Aielli

La genialità, la fantasia e la coccia tosta degli abruzzesi

27 Gennaio 2025

Se giri per Aielli, in un qualsiasi giorno di sole, puoi trovare, ben visibili sui muri le pietre miliari che sono frutto di un lavoro lungo anni. Merito degli abitanti, che hanno messo a disposizione le mura di edifici pubblici e anche di case private. E soprattutto merito del sindaco

Prendete la storia che vi raccontiamo oggi, e proviamo insieme a capire cosa ci insegna la vicenda di Aielli, la sua parabola, il suo ambizioso progetto. Aielli non è più un paese, o una cittadina marsicana, o anche “il balcone del Fucino”, come era soprannominato un tempo questo borgo, per via del suo bellissimo affaccio sulla spianata del lago che fu. Aielli oggi è diventata molto di più: una installazione a cielo aperto, un’opera a tre dimensioni, una piccola Città-Museo. Aielli è una capitale di un nuovo tipo di Restanza, una Restanza declinata in forma d’arte. In questi mesi, infatti, abbiamo raccontato tanti diversi esempi di resistenza allo spopolamento e allo svuotamento dai paesi: quella urbanistica, quella solidale, quella abitativa, quella – la più importante – che parte dal dato demografico per difendere la natalità. La Restanza che raccontiamo in questa puntata del nostro viaggio in giro per l’Abruzzo – invece – è una storia diversa, quella di una Restanza di tipo culturale.

Ci sono tanti paesi infatti – in questa regione e in tutta Italia – che si sono specializzati nell’arte dei murales, ma ce n’è uno solo che ha trascritto sulle sue mura la versione integrale della Costituzione della nostra Repubblica, o della Divina Commedia, o di tante opere di Poesia e romanzi. Non solo: il lavoro di scrittura del testo sulle mura (a partire dal capolavoro di Ignazio Simone, Fontamara) è diventato ad Aielli un rito collettivo, immortalato in video e documentari. Quindi provate per un solo momento a immaginare quante cose stiano raccontando insieme, e contemporaneamente: un murale, che è anche un’opera collettiva, che è anche un lavoro da moderni amanuensi del terzo millennio, che è letteratura dettata da cittadini-lettori ad altri cittadini-trascrittori, che poi diventa un film, e che alla fine di un lungo viaggio trasforma un intero paese in una biblioteca a cielo aperto. E quindi lo fa diventare una meta turistica per i tanti che ogni giorno arrivano fino alla cittadina marsicana solo per contemplare i suoi famosi quaranta murales.

Se giri per Aielli, in un qualsiasi giorno di sole, puoi trovare, ben visibili sui muri le pietre miliari che sono frutto di un lavoro lungo anni. Per dire: bambini palestinesi disegnati che sono diventati la traccia persistente di un gemellaggio con Gaza, libri, testi, illustrazioni, grandi composizioni e folgoranti versi poetici. Merito degli abitanti, che hanno messo a disposizione le mura di edifici pubblici e anche di case private (in questo numero trovate una ampia documentazione fotografica). E soprattutto merito della testardaggine del sindaco Enzo Di Natale, un ex studente fuori sede, laureato in Scienze Politiche, che da laureato, abbandonando una brillante carriera accademica, ha scelto di tornare sul territorio in cui è cresciuto, si è candidato, è stato eletto, e da allora ha investito con convinzione in questa impresa titanica.

I murales costano fatica, lavoro, una enorme capacità organizzativa (immaginate i turni per la dettatura integrale del capolavoro di Silone) e hanno anche dei dispendiosi bisogni tecnici: strumenti, colori, vernici, competenze. Devono resistere a potenti fattori di deterioramento come il freddo, il caldo, la pioggia, il sole a picco e talvolta anche la neve. Il grande viaggio che il Centro sta facendo in giro per i paesi di Abruzzo non è guidato da criteri politici (abbiamo raccontato indifferentemente comuni di destra, di sinistra e di centro), non è interessato a fatturati e utilità economiche (abbiamo raccontato comuni ricchi e poveri).

È piuttosto un catalogo di idee, quello che stiamo compilando, un grande almanacco di quelli che in giro per l’Abruzzo usano il loro cervello, la loro fantasia, le proprie risorse per lasciare un segno. Ci sono sindaci (li racconteremo presto) che si trasformano addirittura in benzinai (per abbattere o calmierare i costi della mobilità), e altri che sembrano diventati galleristi. Alcuni sono trasformati in imprenditori, arredatori, e di conseguenza in committenti. Il caso di Aielli costituisce un archetipo utile, soprattutto perché è replicabile, adattabile a tante idee e a tanti format. Se alla fine del nostro viaggio altri prenderanno questi esempi per trasformarli in nuovi progetti, modellandoli sulle loro realtà, sapremo di essere stati utili a qualcosa.

Come è noto la distruzione della torre di Babele, nella cultura dell’umanità è diventato il simbolo della disgregazione, della dispersione dei saperi, e addirittura la parabola teologica sul caos che l’uomo produce quando pecca di superbia. La costruzione delle identità dei comuni, invece, sono esattamente il contrario: un processo a volte millenario, di accumulazione di saperi, di culture, di storia. Connetterle e raccontarle è esattamente ciò che possiamo fare noi, come giornale: mettere in rete le esperienze, far girare le idee, contaminare le culture e le identità. Diceva Charles Darwin: “Non sono le specie più forti che sopravvivono, né quelle più intelligenti, ma quelle che si adattano meglio al cambiamento”. Ciò che fa la differenza tra chi si estingue e chi sopravvive, dunque, al contrario di ogni pronostico, è esattamente questa capacità di adattamento: quella che gli abruzzesi, con una immagine efficace, chiamano “la coccia tosta”.