Bar dell’ospedale, la Asl sfratta i gestori
Penne, il locale dovrà chiudere a fine mese ma pende un ricorso in Cassazione
PENNE. Dopo 34 anni di onorato servizio chiude i battenti il bar dell'ospedale di Penne. La Asl di Pescara, proprietaria dei locali, dopo una battaglia giudiziaria durata oltre 10 anni, ha ottenuto lo sfratto esecutivo degli storici gestori. Il 29 ottobre, Annunziata Di Loreto, la titolare che tutti conoscono come Nunziatina e suo figlio Dino, serviranno gli ultimi caffè per i loro clienti.
La vicenda risale appunto a oltre dieci anni fa, quando la Asl, mise nero su bianco che intendeva riprendersi il locale. I gestori, che con l'azienda sanitaria hanno sempre avuto un duplice contratto, uno di locazione e uno di gestione, regolamentato da un capitolato in cui sono specificate le diverse clausole, si sono difesi e dopo un decennio, tra udienze e rinvii, intervallati dal cambio di magistrati, la lite è andata a sentenza. Nel verdetto, emesso dal tribunale pennese lo scorso anno a dicembre, che porta la firma del giudice Chiara Serafini, il colpo di scena: i locali non sono della Asl, bensì del Comune di Penne. La sentenza chiama in causa la complicata normativa che riguarda i rapporti patrimoniali fra le Asl e gli enti locali, la stessa che è parte sostanziale del ventennale contenzioso che vede contrapposti da una parte un privato e dall'altro il Comune per quel famoso terreno espropriato dove oggi sorge l'abbandonato ospedale del Carmine. L'azienda sanitaria, diretta da Claudio D'Amario, è ricorsa in appello contro la sentenza di primo grado che attribuiva la proprietà del bar al Comune e ha vinto ribaltando la situazione e riservandosi di nuovo il diritto di decidere dell’utilizzo di quella piccola porzione della palazzina che oggi ospita oltre al bar gli uffici amministrativi.
La sentenza impone dunque che i gestori svuotino il locale entro il 29 ottobre, come notificato dall'ufficiale giudiziario e dagli avvocati della Asl direttamente alla signora Nunziatina. Ma non è detta l'ultima parola: i titolari dell'esercizio commerciale a loro volta sono ricorsi in Cassazione, dove la causa è tuttora pendente. Le conseguenze negative di questa vicenda saranno molteplici, a cominciare dall'interruzione di un servizio indispensabile, oltre che per pazienti e visitatori, per il personale del presidio ospedaliero che, non potendo allontanarsi dal posto di lavoro, per mangiare qualcosa o bere un caffè, dovranno affidarsi alle macchinette distributrici di bevande e merendine. Disagi non di secondo piano anche per i donatori di sangue di tutta l'area vestina, oltre un migliaio, che affluiscono giornalmente al centro trasfusionale dell'ospedale San Massimo, i quali, per effetto della convenzione tra Avis e bar, usufruivano di una consumazione gratuita dopo la donazione.
Claudia Ficcaglia
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