«Raccomandazione lecita, Verdini agì come un politico»
Appalti terremoto, depositate le motivazioni dei giudici di Cassazione che hanno scagionato il leader Pdl e Fusi
L’AQUILA. Le condotte «volte a raccomandare il consorzio di imprese per i lavori della ricostruzione post-sismica sono state ritenute esulanti dal ruolo istituzionale di parlamentare ricoperto da Verdini, risultando esse, evidentemente, tenute in forza del ruolo politico rivestito dallo stesso deputato, all’epoca esponente apicale del partito di maggioranza». Lo scrivono i giudici della Cassazione, spiegando perché, il 9 gennaio scorso, hanno dichiarato inammissibile il ricorso della Procura aquilana e confermato il non luogo a procedere «perché il fatto non sussiste» per l’accusa di tentato abuso d’ufficio per Denis Verdini e l’imprenditore Riccardo Fusi. Secondo l’accusa, il deputato Pdl aveva posto «intenzionalmente in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale a sé e al costruttore Fusi, presidente e socio di riferimento della Btp spa, omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio e favorendolo nelle attività all’Aquila del Consorzio Federico II per l’aggiudicazione degli appalti post-sisma». Tra le condotte contestate a Verdini, quella di «aver accompagnato» Fusi a Palazzo Chigi dall’allora sottosegretario Gianni Letta «per raccomandargli la possibilità di lavorare», aver «acquisito l’interessamento del presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi per ogni difficoltà e in previsione della fase successiva a quella dell’emergenza, che sarebbe stata gestita dalla Regione, mettendo quest’ultimo in contatto con Fusi» ed essersi «interessato a che il carteggio relativo al Consorzio fosse trasmesso, attraverso Letta, all’allora capo Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso». Più in particolare i giudici hanno rilevato che le funzioni di parlamentare «si esplicano tramite gli atti di funzione che sono soltanto quelli relativi all’esercizio delle funzioni proprie di membro del Parlamento, vale a dire gli atti tipici del mandato parlamentare (presentazione di disegni di legge, interpellanze ed interrogazioni, relazioni, dichiarazioni), compiuti nei vari organi parlamentari con l’esclusione di quelle attività che, pur latamente connesse con l’esercizio di tali funzioni, ne sono tuttavia estranee, quale l’attività politica extraparlamentare esplicata all’interno dei partiti». Ne consegue, si legge ancora nella sentenza, «che non possono farsi rientrare nell’attività di parlamentare tutte quelle condotte che non possono vantare alcun collegamento funzionale con l’attività parlamentare, se non meramente soggettivo in quanto poste in essere da persona fisica che è anche membro del Parlamento». Dunque, «disconoscendosi nelle vicende in esame l’esercizio dell’attività propria del pubblico ufficiale», rileva la Cassazione, «viene anche meno l’esistenza in capo a Verdini dell’obbligo di astensione e la sua violazione in ragione delle cointeressenze private con Fusi». L’inchiesta fu condotta dal pm Olga Capasso e dal compianto Alfredo Rossini.
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