Madonna che scappa, velo giù
Corsa beneaugurante senza fuochi d’artificio e processione finale
SULMONA. Una corsa senza fuochi d’artificio, ma senza imprevisti: come da tradizione il mantello nero della Madonna è caduto a metà percorso, accompagnato dal volo beneaugurante delle colombe bianche. Una corsa verso il Cristo Risorto per sostenere la rinascita delle popolazioni colpite dal sisma. Si è conclusa senza incidenti la corsa della Madonna che scappa, la manifestazione che da secoli caratterizza la Pasqua di sulmonesi e abruzzesi. Una corsa diversa, che ha rischiato di saltare per motivi di ordine pubblico, legati alla possibilità che eventuali scosse potessero creare situazioni di panico.
E proprio per questo motivo, alla fine, la Madonna che scappa in piazza è risultata ancora più bella e palpitante, sicuramente la più sentita degli ultimi anni.
«Non abbiamo voluto annullare la manifestazione in segno di continuità con la storia, ma anche per dare un segnale deciso di rinascita e di continuità alle popolazioni terremotate», ha detto il sindaco di Sulmona Fabio Federico, visibilmente emozionato alla fine della manifestazione. «Una corsa impeccabile verso il Cristo risorto che deve essere per tutti noi un auspicio di speranza in un momento in cui abbiamo solo bisogno di credere in quello che stiamo facendo, e in quello che ci apprestiamo a realizzare per far fronte a un’emergenza terribile e devastante».
Stessi simboli e stessi simulacri che hanno fatto la storia di questa manifestazione, forse la più sentita di tutte le rievocazioni della Settimana Santa. Ma inseriti, questa volta, in un contesto sicuramente diverso, carico di tensione e di paura, eredità di notti passate all’addiaccio per sfuggire alla furia devastante del terremoto.
Le immagini terribili che in questi giorni sono passate davanti agli occhi di tutti i sulmonesi hanno segnato duramente anche la tenacia dei confratelli trinitari di Santa Maria di Loreto, che si sono trovati ad affrontare il momento più delicato della vita del loro sodalizio.
Non far correre la Madonna significava interrompere una tradizione che andava avanti da secoli: secondo alcuni archivi storici dal 1500. Una responsabilità troppo grande per le pur larghe spalle del priore Claudio Pantaleo e di quelle del segretario Luigi Rapone.
Nei giorni scorsi il telefono della sede lauretana di Vico del Tempio ha squillato ininterrottamente. Momenti estremamente concitati, trascorsi tra l’iniziale delusione provocata dalla notizia del probabile annullamento della manifestazione.
E la gioia irrefrenabile dei confratelli lauretani arrivata con il via libera dato dalla questura, anche se a precise condizioni che avrebbero dovuto ridurre al minimo le situazioni di pericolo.
Così il cerimoniale è stato leggermente variato: niente assembramenti attorno alla chiesa e sui balconi dei palazzi che si affacciano su piazza Garibaldi.
Niente cambio di statua nella chiesa di Santa Chiara e niente processione al termine della corsa.
Così la Madonna, dopo essere uscita dalla chiesa di San Filippo Neri, si è avviata lentamente verso il centro di piazza Garibaldi. Quindi la Vergine vestita di nero è andata avanti con il suo lento incedere, fino all’altezza del fontanone dove il manto nero è caduto giù, facendo volare via dodici colombe e liberando il vestito verde simbolo della Resurrezione e della Confraternita lauretana.
Una corsa impeccabile, senza esitazioni, fino ad arrivare al Cristo Risorto, in attesa sotto gli archi dell’acquedotto medievale.
Senza l’esplosione dei mortaretti, ma con un abbraccio liberatorio da parte di tutti i confratelli alcuni dei quali, in lacrime, hanno ricordato amici, conoscenti e familiari che hanno sofferto e soffrono a causa del terremoto.
E proprio per questo motivo, alla fine, la Madonna che scappa in piazza è risultata ancora più bella e palpitante, sicuramente la più sentita degli ultimi anni.
«Non abbiamo voluto annullare la manifestazione in segno di continuità con la storia, ma anche per dare un segnale deciso di rinascita e di continuità alle popolazioni terremotate», ha detto il sindaco di Sulmona Fabio Federico, visibilmente emozionato alla fine della manifestazione. «Una corsa impeccabile verso il Cristo risorto che deve essere per tutti noi un auspicio di speranza in un momento in cui abbiamo solo bisogno di credere in quello che stiamo facendo, e in quello che ci apprestiamo a realizzare per far fronte a un’emergenza terribile e devastante».
Stessi simboli e stessi simulacri che hanno fatto la storia di questa manifestazione, forse la più sentita di tutte le rievocazioni della Settimana Santa. Ma inseriti, questa volta, in un contesto sicuramente diverso, carico di tensione e di paura, eredità di notti passate all’addiaccio per sfuggire alla furia devastante del terremoto.
Le immagini terribili che in questi giorni sono passate davanti agli occhi di tutti i sulmonesi hanno segnato duramente anche la tenacia dei confratelli trinitari di Santa Maria di Loreto, che si sono trovati ad affrontare il momento più delicato della vita del loro sodalizio.
Non far correre la Madonna significava interrompere una tradizione che andava avanti da secoli: secondo alcuni archivi storici dal 1500. Una responsabilità troppo grande per le pur larghe spalle del priore Claudio Pantaleo e di quelle del segretario Luigi Rapone.
Nei giorni scorsi il telefono della sede lauretana di Vico del Tempio ha squillato ininterrottamente. Momenti estremamente concitati, trascorsi tra l’iniziale delusione provocata dalla notizia del probabile annullamento della manifestazione.
E la gioia irrefrenabile dei confratelli lauretani arrivata con il via libera dato dalla questura, anche se a precise condizioni che avrebbero dovuto ridurre al minimo le situazioni di pericolo.
Così il cerimoniale è stato leggermente variato: niente assembramenti attorno alla chiesa e sui balconi dei palazzi che si affacciano su piazza Garibaldi.
Niente cambio di statua nella chiesa di Santa Chiara e niente processione al termine della corsa.
Così la Madonna, dopo essere uscita dalla chiesa di San Filippo Neri, si è avviata lentamente verso il centro di piazza Garibaldi. Quindi la Vergine vestita di nero è andata avanti con il suo lento incedere, fino all’altezza del fontanone dove il manto nero è caduto giù, facendo volare via dodici colombe e liberando il vestito verde simbolo della Resurrezione e della Confraternita lauretana.
Una corsa impeccabile, senza esitazioni, fino ad arrivare al Cristo Risorto, in attesa sotto gli archi dell’acquedotto medievale.
Senza l’esplosione dei mortaretti, ma con un abbraccio liberatorio da parte di tutti i confratelli alcuni dei quali, in lacrime, hanno ricordato amici, conoscenti e familiari che hanno sofferto e soffrono a causa del terremoto.