«Ecoemme da sciogliere» Di Mattia va in tribunale
La società dei rifiuti finita sotto inchiesta, ieri il primo cda con il sindaco Idv Slitta la nomina del nuovo presidente: Mancioppi resta al comando
MONTESILVANO. Ieri, al suo primo cda dell’Ecoemme, il sindaco Idv Attilio Di Mattia si è presentato con una domanda: ma siete proprio sicuri, così ha chiesto il sindaco all’amministratore delegato della società Carlo Cappelluti e a un rappresentante della Deco spa dei fratelli Di Zio, che l’Ecoemme non debba essere «sciolta»? Una domanda – basata su 2 sentenze, una del Tar di Pescara e l’altra del Consiglio di Stato – che ha gelato il cda. Di Mattia, quindi, ha fatto il suo annuncio: porterà il caso dell’Ecoemme davanti al tribunale e sarà un altro giudice a dire se l’Ecoemme è cessata il 31 dicembre 2006, come sostiene anche la procura di Pescara oltre ai 2 gradi della giustizia amministrativa, o è ancora operativa. La domanda del sindaco ha fatto passare in secondo piano le nomine del nuovo presidente, che avrebbe dovuto prendere il posto di Franco Mancioppi, e del cda: tutto rinviato.
Il quesito di Di Mattia non nasce dal niente: l’ex sindaco Pasquale Cordoma è finito sotto inchiesta proprio per il caso rifiuti: l’altro ieri l’udienza preliminare è saltata per l’assenza dell’avvocato Giuliano Milia che si è avvalso del legittimo impedimento per un infortunio. Sotto la lente della procura, le proroghe concesse all’Ecoemme, società composta da Comune, Deco e Comunità montana Vestina. Così Di Mattia ha citato le 2 sentenze: l’ultima, del massimo organo giurisdizionale, ha stabilito che l’Ecoemme è nata in «trasgressione dei fondamentali principi comunitari di trasparenza», stesso assioma della procura, limitando l’accesso a 3 ditte, compresa la Deco, e, per questo, risulta cessata dal 2006. Le conseguenze sono 2: la gara d’appalto del Comune per i rifiuti - già assegnata all’Ecologica Sangro, un’altra società legata ai Di Zio - è valida; l’Ecoemme, già soccombente al Tar di Pescara, dovrà sborsare 10 mila euro perché condannata al pagamento delle spese legali. Per il Consiglio di Stato, la società dei rifiuti è nata senza gara d’appalto: «Il difetto di pubblicità», scrivono i giudici, «che connota tale modus agendi e la previsione di restrizioni discriminatorie si traducono nella trasgressione dei fondamentali principi comunitari di trasparenza, non discriminazione, mutuo riconoscimento e parità di trattamento, principi che devono informare anche lo svolgimento di procedure competitive non assoggettate a vincoli legislativi puntuali». È in forza di questo passaggio che, per il Consiglio di Stato, l’Ecoemme è decaduta e non può restare in vita fino al 2024, come hanno sostenuto nei ricorsi Ecoemme e Deco. ©RIPRODUZIONE RISERVATA