Ruggeri: «Noi cantanti in Nazionale per ridare indietro un po’ di fortuna» 

Il 16 luglio la squadra del cantante incontrerà la Nazionale Politici Il match a sostegno degli ospedali San Salvatore e Bambino Gesù 

L’AQUILA. Un pubblico come quello del capoluogo, specie negli ultimi anni, è abituato a partite e iniziative di solidarietà capaci di coinvolgere un parterre di ospiti di rilievo. Eppure, la magia di una Partita del cuore vera e propria ha il sapore inedito di un'atmosfera magica. Quell’atmosfera che si respirerà martedì 16 luglio (ore 20.40) allo stadio Gran Sasso d'Italia, dove scenderanno in campo la Nazionale Cantanti e la Nazionale della Politica, per sostenere il reparto di Pediatria dell'Ospedale San Salvatore dell'Aquila e l'Ospedale Bambino Gesù di Roma. Quest'ultimo con un'iniziativa specifica a sostegno del “Progetto accoglienza” a copertura delle spese che la Fondazione Bambino Gesù sostiene per garantire alloggio e sostegno alle famiglie in stato di bisogno - provenienti da tutte le regioni italiane e da molti Paesi esteri - per le lungodegenze dei piccoli pazienti. La prevendita dei biglietti è iniziata con successo e i biglietti sono disponibili sul circuito www.vivaticket.com.
Giunta alla sua 33esima edizione, La Partita del Cuore è prodotta dall’Associazione Nazionale Cantanti e da Settimio Colangelo. Tra i cantanti, nella formazione capitanata da Enrico Ruggeri, ci saranno anche Leo Gassmann e Paolo Vallesi, Pierpaolo Petrelli, Il Tre oltre ai Bnkr44, già protagonisti di una recente Notte Bianca all’Aquila. Nomi interessanti annunciati anche dall’altro lato del campo: tra questi, il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, il ministro Francesco Lollobrigida e il sottosegretario Luigi D’Eramo.
«La Partita del Cuore non è soltanto tradizione, è soprattutto la testimonianza del nostro impegno», spiega Ruggeri, che è anche presidente della Nazionale Cantanti, «della nostra coesione, del nostro rapporto con la gente, che da quarant'anni è al nostro fianco».
Ruggeri, quarant’anni sono una cifra importante. Negli anni, è stato innegabile il legame di tanti big della musica italiana con la Nazionale. Leggenda metropolitana vuole che quando la Nazionale chiama anche gli impegni musicali passano in secondo piano.
«Va detto che per noi queste occasioni sono importanti anche perché ci permettono di “rimettere in circolo” la fortuna che abbiamo avuto nella vita. C’è ancora bisogno di passione, solidarietà, empatia. Noi siamo ancora qui, orgogliosi di essere parte di una tradizione longeva dalla storia consolidata».
Che effetto fa avere dall’altra parte una selezione di politici?
«Beh, negli anni ne sono successe di situazioni particolari. Ricordo la foto storica di Gianfranco Fini che, dopo un gol di Massimo D'Alema gli corre incontro per fare festa. Dico, ce la vedreste Marine Le Pen a esultare insieme a Macron? Il bello della Partita del Cuore è anche questo».
Calcio e politica, l’uno specchio dell'altra. Metafora reciproca. Anche pensando alla batosta agli Europei, c'è chi dice che la Nazionale di Spalletti è l'espressione delle contraddizioni del Paese. Cosa ne pensa?
«Temo sia vero, anche se c’è da tener conto delle contraddizioni del mondo del calcio, delle dinamiche delle squadre di club che aprono a tanti stranieri, chiudendo spazi e opportunità di crescita ai giocatori italiani. Giusto far giocare i vari Platini, Zidane. Ma spesso si acquistano da fuori giocatori di media caratura a discapito dei nostri giovani. D'altra parte, le pause del campionato per le competizioni internazionali sono vissute spesso con un certo fastidio, quando la Nazionale avrebbe bisogno di molte occasioni durante l’anno per rendersi competitiva».
Torna all’Aquila dopo il concerto nel 2020, in un’estate in cui suonare dal vivo era difficilissimo a causa delle restrizioni legate al Covid.
«L’ho fatto grazie al coraggio del sindaco Pierluigi Biondi: in un momento in cui tutto si fermava ebbe il coraggio di andare avanti con l'organizzazione di questo concerto. Si comportò da fuoriclasse. Sono contento di tornare all'Aquila, città simbolo di rinascita».
Forse non ha più senso parlarne, ma bisogna rendere giustizia alla sua determinazione a voler suonare dal vivo, nel rispetto delle norme di sicurezza ma senza concedere nulla alle apprensioni collettive di quel momento: un atteggiamento che tra i suoi colleghi non fu molto di moda.
«La parola che mi viene è “panico”, paura di perdere consensi prendendo posizioni talvolte scomode. Ci vuole coraggio e, come diceva Manzoni per bocca di don Abbondio, “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”».
Che estate sta vivendo?
«Un estate di concerti, di presentazioni del mio ultimo libro 40 Vite (senza fermarmi mai), estate di occasioni di incontro».
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