Standing ovation per Elio Germano e il suo Berlinguer

18 Ottobre 2024

Il protagonista di “La grande ambizione”: «Mostro la fatica fisica e il suo disinteresse per l’esteriorità»

È stato accolto da 10 minuti di applausi in sala Sinopoli “Berlinguer – La grande ambizione” di Andrea Segre, con Elio Germano nei panni del leader del Pci, film d’apertura in concorso alla 19ªedizione della Festa del cinema di Roma e dal 31 ottobre in sala con Lucky Red. Per la cerimonia inaugurale (condotta da Lino Guanciale), seguita dalla proiezione, sono arrivati all'Auditorium Parco della Musica, fra gli altri, Bianca («Provo un’emozione grandissima, per la prima volta vediamo papà interpretato da un grande attore come Elio Germano, una prova che non vedo l'ora di scoprire») e Laura Berlinguer, il sindaco di Roma Roberto Gualteri , Walter Veltroni, Pier Luigi Bersani, Luca Zingaretti e Luisa Ranieri, Carlo Verdone, Anna Foglietta, Dario Franceschini, Nichi Vendola, Francesco Boccia e Nunzia Di Girolamo, Maurizio Gasparri, Ferzan Ozpetek, Giuliano Sangiorgi, Antonio Bassolino, Federico Mollicone, presidente della Commissione cultura della Camera, Valeria Marini, Achille Lauro, Manuel Agnelli.
Solo cinque anni, dalla morte di Salvador Allende (1973) a quella di Aldo Moro (1978), per raccontare filologicamente, e senza troppi retroscena, quel segretario del partito comunista più grande in Europa, quel politico amato e rispettato da tutti, anche dagli avversari quando in Italia erano ancora vitali le ideologie. Così “Berlinguer. La grande ambizione”. Ad interpretare Berlinguer un grandissimo Elio Germano, perfetto nel riportare in vita senza mai strafare il teorico del compromesso storico, il padre dell’eurocomunismo, della via democratica al socialismo.
«Ho cercato di non caratterizzarlo troppo, di restituire solo qualche dettaglio di Berlinguer. Quello su cui ho lavorato è la sua particolare prossemica, l’inadeguatezza, la fatica che mostrava il suo corpo, il peso della responsabilità verso gli altri e l’assoluta mancanza di attenzione verso l’esteriorità», dice in conferenza stampa Germano. Per l'attore nessun parallelo con i politici di oggi: «Lui si metteva al servizio degli altri, oggi siamo tutti una serie di monadi individualiste. Smettiamo di pensare che sia la gara a dare la felicità, ma che invece conti più la condivisione». E ancora Germano: «Oggi si parla sempre di leaderismo, ma siamo sicuri che la risposta sia nel leader? Berlinguer era solo un segretario, una cosa diversa. Era un uomo capace di inquietanti silenzi anche perché capace di ascoltare gli altri, una persona che si sentiva davvero responsabile delle persone che rappresentava. Quando poi c’era da decidere qualcosa», conclude «si consultavano tutte le sezioni, anche le più piccole, c’era davvero una dimensione collettiva». Dice invece il regista Segre: «Avevo in testa questa idea da tempo poi ho letto “Gli ultimi giorni di Berlinguer” di Piero Ruzzante ed era proprio quello che volevo raccontare. Quella stagione politica portata avanti da un uomo votato da un terzo degli italiani ha comunque prodotto dei risultati molto importanti. L’incontro tra Dc e Pci ad esempio ha permesso la nascita della sanità pubblica». Che ne è oggi di quelle idee di sinistra? «Una cosa è certa: oggi nel mondo c’è più chiarezza di prospettive nella destra mentre la sinistra è certamente più disorientata». Nel cast del film: Elena Radonicich (Letizia Laurenti), Paolo Pierobon (Giulio Andreotti), Roberto Citran (Aldo Moro), Andrea Pennacchi, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabresi (Ugo Pecchioli), Francesco Acquaroli (Pietro Ingrao) e Fabrizia Sacchi (Nilde Iotti). Una curiosità, l'opera di Segre, della durata di due ore, parte appunto dal 1973 quando Berlinguer sfuggì a Sofia a un attentato dei servizi bulgari. Si vedono poi le campagne elettorali vincenti del Pci, i suoi viaggi a Mosca, le copertine dei giornali fino all’assassinio nel 1978 del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Frase cult del film – una produzione Vivo film e Jolefilm con Rai Cinema, in coproduzione con Tarantula e Agitprop – quella di Antonio Gramsci che ha ispirato anche il titolo: «Di solito si vede la lotta delle piccole ambizioni, legate a singoli fini privati, contro la grande ambizione, che è indissolubile dal bene collettivo».