L’intervista a Sferrella, il giramondo attore pescarese ha scelto il Giappone
Maestro di arti marziali, volto di film Netflix e dell’Aperol: «Sono in Giappone perché amo questa terra, nonostante le enormi difficoltà e sfide, perché nessuno dei miei traguardi è stato ottenuto con semplicità. Qui posso studiare e confrontarmi con tanti maestri»
PESCARA. «Sono in Giappone perché amo questa terra, nonostante le enormi difficoltà e sfide, perché nessuno dei miei traguardi è stato ottenuto con semplicità. Qui posso studiare e confrontarmi con tanti maestri. È stato naturale a un certo punto trasferirsi. Già nel 2018 avevo provato, ma per varie vicissitudini dovetti rinunciare. Un anno e mezzo fa ho deciso di ritentare. È stato molto difficile ricostruire i contatti. Provengo da una famiglia non ricca e non era scontato riuscire ad affermarsi professionalmente dall’altra parte del mondo». Edoardo Sferrella, 36enne pescarese, attore, maestro di arti marziali, laureato alla d’Annunzio in Scienze motorie e diplomato in Counseling relazionale, ha tanti talenti. Si occupa di consapevolezza, meditazione e coscienza corporea, pratica yoga tradizionale, è stato coordinatore regionale del movimento Save Soil viaggiando tra Inghilterra, Polonia, India. Nel frattempo andava e veniva dal Giappone dove ora vive, a Tokyo, e si sta affermando nel cinema in produzioni giapponesi e italiane, con ancor più rosee prospettive grazie al recente accordo cinematografico tra Italia e Giappone in un evento nella nostra ambasciata di cui Sferrella era ospite. «Sono l’unico attore professionista italiano in Giappone, di sicuro l’unico che parla giapponese. Probabilmente l’unico straniero arrivato con un visto artistico, specifico per la recitazione» racconta al Centro Sferrella, tornato in questi giorni a Pescara per ricevere domenica scorsa il premio Endas Cultura «Finora ho lavorato in due film lungometraggi, “10 Dance”, di Netflix, e nella produzione indipendente giapponese “Become a Hero”, usciranno nel 2025. Ho recitato in una decina di corti, tra cui “Honey roasted chicken”, da alcuni mesi il secondo corto più visto in Giappone. Ho fatto pubblicità televisive da protagonista e sono diventato il volto di Aperol in uno short drama di 12 episodi, sempre da protagonista. Sono inoltre casting director del film “Citizens”, premiato a Monaco».
Com’è nata la passione per il Giappone?
«Fin da bambino sono sempre stato appassionato di fumetti e anime giapponesi, disegnavo tanto, e quando ho scoperto la passione e la cura che in Giappone mettono in queste arti è stato naturale scegliere di vivere e lavorare nel Paese del Sol Levante. Inoltre lì è antica la cultura delle arti marziali, che pratico e ho insegnato per tanti anni a Pescara. Questa esperienza e l’essere fluente in lingua giapponese hanno facilitato la mia integrazione culturale».
Difficile imparare la lingua?
«Ho messo a punto un metodo di apprendimemto linguistico che mi ha permesso di imparare il giapponese da autodidatta in modo fluente. Elaborando gli stessi principi messi a punto nella comunicazione, sono riuscito a diventare fluente in inglese e giapponese. Nelle ultime settimane tra i miei allievi di giapponese anche il presidente della Banca d’Italia in Giappone, Andrea Gerali».
Come ha iniziato la carriera di attore?
«Il mio percorso parte da Pescara tanti anni fa, con i laboratori del Teatro Sociale di Federica Vicino, poi la scuola di cinema di Paul Randall. In seguito ho fatto esperienza in giro per il mondo».
Professionalmente cosa apprezza del Giappone e cosa no?
«Mi piace molto che i giapponesi, a prescindere da tutto, le cose le fanno, hanno la verve artistica di buttarsi con passione nei progetti. In Italia si fa solo se ci sono i soldi. In Italia faccio parte del collettivo Artisti7607, fondato da attori importanti come Elio Germano, che si impegna nella tutela dei diritti degli attori professionisti, e questo in Giappone non esiste. Una volta ho girato per 26 ore di fila, tutti si aspettano che tu lo faccia, quanto ai diritti degli artisti la situazione in Italia è migliore. Inoltre in Giappone si tende a non cedere ruoli importanti agli stranieri ed è un impegno notevole farsi valere non come personaggio esotico ma come attore professionista».
E dello stile di vita cosa l’ha colpita?
«Mi piace la pace, il silenzio che c’è. Questo non significa che ci sia pace negli animi. Quando si ubriacano i giapponesi possono essere molto rumorosi. Ma in generale tutto è tranquillo».