Cialente: 14mila pazienti si fanno curare altrove, il problema è la Marsica

29 Luglio 2014

Sindaco all’attacco sui dati della mobilità passiva relativi all’Asl provinciale

L’AQUILA. «Gran parte della credibilità del governo di centrosinistra abruzzese della giunta D’Alfonso si giocherà sulla riorganizzazione della sanità». Lo afferma in una lunga nota il sindaco Massimo Cialente, il quale motiva così la sua presa di posizione. «Non solo per la condizione di “regione canaglia”, dalla quale stiamo uscendo a grande fatica», dice, «quanto perché la questione centrale delle politiche dell’Europa, patria del welfare, si gioca sulla capacità di mantenere i servizi pubblici universalistici assicurandone efficacia ed efficienza».

«È per questo», argomenta, «che resto colpito dalle discussioni e dagli interventi che vedo susseguirsi in questi giorni sulla sanità e, in particolare, all’Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila. Addirittura, oggi, i miei colleghi sindaci del Comitato ristretto, pongono un problema sulle questioni sollevate dal Comitato stesso e focalizzate da me, lamentando una scarsa attenzione rispetto al problema di aprire o meno reparti in alcuni ospedali. È vero, al di là della battaglia che ho condotto fin dall’inizio del mio mandato per il nuovo ospedale di Sulmona, raramente ho parlato di reparti o primariati. Al contrario, ho sempre cercato di ragionare sull’organizzazione dei servizi sanitari nell’intero territorio provinciale, al fine di porre al centro dell’interesse l’assistenza al cittadino, sicura e pienamente soddisfacente. I colleghi, anche i precedenti sindaci di Sulmona e Avezzano, possono testimoniare la mia battaglia per cominciare ad avere i dati. Solo da questi ultimi, infatti, si può partire per cominciare a fotografare il quadro reale e capire le vere esigenze. Solo qualche mese fa il Comitato ristretto dei sindaci di questa Asl, forse l’unico in Abruzzo, ha potuto cominciare a ragionare sui dati della mobilità attiva e passiva per aree e per ospedali di riferimento. Abbiamo quelli ufficiosi del 2012, ancora niente dei dati del 2013, mentre è da questi che, a mio avviso, si deve ripartire».

«Spero», prosegue, «che anche l’assessore Paolucci inizi a ragionare su questi dati a livello regionale. Sono dati preoccupanti: 9mila 506 pazienti della nostra Asl si curano fuori dalla Regione Abruzzo, 4mila 455 nelle altre Asl abruzzesi. Se togliamo i 654 che vanno via per patologie legate a specialità non presenti nell’Asl locale e alcuni aquilani ancora residenti fuori territorio in seguito al sisma, vuol dire che 14mila cittadini, per un valore di 46 milioni 626mila euro non si fidano o non trovano risposta nella nostra offerta sanitaria. Questo è il problema vero». «La divisione per aree indica, proprio nella sanità marsicana, il maggior problema, pure a fronte di grandi investimenti e della grande presenza variegata e ripetuta di reparti e specialità pubblico-privati. L’attenzione va focalizzata su questo aspetto. Recuperiamo poco, infatti, in termini di mobilità attiva, solo 29 milioni di euro, e qui all’Aquila, come ospedale Hub, abbiamo un dato, a mio avviso, troppo modesto».

«Il problema, allora, non è legato a un ospedale in base alla popolazione o alle comprensibili aspettative di alcuni medici. Occorre, al contrario, analizzare tutti i dati, ospedale per ospedale, reparto per reparto, ribadendo, a meno che la Regione non cambi indirizzo, che l’organizzazione della sanità abruzzese è stata definita secondo i quattro ospedali Hub dei capoluoghi di provincia, e il resto negli ospedali Spoke».

«Andando avanti su questa strada», dice Cialente, «si deve partire dall’utenza e dalla qualità dell’assistenza per qualsiasi cittadino abruzzese. Cosa serve? Quale qualità? Perché tanta mobilità passiva? E per quali specialità? Non è difficile trovare risposte. Esistono quintali di dati sulle necessità delle alte specialità in rapporto alla popolazione, sulla massa critica di queste rispetto ai casi trattati, nonché sul rapporto tra costi e benefìci. Quando mi candidai la prima volta a sindaco si stavano raccogliendo le firme per aprire un reparto di Ematologia all’Aquila. Mi rifiutai di firmare quell’appello, e anzi affermai che in Abruzzo bastava un reparto di ematologia, quello già esistente a Pescara. Venni attaccato anche dai miei avversari politici. Spiegai però la mia posizione agli aquilani, che capirono. Uno sforzo analogo dobbiamo farlo tutti. Aggiungo, infine, che sono rimasto molto colpito dal fatto che alcuni colleghi dell’Ufficio di direzione, costituito dai capi dipartimento, mi abbiano suggerito di ignorare questi dati. Mi chiedo dunque come abbiano fatto a votare l’atto aziendale, come si sia decisa la nuova pianta organica, su quali basi si stia ragionando se assumere personale amministrativo o medico. Chiedo al mio amico Paolucci se pensa che una qualsiasi azienda, anche la più piccola a conduzione familiare, possa essere gestita a lume di naso, o per simpatie o antipatie, o per pressioni politiche, magari di campanile o lobbistiche».