Melozzi: «Sanremo è una faticaccia e una gioia. Su Damiano non posso dire nulla»
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L’intervista al maestro teramano che a Sanremo dirigerà i Coma_Cose, anche nella serata delle cover, e Damiano David in un’esibizione segreta, su cui non si può rivelare ancora nulla
TERAMO. Tra i bonus del FantaSanremo 2025 non poteva mancare la frase «Dirige l’orchestra il maestro Enrico Melozzi», che vale ben cinque punti. Del resto, il nostro è un habitué del gioco, esploso sui social grazie alla partecipazione attiva degli stessi cantanti. Il volto di maestro abruzzese, con l'immancabile bacchetta tra i denti – quasi fosse un arrosticino – compare anche nel video di lancio, con tanto di sigla ispirata a Occhi di Gatto, cantata nientemeno che da “sua maestà” Cristina D’Avena, con un arrangiamento in un mood decisamente più contemporaneo e travolgente a cura dello stesso Melozzi. L’edizione 2025, però, sarà tutt’altro che virtuale per il maestro, che anche quest’anno è tra i direttori designati per l’Ariston, sebbene dirigerà solo i Coma_Cose, il duo indie pop/rap made in Milano, alla terza partecipazione sul palco sanremese con la canzone Cuoricini. Lo scorso anno, non è andata malaccio con L’addio, brano che è valso alla coppia il Premio Sergio Bardotti per il miglior testo e il Premio Lunezia per il valore musical-letterario. Mercoledì, Melox dovrà occuparsi anche del superospite Damiano David, in pista con il suo progetto solista. Non ci saranno i Måneskin né le loro canzoni che nel 2021, proprio all'Ariston, hanno ottenuto un successo che li ha progressivamente proiettati in un’ottica internazionale. Con loro c’era anche il maestro teramano, che aveva realizzato una sorprendente orchestrazione per il bridge di Zitti e buoni e un arrangiamento originale – tra il rock e il tango – sulla cover di Amandoti, capolavoro dei Cccp, riproposto con Manuel Agnelli nella serata delle cover. Quest’anno, i Coma_Cose proporranno un omaggio ai Righeira con L’estate sta finendo, proprio con Johnson Righeira.
Ma, a quanto pare, parlare della serata delle cover mette ansia al maestro Melozzi. Come mai?
«Perché è sempre la serata dove avviene tutto all’ultimo momento. Bisogna mettere d’accordo artisti, manager, orchestra, ospiti. Il venerdì sera si tira tardi a suonare, ma bisogna rendersi disponibili sin dal mattino per le prove generali. Essendo serata di grandi ascolti, alla Rai sono tutti molto tesi, anche se è un prodotto che la rete ammiraglia si ritrova pronto. Fortuna è che quest’anno abbiamo trovato subito una quadra e all'Ariston faremo delle cose sorprendenti».
Mica vi metterete a cantare Un giorno all’improvviso… l'inno dei tifosi?
«No, no, faremo altro».
Che atmosfera si respira a Sanremo in questi giorni?
«Bello come sempre. Per me il carico è sicuramente più leggero rispetto agli anni scorsi. Quest’anno riesco persino a prendermi qualche momento per fare un giro. È pieno di gente e molti mi riconoscono e mi fanno i complimenti».
C’è sempre chi dice che Sanremo sia sempre uguale, una sorta di bolla. Condivide?
«Beh, il grande circo è sempre quello, ma mano a mano diventa sempre più faticoso. Tutti più stanchi, più affaticati. Certo, dopo aver vissuto l’edizione del 2021, siamo pronti a qualsiasi cosa: ogni giorno c’era da fare il tampone, pena l’impossibilità di salire sul palco. In determinati momenti, sono arrivati anche a intimarci di non uscire dalle camere d’albergo».
Eppure il 2021 è stato per lei un anno estremamente produttivo, nonostante le restrizioni.
«Sì, a un certo punto mi è scattato qualcosa in testa. In mezzo a tutto quel caos ho continuato a scrivere, a registrare, a mettere su carta le mie creazioni. Ho lavorato in tanti ambiti diversi..».
Questa in qualche modo è stata la sua forza, che le ha dato la possibilità di lavorare anche su brani rock in maniera molto incisiva. Del resto, lei ha sempre detto di aver fatto gavetta nei pub abruzzesi, per capire meglio l’essenza della musica di base.
«Ne ricordo di gruppi tosti, come i Khany Scjoti all’Aquila, per esempio. Del resto, se vuoi fare rock devi sporcarti le mani, sperimentare. Mi cringia tantissimo quando chi si è occupato esclusivamente di pop o di classica cerca all’improvviso di imitare il rock, suonando Frank Zappa senza metterci l’anima. È come quando Formigoni si metteva a fare pubblicità surreali per rilanciarsi sui social».
Va detto che già in Prokofiev e Rachmaninov c’è l’energia giusta.
«Ma anche in Mozart e Beethoven».
Tornando a Sanremo, ci sono molte prove da fare?
«Solitamente, le sessioni sono da 45 minuti ciascuna. Si parte da Roma, con la prima prova a metà gennaio. Poi si fa la seconda a Sanremo, sia per il brano inedito sia per la cover. Poi c’è una terza dove si fanno i test di regia, telecamere, luci, fonica di palco, broadcast, scenografia. Prima i cantanti avevano solo il vocal coach, adesso se la vedono con il coreografo che gli detta i movimenti scenici».
Beh, i Coma_Cose il palco lo sanno tenere.
«Sono movimenti studiati nel dettaglio, poi è vero che tra di loro c’è grande sintonia. Li ho anche avuti ospiti alla Notte dei Serpenti».
Damiano canterà Silverline, di cui lei ha firmato una splendida versione orchestrale?
«Non posso e non voglio dire niente».