«Possiamo aspettarci altre scosse»
Il presidente Boschi (Ingv): dureranno mesi, accettiamole senza paure.
L’AQUILA. «Il sistema di faglie attivato dalla principale scossa del 6 aprile sta causando modifiche nell’Appennino centrale. Tutto rientra nel quadro di evoluzione della sequenza sismica. Bisogna cominciare ad accettare la situazione, senza panico». Lo ripete Enzo Boschi. «Sono passati due mesi, un tempo impercettibile dal punto di vista geologico», riprende il presidente dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia, «ci si poteva aspettare una scossa come quella avvenuta poco prima delle 23 di ieri (lunedì per chi legge, ndr) e forse se ne verificheranno altre, anche di magnitudo fra 4 e 5.
Anche l’evento nel distretto sismico del Gran Sasso rientra nel quadro della sequenza generata dopo il 6 aprile. Bisogna però tenere presente che in quest’ultima circostanza l’energia liberata è stata 40, 50 volte minore. Il 6 aprile, la faglia principale, lunga una quindicina di chilometri, ha attivato un sistema di faglie, intese come superfici di fratture, che può essere più o meno grande e che può generare disequilibri e rotture. I grandi movimenti tettonici che coinvolgono il Mediterraneo portano a cambiamenti lungo la catena appenninica ogni qual volta si verifica una scossa». In base agli ultimi dati dell’Ingv, dal 6 aprile si sono verificati quasi 32mila terremoti.
«Ma appena 1.800 avvertiti dalla popolazione», precisa Boschi, «solo nel distretto sismico del Gran Sasso c’è stato un centinaio di repliche nelle ultime ore. Anche questo è normale. L’andamento complessivo degli eventi sismici, però, continua a diminuire. Fermo restando che un giorno può essere diverso dall’altro». Il presidente Boschi fa un invito alla popolazione abruzzese. «Sappiamo per esperienza che c’è una forma di scoramento quando i terremoti si ripetono per molte settimane», dichiara, «è stato così in Umbria e nelle Marche. Anche in Abruzzo bisogna cominciare ad accettare questa situazione che con ogni probabilità andrà avanti nei prossimi tre, quattro mesi. La paura è comprensibile ed è anche normale che adesso ci sia una certa ipersensibilità ai terremoti.
Alla popolazione dico di stare tranquilla: gli edifici che hanno resistito alla scossa del 6 aprile, che ha avuto una accelerazione al suolo fortissima, sono stati visionati da tecnici esperti e quindi, se dichiarati agibili, sono collaudati al terremoto. Adesso occorre soprattutto fare prevenzione. Perché sappiamo che nell’Appennino, statisticamente, si verificano scosse di una certa importanza ogni cinque, sei anni». Per Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv «si sta assistendo a un nuovo, piccolo aumento di attività nell’ambito di una sequenza sismica attiva. Ci vorranno mesi perché la zona dell’Aquilano torni a un livello di sismicità normale».
Anche l’evento nel distretto sismico del Gran Sasso rientra nel quadro della sequenza generata dopo il 6 aprile. Bisogna però tenere presente che in quest’ultima circostanza l’energia liberata è stata 40, 50 volte minore. Il 6 aprile, la faglia principale, lunga una quindicina di chilometri, ha attivato un sistema di faglie, intese come superfici di fratture, che può essere più o meno grande e che può generare disequilibri e rotture. I grandi movimenti tettonici che coinvolgono il Mediterraneo portano a cambiamenti lungo la catena appenninica ogni qual volta si verifica una scossa». In base agli ultimi dati dell’Ingv, dal 6 aprile si sono verificati quasi 32mila terremoti.
«Ma appena 1.800 avvertiti dalla popolazione», precisa Boschi, «solo nel distretto sismico del Gran Sasso c’è stato un centinaio di repliche nelle ultime ore. Anche questo è normale. L’andamento complessivo degli eventi sismici, però, continua a diminuire. Fermo restando che un giorno può essere diverso dall’altro». Il presidente Boschi fa un invito alla popolazione abruzzese. «Sappiamo per esperienza che c’è una forma di scoramento quando i terremoti si ripetono per molte settimane», dichiara, «è stato così in Umbria e nelle Marche. Anche in Abruzzo bisogna cominciare ad accettare questa situazione che con ogni probabilità andrà avanti nei prossimi tre, quattro mesi. La paura è comprensibile ed è anche normale che adesso ci sia una certa ipersensibilità ai terremoti.
Alla popolazione dico di stare tranquilla: gli edifici che hanno resistito alla scossa del 6 aprile, che ha avuto una accelerazione al suolo fortissima, sono stati visionati da tecnici esperti e quindi, se dichiarati agibili, sono collaudati al terremoto. Adesso occorre soprattutto fare prevenzione. Perché sappiamo che nell’Appennino, statisticamente, si verificano scosse di una certa importanza ogni cinque, sei anni». Per Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv «si sta assistendo a un nuovo, piccolo aumento di attività nell’ambito di una sequenza sismica attiva. Ci vorranno mesi perché la zona dell’Aquilano torni a un livello di sismicità normale».