Teramo Calcio

Malavolta e il Teramo: storia di un amore senza un lieto fine

23 Aprile 2025

A 13 anni dalla morte. Tanto spavaldo quanto generoso: dal 1997 al 2008 ha fatto la storia anche con atteggiamenti controversi

TERAMO. Sembra ieri, ma sono trascorsi 13 anni dalla morte di Romano Malavolta junior. Piaccia o non piaccia, ma è stato un personaggio del calcio abruzzese e del mondo dell’imprenditoria. È stato il presidente del Teramo che ha sfiorato la promozione in serie B, nel 2003. Personaggio in grado di alimentare simpatie e antipatie. A volte si mostrava arrogante, altre generoso. Momenti di esaltazione e di depressione. Il calcio una grande passione di una vita caratterizzata da due trapianti di cuore. Amato e odiato, suscitava sentimenti contrastanti. È morto a 42 anni, a Roma. Era il 23 aprile 2012. Presto, troppo presto. Regalava la sensazione del ricco viziato; solo chi lo ha conosciuto di persona ha potuto apprezzare i tratti di generosità e riconoscenza. Terzo di quattro figli di Aristide Romano, industriale originario di Bellante. Mario, Rita e Andrea gli altri figli. La leggenda narra che nel 1997 il papà Aristide Romano aveva facilitato l’acquisto del Teramo calcio da parte del figlio Romy da Nanni Cerulli Irelli. Un dono al figlio a cui nel 1996 il professor Viganò aveva effettuato il trapianto del cuore all’ospedale di Pavia. Salvandolo dalla morte. 

C’è un aneddoto legato alla comunicazione della disponibilità di un cuore da trapiantare. All’epoca i telefonini non erano così eleganti, maneggevoli e piccoli come se ne trovano oggi. Erano grossi. Ebbene Aristide Romano fece incorniciare quel portatile sul quale ricevette la telefonata tanto attesa per la vita del figlio e lo fece appendere sul muro nel suo ufficio. E così per soddisfare la passione calcistica Romy diventa presidente del Teramo. Ettore Donati il primo allenatore della gestione Malavolta. Sempre nel 1997 Malavolta rilevò anche Teleponte, l’emittente televisiva teramana. Romy, nel bene e nel male, non era tipo da passare inosservato. Schietto e diretto. Genuino e spavaldo. Focoso. Un ultrà dietro la scrivania. A volte egocentrico. Ma sincero a costo di passare per antipatico. Teramo si divise tra chi lo amava e chi lo detestava. Lui, a volte, andava a caccia di un nemico: non si capacitava del fatto che pur spendendo fior soldi era inviso a una parte della città. La stessa fetta di popolazione che pur apprezzando gli investimenti della famiglia Malavolta non digeriva certi atteggiamenti sopra le righe. Insomma, due rette parallele.

Romy sapeva di essere un mezzo miracolato e viveva la vita d’istinto. Era nato a Roma nel quartiere dell’Eur, nei pressi di quelle borgate della Capitale famose anche nel cinema come territori “maestri di vita” per tanti giovani. 

Sposato con Patrizia Verduci, figlia del proprietario della Verduci editore (informazione medica), papà di Edoardo e Riccardo. Un amico nel calcio, Daniele Pradé, che è stato braccio destro al Teramo e ora è alla Fiorentina. Dal 1997 al 2008 ha investito tantissimi soldi sulla squadra di calcio. Tanti lui e tanti il padre che a volte interveniva per integrare. A Teramo in quegli anni sono passati tanti giocatori che poi sono andati in serie A, a partire da Simone Pepe e Moris Carrozzieri. Lo stesso Florian Myrtaj. Ha vinto il campionato di C2 nella stagione 2001-2002. Ha portato Roberto Pruzzo e Ciccio Graziani, due bandiere dell’altra passione calcistica, vale a dire la Roma. Soldi spesi per il Teramo senza mai ottenere quella riconoscenza auspicata. Anzi spesso discusso. «Chi me l’ha fatto fare?», si chiedeva spesso, «sicuramente la passione, sì la passione, e lo rifarei ancora!».

Erano i tempi della Foodinvest, l’azienda di famiglia leader nell’alimentazione con circa 400 dipendenti. Uno stabilimento anche a Sant’Atto, a Teramo. «Per la gente di Teramo sono stato sempre il figlio di Malavolta», raccontava lisciandosi i lunghi capelli indorati da un biancore sparso. «Ho creato un’azienda per conto mio a Roma, dei supermercati importanti, e la cosa più gratificante e più bella è stata dividere gli utili con i miei». Aristide, il padre, è stato per lui una figura importante, un uomo da cui trarre insegnamenti ma spesso troppo ingombrante, sebbene lui parli di “sana competizione”, un quotidiano dimostrare qualcosa a colui che lo guarda benignamente, con una punta di paterna sopportazione. 

Aristide Romano – anche lui nel frattempo scomparso – che ha anche tentato l’avventura in politica (con il centrodestra) senza però affermarsi. C’è stato un momento in cui Romano Malavolta Junior ha vacillato: estate del 2001, dopo la finale play off persa a Chieti. Davvero è stato sul punto di mollare tutti. La moglie lo ha convinto ad andare avanti: «Hai vinto battaglie ben più dure, ti spaventa il calcio e i risultati che non arrivano?». E lui è ripartito con Zecchini in panchina, vincendo il successivo girone B di C2. A Imola l’apoteosi. In C1 la semifinale play off persa con il Martina: all’andata gol di Motta e vittoria del Teramo, al ritorno rete di Correa per il successo dei pugliesi che si qualificarono per la finale in virtù del miglior piazzamento in campionato. Poi la lenta agonia. Le condizioni di salute iniziarono lentamente a peggiorare. 

Lui fesso non era: sapeva che cosa l’aspettava. E sapeva che la sua vita era legata a un filo sottile. Sempre peggio lui e sempre peggio il Teramo. E, dopo la retrocessione in C2 della stagione 2006-2007, nel 2008, dopo una serie di vicissitudini societarie e diversi tentativi di passaggio di proprietà del club, la squadra è scomparsa dal calcio. Qualche anno e Romy morì. Esattamente 13 anni fa. Alla storia rimarrà come un presidente controverso. Ma la realtà era meglio dell’apparenza. 

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