Amici, conoscenti e curiosi la sera del ritrovamento del cadavere vicino al cimitero di San Silvestro

PESCARA

Alessandro ucciso per un affare di droga 

Il giovane si sarebbe fatto garante del pagamento di una compravendita. E una donna potrebbe incastrare l’assassino

PESCARA. C’è il movente. A otto mesi dall’omicidio di Alessandro Neri, il 28enne di Villa Raspa ucciso il 5 marzo con due colpi di pistola e ritrovato tre giorni dopo sul greto del torrente Vallelunga, gli investigatori hanno ricostruito perché è stato ucciso il giovane: per il mancato pagamento, di cui Neri si sarebbe fatto garante, di una partita di “fumo”.

Alessandro Neri, la vittima, ucciso il 5 marzo scorso. Aveva 28 anni

Una compravendita che il giovane avrebbe seguito per conto di altri, esponendosi in prima persona per il pagamento; facendosi garante, appunto, di un saldo che però non è arrivato. Sarebbe questa la causa della lite sfociata nell’omicidio. Non un agguato dunque, non un delitto premeditato o una vendetta per questioni passionali o legate alla gelosia per una donna della quale, anche, si era parlato inizialmente. Ma soldi, soldi di cui qualcuno, più di una persona, quel lunedì pomeriggio di marzo gli deve aver chiesto conto a brutto muso. Un ennesimo sollecito, forse, a cui i creditori si sono presentati armati, per mettergli paura, per incalzarlo all’appuntamento in cui Neri era andato sicuro di poter prendere ancora tempo.
Invece si è trovato davanti la pistola e forse, stando a come l’ha descritto chi l’ha conosciuto bene, piuttosto che mostrarsi intimorito ha reagito, ha alzato la voce e da lì potrebbe essere nata la colluttazione sfociata nel primo colpo di pistola. Quello che l’ha colpito al fianco e che a quel punto ha indotto i suoi aggressori a “finirlo” con il secondo colpo alla testa, esploso dopo avergli calato sulla fronte il cappuccio della felpa. È da questo importante tassello che i carabinieri del Nucleo investigativo diretti dal maggiore Massimiliano Di Pietro hanno preso la rincorsa dopo mesi di indagini complesse rese ancor più complicate da una serie di circostanze.

Alessandro Di Pietro, maggiore dei carabinieri

Dal tempo perso inizialmente, con gli investigatori del Nucleo investigativo chiamati a subentrare solo il 10 marzo, con la scena del crimine già in qualche modo inquinata, alla confusione creata dalla convivenza indotta di amici e conoscenti di Neri che per giorni, su invito della madre di Alessandro, si sono dati appuntamento a casa del giovane ucciso, scambiando ricordi, aneddoti e testimonianze che di fatto hanno uniformato i dettagli che avrebbero potuto avere una rilevanza ben diversa ai fini investigativi; fino al tempo perso dietro alla pista della vendetta familiare che ha spostato l’attenzione degli investigatori sui rapporti della madre di Ale, Laura Lamaletto, con la sua famiglia di origine. Tanti ostacoli che, insieme all’assoluta mancanza di collaborazione da parte di chicchessia, hanno finito per rallentare il lavoro degli inquirenti. Che adesso, però, sembrano aver ripreso le fila della questione.

Il pm Luca Sciarretta

Un risultato ottenuto sotto la guida del nuovo sostituto procuratore Luca Sciarretta, il magistrato pescarese approdato a fine estate dalla Procura di Teramo e che ha ereditato il caso Neri dalla collega Valentina D’Agostino, passata a sua volta alla Procura di Ancona come procuratore aggiunto. Un risultato da considerare importante perché, al movente è legato l’ambito in cui è maturato l’omicidio. L’ambiente della criminalità locale con cui Neri aveva rapporti assidui, diretti e indiretti.
Abituato a fare affari di ogni tipo, dalle compravendite all’asta al commercio di automobili, Neri sapeva fare affari e sapeva trattare, con tutti. Una peculiarità che, unita al buon momento economico del 28enne, qualcuno della criminalità locale con il quale il giovane aveva rapporti diretti, deve aver sfruttato per la compravendita di quella maledetta partita di droga costata la vita al 28enne.
Per questo adesso la strada per arrivare ai suoi assassini, passa obbligatoriamente per quella che porta ai presunti amici, o soci di Neri, che lo avrebbero incaricato del “favore” quasi certamente in cambio di un compenso, di una percentuale che gli è costata la vita. È nelle ultime frequentazioni di Alessandro, detto Nerino, la chiave del giallo. Altri nomi individuati nella matassa di rapporti intessuta dal giovane e su cui, come è stato già fatto su una trentina di persone, gli investigatori stanno procedendo all’analisi dei rispettivi Dna.
Finora, l’unico Dna ritenuto valido è quello femminile isolato sugli slip di Alessandro Neri. Un elemento che aveva fatto ipotizzare la presenza di una donna sulla scena del crimine. Una presenza però che, dopo mesi di indagini a 360 gradi, non è più così scontata. Quel Dna potrebbe risalire a un tempo precedente rispetto all’omicidio di quel tardo lunedì pomeriggio di marzo. Ma ai fini investigativi non è meno importante: quel Dna è sicuramente la prova di un rapporto privilegiato che Alessandro Neri ha avuto con una donna nelle ore precedenti alla sua fine. Una donna che però, dopo tutti questi mesi, non si è mai fatta avanti e che invece potrebbe dare la dritta giusta per consentire agli investigatori di chiudere il cerchio. È lei che aspettano, anche in forma riservata.
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