Il paese sta col prete-amante «Ridateci don Vito, è onesto»
A Poggio Picenze primo giorno senza il parroco che si è dimesso dopo la love story I fedeli: «Chi siamo noi per giudicare? Lui risponde soltanto alla sua coscienza»
POGGIO PICENZE. «Ridateci don Vito». I fedeli della parrocchia di San Felice Martire di Poggio Picenze non hanno dubbi. «Vogliamo don Vito Isacchi». Una richiesta che i parrocchiani non si sono accontentati di fare a voce, ma l’hanno messa per iscritto, consegnata al primo cittadino del Comune di Poggio Picenze, Antonello Gialloreto, con l’incarico di spedirla in Curia e farla trovare quanto prima anche oggi stesso, sul tavolo del vescovo Giuseppe Petrocchi. «La lettera? L’abbiamo fatta? La dobbiamo fare subito», era la domanda che serpeggiava ieri pomeriggio trai fedeli in attesa della messa delle 17, la prima dopo l’addio di don Vito Isacchi, che si è dimesso dagli incarichi dopo che è divenuta pubblica, attraverso il Centro, una love story con una donna sposata. Ma i fedeli sono agguerriti, e più di tutti la signora Dea che staziona davanti alla chiesa con una scopa in mano. «Noi rivogliamo don Vito, avete scritto tanto su di lui, dovete scrivere anche questo. Lo rivogliamo. Non la ritroveremo mai una persona seria come lui».
La donna fa parte del gruppo di volontari che si occupa di tenere pulita la chiesetta temporanea donata nel 2010 dai lettori del Calendario di Frate Indovino. A fine messa i fedeli si ritrovano fuori della chiesetta, e i commenti sono unanimi. «Chi siamo noi per giudicare?», oppure «Noi giudichiamo solo quello che don Vito ha fatto qui per questa comunità», o anche «dove lo troviamo uno come lui, che certifica ogni euro ricevuto con le elemosine?». La chiesa, a pochi metri di distanza, è testimone dell’attivismo di don Vito. «Lì dietro c’è la canonica, e la chiesa è in queste condizioni dal 2009, e don Vito finalmente se ne stava interessando». Un coro unanime. Una signora si prende 10 minuti per spiegare il significato della parola misericordia, e anche della parola perdono. «È solo lui e la sua coscienza che deve rendere conto all’Altissimo, non a me. Chi è senza peccato...». I fedeli raccontano anche delle ultime ore di don Vito a Poggio Picenze. «Si vedeva che era umiliato. Non ha mai detto una parola sulla sua situazione. Ieri, come di consueto, ci ha regalato una delle sue omelie, piene di riferimenti. Poi, a fine messa, ci ha chiesto di restare un minuto e ci ha detto che quella sarebbe stata la sua ultima messa con noi». Alla spicciolata, come sono arrivate, le persone tornano verso casa, nel paese ricostruito per metà, la parte nuova sì, la vecchia no.
La signora Dea ha posato la scopa, adesso è un po’ meno battagliera. E un po’ si scusa per l’irruenza iniziale. «Ma quando mi arrabbio mi arrabbio». (r.p.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA.
La donna fa parte del gruppo di volontari che si occupa di tenere pulita la chiesetta temporanea donata nel 2010 dai lettori del Calendario di Frate Indovino. A fine messa i fedeli si ritrovano fuori della chiesetta, e i commenti sono unanimi. «Chi siamo noi per giudicare?», oppure «Noi giudichiamo solo quello che don Vito ha fatto qui per questa comunità», o anche «dove lo troviamo uno come lui, che certifica ogni euro ricevuto con le elemosine?». La chiesa, a pochi metri di distanza, è testimone dell’attivismo di don Vito. «Lì dietro c’è la canonica, e la chiesa è in queste condizioni dal 2009, e don Vito finalmente se ne stava interessando». Un coro unanime. Una signora si prende 10 minuti per spiegare il significato della parola misericordia, e anche della parola perdono. «È solo lui e la sua coscienza che deve rendere conto all’Altissimo, non a me. Chi è senza peccato...». I fedeli raccontano anche delle ultime ore di don Vito a Poggio Picenze. «Si vedeva che era umiliato. Non ha mai detto una parola sulla sua situazione. Ieri, come di consueto, ci ha regalato una delle sue omelie, piene di riferimenti. Poi, a fine messa, ci ha chiesto di restare un minuto e ci ha detto che quella sarebbe stata la sua ultima messa con noi». Alla spicciolata, come sono arrivate, le persone tornano verso casa, nel paese ricostruito per metà, la parte nuova sì, la vecchia no.
La signora Dea ha posato la scopa, adesso è un po’ meno battagliera. E un po’ si scusa per l’irruenza iniziale. «Ma quando mi arrabbio mi arrabbio». (r.p.)
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