«Il convento sta crollando»
San Giuliano, l’unico frate rimasto lancia l’allarme
L’AQUILA. Assediato dal fuoco nell’agosto 2007, piegato dal terremoto del 6 aprile, ora rischia di franare sotto i colpi dell’acqua che s’infiltra nelle fondazioni. «Il convento di San Giuliano è in pericolo». L’allarme viene lanciato da padre Giovanni Mastroddi che a 86 anni è rimasto l’ultimo baluardo a difesa dell’edificio.
L’ULTIMO BALUARDO. Il terremoto, oltre ad aver messo a dura prova la resistenza dell’antico complesso che ospita i frati minori, di notevole pregio artistico, come la vicina chiesetta, ha disperso anche la piccola comunità di religiosi arroccati nel cuore della pineta di San Giuliano. Il convento è attualmente chiuso e i frati sono sparsi in mezzo Abruzzo. Alcuni dei religiosi sono stati ospitati a Tagliacozzo, altri a Tocco da Casauria. «Io», racconta padre Giovanni, «non me la sono sentita di allontanarmi da qui. Devo difendere il convento. Non dormo all’interno della struttura, s’intende, perché è stata dichiarata pericolante, ma mi sono sistemato non troppo lontano, dove posso vigilare e controllare la situazione. Devo rimanere qui perché, oltre alle crepe che sono state causate dal terremoto, c’è un rischio grosso che riguarda le fondazioni del convento».
LA VORAGINE. «Una voragine profonda e le infiltrazioni ai muri portanti sono i due pericoli principali», prosegue padre Giovanni, già parroco storico di Pettino e ora superiore del convento di San Giuliano incastonato nell’omonima pineta. «Abbiamo fatto il giro di tutti gli enti pubblici, ma nessuno si interessa del nostro problema». Nella zona, già funestata da dieci giorni di terribili incendi nell’agosto 2007, il terremoto ha causato gravissimi danni con crolli di intere abitazioni e fontanili pubblici lungo la strada. La voragine, causata dal terremoto, viene monitorata con attenzione. Tuttavia, dal 6 aprile, poco o nulla si è mosso per cercare di ripristinare le condizioni di sicurezza.
L’APPELLO. Padre Giovanni rilancia. «Hanno sistemato delle transenne, questo è vero, ma ogni tanto c’è qualcuno che passa e le toglie. C’è il serio rischio, a questo punto, che qualcuno ci vada a finire dentro. Oltre alla voragine, della quale nessuno si interessa, c’è un altro pericolo. Quando c’è stato l’incendio, due estati fa, il convento si salvò per miracolo», prosegue il superiore. «I vigili del fuoco, nell’effettuare gli interventi proprio a ridosso del convento, hanno operato una deviazione del corso delle acque che scendono dalla montagna e che adesso, anziché andare a confluire nel fosso di San Giuliano, finiscono dritte dritte sotto le fondazioni del convento. Questo provoca infiltrazioni di acqua molto pericolose che stanno erodendo piano piano anche i muri.
È questo, attualmente, il pericolo numero uno per il nostro convento. Abbiamo chiamato, in questi giorni, la prefettura, i vigili del fuoco, il Comune e la Forestale e mi sembra di assistere a uno scaricabarile totale. L’ultima cosa che mi hanno detto, ora, è che occorre un nulla osta da parte del Comune. Ma ormai da giorni vado girando inutilmente senza trovare ascolto. Per questo faccio un forte appello alle autorità affinché non lascino nell’abbandono il nostro convento, tanto caro agli aquilani». Questa situazione è motivo di sofferenza per la minuscola comunità di frati, della quale faceva parte anche padre Giacinto Marinangeli, appassionato studioso e latinista, morto lo scorso 30 settembre all’età di 91 anni e che tanto si adoperò per catalogare i libri della preziosa biblioteca del convento che ora è in pericolo.
L’ULTIMO BALUARDO. Il terremoto, oltre ad aver messo a dura prova la resistenza dell’antico complesso che ospita i frati minori, di notevole pregio artistico, come la vicina chiesetta, ha disperso anche la piccola comunità di religiosi arroccati nel cuore della pineta di San Giuliano. Il convento è attualmente chiuso e i frati sono sparsi in mezzo Abruzzo. Alcuni dei religiosi sono stati ospitati a Tagliacozzo, altri a Tocco da Casauria. «Io», racconta padre Giovanni, «non me la sono sentita di allontanarmi da qui. Devo difendere il convento. Non dormo all’interno della struttura, s’intende, perché è stata dichiarata pericolante, ma mi sono sistemato non troppo lontano, dove posso vigilare e controllare la situazione. Devo rimanere qui perché, oltre alle crepe che sono state causate dal terremoto, c’è un rischio grosso che riguarda le fondazioni del convento».
LA VORAGINE. «Una voragine profonda e le infiltrazioni ai muri portanti sono i due pericoli principali», prosegue padre Giovanni, già parroco storico di Pettino e ora superiore del convento di San Giuliano incastonato nell’omonima pineta. «Abbiamo fatto il giro di tutti gli enti pubblici, ma nessuno si interessa del nostro problema». Nella zona, già funestata da dieci giorni di terribili incendi nell’agosto 2007, il terremoto ha causato gravissimi danni con crolli di intere abitazioni e fontanili pubblici lungo la strada. La voragine, causata dal terremoto, viene monitorata con attenzione. Tuttavia, dal 6 aprile, poco o nulla si è mosso per cercare di ripristinare le condizioni di sicurezza.
L’APPELLO. Padre Giovanni rilancia. «Hanno sistemato delle transenne, questo è vero, ma ogni tanto c’è qualcuno che passa e le toglie. C’è il serio rischio, a questo punto, che qualcuno ci vada a finire dentro. Oltre alla voragine, della quale nessuno si interessa, c’è un altro pericolo. Quando c’è stato l’incendio, due estati fa, il convento si salvò per miracolo», prosegue il superiore. «I vigili del fuoco, nell’effettuare gli interventi proprio a ridosso del convento, hanno operato una deviazione del corso delle acque che scendono dalla montagna e che adesso, anziché andare a confluire nel fosso di San Giuliano, finiscono dritte dritte sotto le fondazioni del convento. Questo provoca infiltrazioni di acqua molto pericolose che stanno erodendo piano piano anche i muri.
È questo, attualmente, il pericolo numero uno per il nostro convento. Abbiamo chiamato, in questi giorni, la prefettura, i vigili del fuoco, il Comune e la Forestale e mi sembra di assistere a uno scaricabarile totale. L’ultima cosa che mi hanno detto, ora, è che occorre un nulla osta da parte del Comune. Ma ormai da giorni vado girando inutilmente senza trovare ascolto. Per questo faccio un forte appello alle autorità affinché non lascino nell’abbandono il nostro convento, tanto caro agli aquilani». Questa situazione è motivo di sofferenza per la minuscola comunità di frati, della quale faceva parte anche padre Giacinto Marinangeli, appassionato studioso e latinista, morto lo scorso 30 settembre all’età di 91 anni e che tanto si adoperò per catalogare i libri della preziosa biblioteca del convento che ora è in pericolo.