Tuccia, deposizioni discordanti atti al pm per falsa testimonianza
Violenza sessuale, due amici dell’imputato ritrattano mentre un terzo giovane conferma la versione In ballo la chiamata in causa di un’altra persona che quella notte era nella discoteca di Pizzoli
L’AQUILA. Ascoltati al processo come testimoni dell’accusa i tre ragazzi che si trovavano con l’ex militare Francesco Tuccia nella discoteca «Guernica» di Pizzoli la notte della violenza sessuale di febbraio. Al termine, il pubblico ministero, David Mancini, ha trasmesso gli atti alla Procura affinché valuti la sussistenza o meno del reato di falsa testimonianza o di calunnia. In aula, infatti, due dei giovani non hanno confermato quanto deposero subito dopo il fatto; essi affermarono che, mentre era semincosciente, la studentessa vittima della violenza pronunciò il nome di un addetto della discoteca. Il che vuol dire poco, visto che nessuno assicura che volesse chiamare in causa un possibile violentatore, fermo restando che lo stesso Tuccia si è preso tutte le responsabilità, sia pure con alcuni significativi distinguo.
Il fatto è stato invece confermato dal terzo giovane che quella notte era in compagnia di Tuccia. L’addetto della discoteca chiamato in causa sarà sentito nella prossima udienza, fissata per il 10 gennaio 2013. Sempre ieri sono state depositate alcune intercettazioni telefoniche e ambientali disposte subito dopo il fatto. Intercettazioni che possono dare una mano a chiarire la vicenda. E forse l’arresto di Tuccia venne posticipato di qualche giorno sperando che si tradisse con qualche telefonata.
Sempre ieri si è avuta la spiegazione del perché la ragazza laziale non ricordi nulla di quanto accaduto. E questo, secondo un perito, non può essere solo la conseguenza dell’alcol da lei sicuramente ingerito ma è verosimile che qualcuno le abbia fatto prendere una specifica sostanza che cancella la memoria ma che non è più rintracciabile nel sangue già dopo un lasso di tempo assai breve.
Sono stati ascoltati anche alcuni addetti della discoteca. Uno di questi, Giuseppe Galli, è stato colui che ha bloccato l’imputato e che per primo ha soccorso la studentessa universitaria. «Ho riferito tutto quello che è successo quella notte», ha detto, «da quando abbiamo trovato la ragazza e l’abbiamo soccorsa, portata al riparo, chiamato il 118 e i carabinieri dopo avere fermato l’accusato». In sostanza è stato confermato da tutti i testimoni dell’accusa quanto già presente negli atti dei militari.
Un altro addetto alla sicurezza ha affermato di avere notato la camicia bianca di Tuccia che era stata sistemata alla meglio e di averla strattonata facendo emergere macchie di sangue solo parzialmente cancellate. Anche ieri, prima e durante l’udienza a porte chiuse (senza imputato e vittima) davanti all’aula c’è stato un presidio di solidarietà di associazioni femministe tra cui il comitato «Donne terreMutate».
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