a culture diverse si confrontano sulla scena, scoprono le loro differenze e manifestano il proprio stupore attraverso i meccanismi dell’improvvisazione. La partitura gestuale degli interpreti si muove alla ricerca di espressioni vitali, movimenti naturali e dialoghi che costruiscono una narrazione tra il reale, il grottesco e il trascendentale, riscoprendo gli spazi nascosti della mente.
«Si tratta di un progetto pensato e concepito in tanti anni - afferma la regista Francesca La Cava, «e nasce dal desiderio di lavorare con dei danzatori di diverse etnie, considerando il mio grande amore per l’Africa. Lo spettacolo è inserito in una trilogia sull'abitare, inteso anche come dimorare nel proprio corpo. È un approfondimento sul nostro essere e stare nel mondo che comincia proprio dall’epidermide: abitare la propria fisicità significa conoscere e approfondire quello che siamo. Non vuole essere un percorso guidato», spiega ancora La Cava, «non è un lavoro contro un luogo comune o sul razzismo, non ne voglio parlare perché per me è un fatto superato. Vorrei mettere a confronto tutti gli universali, ciò che appartiene a tutti gli esseri umani, i tratti comuni che caratterizzano qualsiasi etnia per arrivare a una contaminazione».
L’esistenza degli universali culturali – ovvero gli elementi che condividono tutte le società umane – è spiegabile, secondo molti antropologi, con le costanti fisiologiche che caratterizzano la specie umana: l’esistenza di due sessi, la debolezza fisica dei bambini o il bisogno di cibo. Le differenze fra i corpi vengono rappresentate attraverso la spontaneità dei danzatori che raccontano la loro storia dalla spensieratezza dell’infanzia alle consapevolezze dell’età adulta, ironizzando su alcuni stereotipi del pensiero occidentale. «Osservando il corpo», prosegue La Cava, «scoprono di avere qualcosa in comune. Nella foto di scena (a destra) tutti i performer sono seduti, mostrano il palmo della mano e la pianta dei piedi e si vede come queste parti del corpo siano uguali per tutti: la pianta del piede ha lo stesso colore, così come il palmo della mano e i denti. Quello è uno degli universali che abbiamo scoperto lavorando in scena». La regia e le coreografie sono di Francesca La Cava, e interpreti Timothé Ballo, Sellou Blagone, Stefania Bucci e Antonio Taurino. La musica originale di Flavio Pescosolido parte da suoni tradizionali per evolversi in una chiave elettronica, una “non musica”che inizia dalla contrazione del respiro, atto di nascita della vita stessa. L’aiuto alla drammaturgia è affidato ad Anouscka Brodacz. Scene e costumi di Elisabetta Falqui.