Pescara

Shamzy, un tiktoker a Pescara: «Lol? Lo farei subito. Sono stato a Roccaraso anni fa, prima della De Crescenzo»

8 Febbraio 2025

L’intervista ad Andrea Di Raimo, in arte Shamzy, che al teatro Circus di Pescara porta, domani 9 febbraio, il suo secondo spettacolo dal titolo “Testa di Caos”

PESCARA. Toscano e canzonatorio sono quasi sinonimi, dai tempi di Dante. Andrea Di Raimo, in arte Shamzy, classe 2000, è un toscano doc, nato a San Miniato ma che oggi vive a Cerreto Guidi ed è al suo secondo show teatrale: “Testa di Caos”, prodotto e distribuito dal Teatro Verdi di Montecatini in tutta Italia, arriva a Pescara, domenica 9 febbraio alle ore 16:30, al teatro Circus, e porta una riflessione sui tempi attuali e sul mondo dei social, sempre nello stile dissacrante e umoristico che gli ha permesso di scalare le classifiche dei tiktoker italiani.

Shamzy, è la prima volta che porta uno spettacolo in Abruzzo. È mai venuto qui prima?

«Soltanto una volta a Roccaraso, ma avevo cinque anni».

Una meta che ha visto più di un tiktoker...

«Ho seguito i servizi su Rita De Crescenzo, però dai, almeno adesso di Roccaraso parlano tutti (ride, ndr). A me però piace il mare, anzi lo adoro, ci vado anche in inverno. Infatti sono felice di venire a Pescara».

Come mai vive in campagna allora?

«Perché anche quella mi piace molto, la mia soluzione ideale è una vita in campagna che sia a qualche minuto dal mare. Qui vicino a me c’è Marina di Pisa oppure Forte dei Marmi, ma l’acqua di queste zone non è un granché».

Però dal suo paesino in Toscana non la riesce a spostare nessuno...

«Non me ne andrei mai, è dove sono nato e dove vorrei morire, un giorno. Da qui vengono anche le mie ispirazioni comiche, sono cresciuto con Ceccherini, Paci, Panariello».

Conti racconta che lui, Pieraccioni e Panariello all’inizio venivano apprezzati solo in Toscana. A Cerreto che dicono del giovane Andrea Di Raimo?

«I miei genitori all’inizio mi dicevano “André, ma che c…. fai?”. Anche nel mio paesino c’era un po’ di scetticismo, perché di base nessuno crede in te più di te stesso, non mi sono mai aspettato il supporto di altre persone».

Ma ora che è famoso…

«Si sono convertiti un po’ di scettici, ma è sempre così. Ogni tanto viene fuori qualcuno che dice di aver fatto le medie con me».

Fuori dalla Toscana chi segue?

«Sono tanti i personaggi di questo mondo che apprezzo e che rispetto: Giorgio Montanini o Eleazaro Rossi, che in questo momento è uno dei più forti, ma anche Battista o Brignano. I miei gusti spaziano molto».

Guarda un po’ di tutto, ma cosa la fa davvero ridere?

«L’inadeguatezza di chi si trova, come me, all’inizio della vita adulta e non sa come deve comportarsi. La vita quando si cresce è problematica, tutto diventa uno spunto comico: quando vai a vivere da solo, apri il conto in banca, ti rivolgi a un commercialista, oscilli sempre tra disperazione e divertimento».

Racconta questo nel suo spettacolo?

«Non solo: è uno spettacolo più critico con una comicità a volte tagliente, si parla molto della finzione che c’è dietro ai social. Rispetto al primo spettacolo, non si parla più di me».

Però il mondo finto dei social è quello a cui anche lei appartiene.

«Ci sono tanti pregi legati a quel mondo, ma anche tanti lati oscuri, tra cui quello di illudere le persone e creare delle aspettative sbagliate su di sé. Se tu scrolli tutto il giorno sui social puoi vedere atteggiamenti e contenuti tutti omologati, in cui si ripetono le stesse identiche cose e si mostra solo la parte migliore di sé e delle proprie vite».

E allora lei che cosa guarda?

«Io sono uno spettatore che cerca cose molto simili a quelle che pubblica, contenuti frivoli che mi strappino una risata, perché so che tutto il resto è finzione».

Non faccia il furbo, mi dica un guilty pleasure.

«Oh, i video dei punti neri che vengono schiacciati. Quelli sopratutto, ma anche i video dei cuochi che cucinano nei boschi in completo silenzio. C’è un russo che cucina nella tundra senza dire una parola. Quello mi rilassa».

I suoi video come prendono forma?

«Cerco di guardare il mondo che ho attorno e di attingere da lì, perché alla fine la grande comicità nasce dal racconto del quotidiano».

Non è sfiancante dover creare così tanti contenuti comici?

«La parte tecnica in un’ora e mezza la fai. Il problema è avere le idee e le battute per svilupparle. Diciamo che ho avuto momenti di burnout in cui non sapevo cosa fare, ma ho imparato a guardarmi attorno, perché se hai l’occhio giusto riesci a raccogliere tanti spunti».

I tempi del teatro invece come sono?

«Questo spettacolo lo abbiamo scritto in 7 mesi insieme ai miei due autori. C’abbiamo messo molto perché io sul lavoro sono pignolo, deve essere tutto perfetto, perché se lo spettacolo non fa ridere a me per primo, non va in scena. Il passaggio dai social non è stato traumatico. È chiaro che c’è ancora molto da fare, ma le soddisfazioni arrivano lo stesso».

E le persone ci vengono?

«Sì, facciamo numeri incredibili. Quando abbiamo iniziato, avevo paura del flop e invece è andata benissimo, le persone vengono e si divertono. Stiamo insieme un’ora e mezza e ci sono sempre venti minuti in cui improvviso con il pubblico facendo salire qualcuno sul palco».

Dopo i social e il teatro cosa c’è, la televisione?

«Qualsiasi cosa mi propongono la faccio, non sono uno che si tira indietro. In televisione non ci sono mai andato ma andrei sicuramente se mi chiamassero».

Anche Lol?

«Certo, lo farei subito».

Un film con lei protagonista come se lo immagina?

«Non penso che porterei i personaggi che faccio a teatro, non funzionerebbero. Però un film come quello recente di Angelo Duro mi piacerebbe farlo, sì».