Le lacrime del fratello assassino: “Non volevo uccidere”. Autopsia: l’auto l’ha travolto almeno 5 volte

27 Marzo 2025

«Non è possibile, non volevo, è stato un raptus». Piange, non si dà pace, è confuso. Dice di non ricordare il luogo del massacro, né il martello. Solo che la vittima fosse armata. Il giorno dopo la follia comincia ad affiorare il rimorso. 

  L’AQUILA. «Non è possibile, non volevo, è stato un raptus». Piange, non si dà pace, è confuso. Dice di non ricordare il luogo del massacro, né il martello. Solo che la vittima fosse armata. Il giorno dopo la follia comincia ad affiorare il rimorso. E, insieme, i primi barlumi di consapevolezza di quello che di atroce ha commesso ai danni di suo fratello Stefano, 59 anni, 24 ore prima preso a martellate e poi travolto più volte senza pietà. Davide Lanciani, 55 anni, rinchiuso da due giorni nel carcere aquilano delle Costarelle, a Preturo, ora rischia l’ergastolo per l’omicidio volontario del fratello, aggravato dal vincolo di parentela. Sempre che non salti fuori l’ulteriore aggravante dei futili motivi, sulla quale però al momento non ci sono certezze.

IL MOVENTE

Sui motivi del fratricidio – consumato nella mattinata di martedì in via Peltuinum, e poi terminato in una strada privata sottostante dove la Polo Volkswagen guidata dall’omicida ha terminato la sua folle corsa con il corpo di Stefano Lanciani ancora appeso al paraurti – sembrano ormai non esserci dubbi. Non ne hanno quasi più gli inquirenti, coordinati dal pm Roberta D’Avolio, sempre più orientati verso una contesa di natura patrimoniale in corso da tempo tra vittima e carnefice. Di quelle già motivo di una serie di attriti tra fratelli, tutti legati all’eredità paterna. E a quell’appartamento in particolare, posto al secondo piano di una palazzina in fondo alla strada privata dove sono terminate la follia del minore, e insieme l’esistenza del maggiore.

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