Il gip: prove false sul cemento armato
Lavori post-sisma all'Aquila, dalle carte dell'inchiesta sfociata in quattro arresti emerge che i cubetti di calcestruzzo venivano prelevati altrove. Nelle intercettazioni gli accordi tra gli imprenditori edili
L'AQUILA. «Io gli ho portato certi cubetti e gli dissi guarda io questi non so nemmeno che resistenza c'hanno. Ne ho presi due o tre alla cava, sono andato a prenderli a un cantiere qua due...gliene ho rimediati sette...non li facciamo in cantiere...». I cubetti in questione sono le prove obbligatorie sul cemento armato, campionature che devono seguire un preciso disciplinare e che vanno sottoposte a collaudo. Il costruttore Arcangeli allerta l'imprenditore Celi e si preoccupa del fatto che «c'è un problema con il cantiere». Una villetta è già venduta, sulle altre si tratta. Ma per quelle case post-sisma realizzate a Carsoli, ora sotto sequestro, a tutto si pensa tranne che alla sicurezza. Anzi, come annota il gip Giuseppe Romano Gargarella nell'ordinanza che dispone i domiciliari a carico dei fratelli Franco e Sergio Celi e degli amministratori di Magliano dei Marsi Gianfranco Iacoboni (sindaco) e Angelo Iacomini (assessore), le manovre per falsificare quelle prove previste per legge dimostrano come sia diffusa «l'attitudine a mancare di senso di legalità anche quando sul piatto ci sia la sicurezza delle persone». Insomma, il terremoto non avrebbe insegnato niente.
CUBETTI FASULLI. Uno dei punti cardine dell'inchiesta condotta dal Noe di Pescara e coordinata dal pm Antonietta Picardi attiene all'aspetto della sicurezza degli edifici post-sisma. Le realizzazioni di cemento armato sono soggette a collaudo. Esiste un disciplinare che tecnicamente prevede l'acquisizione di provini di calcestruzzo durante le operazioni di realizzazione delle stesse. Il prelievo dei provini per il controllo di accettazione va eseguito alla presenza del direttore dei lavori o di un tecnico di sua fiducia durante la «gettata». La normativa prevede tutta una serie di operazioni. Dalle intercettazioni emerge come agli indagati siano stati chiesti dei provini preconfezionati. Il gip osserva: «Arcangeli si trova in difficoltà perché i cubetti di calcestruzzo di una costruzione realizzata da una sua società non hanno superato la prova di schiacciamento. I cubetti, in realtà, non sono stati prelevati all'atto della gettata ma sono stati creati in altro modo. Si ha la fondata certezza», scrive il gip, «che si tratti di un collaudo del tutto formale e assolutamente falso». Eppure in quelle case vivono famiglie ora collocate altrove in attesa degli sviluppi.
GLI AQUILANI. Il ruolo del noto ingegnere aquilano Volfango Millimaggi nella vicenda viene evidenziato nel capo d'imputazione per falso. In concorso con Celi, Arcangeli, Romanelli e Sanzi, in relazione alla realizzazione della struttura in cemento armato dell'edificio a schiera di località Le Valli a Carsoli, gli indagati sono accusati di aver omesso «in tutto o in parte di prelevare campioni di calcestruzzo all'atto della posa in opera sulla struttura in costruzione». Millimaggi, poi, avrebbe presentato la documentazione sulla certificazione ottenuta per i cubetti rastrellati qua e là alla Provincia «con relazione a strutture ultimate firmata all'Aquila il 31 maggio 2010». L'altro indagato eccellente dell'Aquila, il noto imprenditore Armido Frezza, viene invece chiamato in causa, per abuso d'ufficio, nella sua qualità di presidente dell'Albo gestori ambientali sezione regionale Abruzzo perché «procurava intenzionalmente alla Celi calcestruzzi un ingiusto vantaggio adoperandosi per l'aumento della categoria di iscrizione all'albo dell'impresa in questione, in mancanza della documentazione obbligatoria per legge».
NIENTE SICUREZZA. Nel capitolo relativo alla «pericolosità sociale» e al «pericolo di reiterazione del reato della stessa specie» per cui il pm ha chiesto gli arresti domiciliari, il gip scrive: «Gli indagati hanno volutamente e con pervicacia violato le norme che regolavano la materia a fine di lucro e si sono mostrati totalmente noncuranti di un minimo senso di rispetto ambientale. Di tutto questo, il primo a farne le spese è stato l'ambiente e lo dimostrano le modalità di gestione della cava che i Celi hanno in concessione. La collettività, in senso più ampio, è irrimediabilmente danneggiata da quanto commesso da questi personaggi. Danno che diviene pericolo per quanto commesso dai Celi sull'argine del fiume Vera all'Aquila. La generica pericolosità sociale dei Celi è chiaramente risultante dalle tematiche più squisitamente ambientali: gli stessi diventano pericolosi in modo più diretto e circostanziato per quanto commesso in ordine alla certificazione del calcestruzzo che essi stessi vendono, come nel caso delle villette di Carsoli. Non può non sottolinearsi che i Celi producano calcestruzzo destinato a essere impiegato in territorio che tanto la storia quanto l'attualità hanno insegnato essere pericolosamente sismico. La schiera di persone coinvolte per falsificare una sola prova strutturale dimostra come sia diffusa l'attitudine a mancare di senso della legalità anche quando sul piatto ci sia la sicurezza delle persone. Dimostra, altresì», conclude il gip, «come la filiera dei controlli in materia, ivi comprese le certificazioni, non garantiscano nella maniera più assoluta circa la correttezza di chi esegue le opere edili anche all'Aquila e nella sua provincia all'indomani del sisma del 2009».
DELIBERA ILLEGITTIMA. Sulla delibera illegittima di ampliamento della cava «nonostante sia emersa la palese illegittimità, non è mai stata corretta o ritirata e ciò evidenzia la forza del legame criminoso tra gli indagati e la pervicace volontà di porre in essere il loro accordo criminoso e averne i frutti».
CUBETTI FASULLI. Uno dei punti cardine dell'inchiesta condotta dal Noe di Pescara e coordinata dal pm Antonietta Picardi attiene all'aspetto della sicurezza degli edifici post-sisma. Le realizzazioni di cemento armato sono soggette a collaudo. Esiste un disciplinare che tecnicamente prevede l'acquisizione di provini di calcestruzzo durante le operazioni di realizzazione delle stesse. Il prelievo dei provini per il controllo di accettazione va eseguito alla presenza del direttore dei lavori o di un tecnico di sua fiducia durante la «gettata». La normativa prevede tutta una serie di operazioni. Dalle intercettazioni emerge come agli indagati siano stati chiesti dei provini preconfezionati. Il gip osserva: «Arcangeli si trova in difficoltà perché i cubetti di calcestruzzo di una costruzione realizzata da una sua società non hanno superato la prova di schiacciamento. I cubetti, in realtà, non sono stati prelevati all'atto della gettata ma sono stati creati in altro modo. Si ha la fondata certezza», scrive il gip, «che si tratti di un collaudo del tutto formale e assolutamente falso». Eppure in quelle case vivono famiglie ora collocate altrove in attesa degli sviluppi.
GLI AQUILANI. Il ruolo del noto ingegnere aquilano Volfango Millimaggi nella vicenda viene evidenziato nel capo d'imputazione per falso. In concorso con Celi, Arcangeli, Romanelli e Sanzi, in relazione alla realizzazione della struttura in cemento armato dell'edificio a schiera di località Le Valli a Carsoli, gli indagati sono accusati di aver omesso «in tutto o in parte di prelevare campioni di calcestruzzo all'atto della posa in opera sulla struttura in costruzione». Millimaggi, poi, avrebbe presentato la documentazione sulla certificazione ottenuta per i cubetti rastrellati qua e là alla Provincia «con relazione a strutture ultimate firmata all'Aquila il 31 maggio 2010». L'altro indagato eccellente dell'Aquila, il noto imprenditore Armido Frezza, viene invece chiamato in causa, per abuso d'ufficio, nella sua qualità di presidente dell'Albo gestori ambientali sezione regionale Abruzzo perché «procurava intenzionalmente alla Celi calcestruzzi un ingiusto vantaggio adoperandosi per l'aumento della categoria di iscrizione all'albo dell'impresa in questione, in mancanza della documentazione obbligatoria per legge».
NIENTE SICUREZZA. Nel capitolo relativo alla «pericolosità sociale» e al «pericolo di reiterazione del reato della stessa specie» per cui il pm ha chiesto gli arresti domiciliari, il gip scrive: «Gli indagati hanno volutamente e con pervicacia violato le norme che regolavano la materia a fine di lucro e si sono mostrati totalmente noncuranti di un minimo senso di rispetto ambientale. Di tutto questo, il primo a farne le spese è stato l'ambiente e lo dimostrano le modalità di gestione della cava che i Celi hanno in concessione. La collettività, in senso più ampio, è irrimediabilmente danneggiata da quanto commesso da questi personaggi. Danno che diviene pericolo per quanto commesso dai Celi sull'argine del fiume Vera all'Aquila. La generica pericolosità sociale dei Celi è chiaramente risultante dalle tematiche più squisitamente ambientali: gli stessi diventano pericolosi in modo più diretto e circostanziato per quanto commesso in ordine alla certificazione del calcestruzzo che essi stessi vendono, come nel caso delle villette di Carsoli. Non può non sottolinearsi che i Celi producano calcestruzzo destinato a essere impiegato in territorio che tanto la storia quanto l'attualità hanno insegnato essere pericolosamente sismico. La schiera di persone coinvolte per falsificare una sola prova strutturale dimostra come sia diffusa l'attitudine a mancare di senso della legalità anche quando sul piatto ci sia la sicurezza delle persone. Dimostra, altresì», conclude il gip, «come la filiera dei controlli in materia, ivi comprese le certificazioni, non garantiscano nella maniera più assoluta circa la correttezza di chi esegue le opere edili anche all'Aquila e nella sua provincia all'indomani del sisma del 2009».
DELIBERA ILLEGITTIMA. Sulla delibera illegittima di ampliamento della cava «nonostante sia emersa la palese illegittimità, non è mai stata corretta o ritirata e ciò evidenzia la forza del legame criminoso tra gli indagati e la pervicace volontà di porre in essere il loro accordo criminoso e averne i frutti».
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