Crollo del Convitto: «Grazia per Bearzi»
Iniziativa dei professori friulani che ricorreranno a Mattarella. L’ex preside deve scontare 4 anni
L’AQUILA. La scuola friulana si stringe intorno al dirigente Livio Bearzi e, rivolgendosi al presidente della Repubblica, chiede la grazia.
Dal Terzo istituto comprensivo di Udine è partita una raccolta di firme per far sì che la pena inflitta al 58enne (quattro anni di reclusione) venga del tutto o in parte condonata e che venga annullata anche l’interdizione dai pubblici uffici per il periodo di cinque anni.
Il dirigente scolastico cividalese è stato arrestato martedì al termine del processo per la morte di tre studenti avvenuta il 6 aprile 2009. Tra i tanti edifici che crollarono ci fu anche il Convitto nazionale “Domenico Cotugno” e sotto le macerie rimasero tre adolescenti: il trasaccano Luigi Cellini, 15 anni, e due ragazzi della Repubblica Ceca Ondreiy Nouzovsky, 17 e Marta Zelena, 16. Altri due rimasero gravemente feriti.
All’epoca la struttura era guidata da Livio Bearzi, successivamente accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni. Al dirigente friulano i giudici hanno contestato «negligenza» e «condotte omissive» per la «mancata adozione di provvedimenti tesi allo sgombero dell’edificio, alla messa in sicurezza o comunque alla salvaguardia dell’incolumità degli studenti».
Senza voler entrare nel merito della sentenza della Suprema Corte e nel rispetto per la tragedia dell’Aquila e per le vittime che ha causato, i docenti e il personale del Terzo istituto comprensivo hanno voluto ribadire, con una nota, la loro «profonda solidarietà umana e professionale al preside Bearzi». «Dalla nascita di questo istituto a oggi», hanno spiegato, «il dottor Bearzi non ha mai fatto pesare ad alcuno la sua vicenda personale, ma ha saputo sempre rendersi disponibile e attento alle richieste dell’utenza e degli insegnanti.
Tutti hanno potuto apprezzare il coraggio e la forza d’animo anche nei momenti più difficili e il grande rispetto che ha sempre nutrito verso le istituzioni locali e nazionali. Sotto la sua direzione l’istituto ha anche aumentato in modo considerevole il numero degli iscritti, segno dell’apprezzamento delle famiglie della città».
Bearzi, assistito dall’avvocato Paolo Enrico Guidobaldi, si è sempre difeso sostenendo che non aveva la facoltà di chiudere la scuola e di essere stato condizionato dalle affermazioni della vecchia Commissione Grandi rischi.
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