Lo storico Colapietra: «Fuga dalla città decisa a tavolino»

L’AQUILA. «Queste sono quelle cose in cui c’è poco da commentare perché si descrivono da sole. Come si può commentare un cambio di casa, autorizzato, per lasciare la città? Una fortuna simile capita...
L’AQUILA. «Queste sono quelle cose in cui c’è poco da commentare perché si descrivono da sole. Come si può commentare un cambio di casa, autorizzato, per lasciare la città? Una fortuna simile capita una volta ogni trecento anni...per questo gli aquilani si sono spostati. Tutto, però, comincia dalla disposizione di Berlusconi».
Lo storico Raffaele Colapietra dal 6 aprile sostiene fermamente la tesi dello «spopolamento deciso a tavolino, disegno al quale gli aquilani hanno cooperato», commenta oggi, alla luce dei dati sulle abitazioni equivalenti.
«L’abbandono della città lo dispose Berlusconi, che incontrava le persone e diceva: “che ci fai ancora qui?”. Me lo dissero persone a me note, che aderirono all’invito del premier. Lì è cominciato tutto. Tuttavia, va rimarcato che ancora non si è fatto non soltanto un censimento, ma una qualsiasi riflessione sulla partenza immediata di decine di migliaia di persone, 35mila e più, che sono state da sei mesi a due anni lontano da casa, fuori città. Già questo, di per sé, ha rappresentato uno spopolamento e una mancanza di esistenza nella città. Questo vuoto non è stato mai riempito se non in forma occasionale e con diverse avventure personali, come quelle di cui parliamo. È un fenomeno che dal giorno stesso del terremoto esiste. Ma nessuno ne parla. Fino a quando non avremo una cronaca dettagliata di cos’è avvenuto nei primi sei mesi dopo il terremoto, al di là delle circolari della Protezione civile, delle cose dette e fatte, non avremo elementi per ricostruire l’accaduto. Il sindaco non parla, Bertolaso non ha fatto la cronaca di cos’ha fatto, Chiodi non ci fa sapere niente...in questi sei mesi quali fenomeni si sono constatati come più immediati, al di là di dare le case delle 19 new town? Delle altre 50mila persone, e di come si sono svolte le cose non abbiamo una cronaca, un riscontro. Eppure quelli furono mesi decisivi».
Per lo storico si tratta di un vero e proprio «buco nero completo, mantenuto da tutti nei sei mesi dopo il terremoto, sia dai sofferenti sia dagli agenti. Eppure esistono duecento e più pubblicazioni sul terremoto, nelle quali tutti raccontano il loro turbamento al momento dell’evento. Ma nessuno dice cos’ha fatto nei mesi e negli anni successivi». (e.n.)
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