Il sindaco: «Non mando la fascia a Roma»
PESCARA. «Come sindaco riscriverei quella lettera altre mille volte, perché io la mia fascia non la rispedisco a Roma al presidente Napolitano, ma la difenderò sempre». Parola del sindaco Luigi...
PESCARA. «Come sindaco riscriverei quella lettera altre mille volte, perché io la mia fascia non la rispedisco a Roma al presidente Napolitano, ma la difenderò sempre». Parola del sindaco Luigi Albore Mascia. Il giorno dopo la bagarre in consiglio comunale, che ha visto il capogruppo dell’opposizione Moreno Di Pietrantonio alzarsi in piedi e intonare in aula Bella ciao, canzone contestata agli alunni della scuola elementare di Colle Pineta, il primo cittadino risponde impettito anche alle accuse sollevate dall’Anpi e alla richiesta di dimissioni.
«Non mi appassiona la polemica con un'associazione cittadina che, lo scorso 25 aprile, ha promosso una manifestazione all'interno di una scuola del territorio, che fa capo al Comune, suscitando il disagio di una mamma», aggiunge Mascia. «Nella mia lettera ho difeso il rispetto dell'Inno di Mameli, che non va stravolto, specie quando lo si insegna ai bambini, al nostro futuro, e l'ho fatto in nome di quel tricolore che sono orgoglioso di indossare. Le polemiche delle ultime ore non mi appassionano: presto attenzione a ogni voce del territorio, anche a quella di una sola mamma o un solo papà. Sicuramente quella lettera, nata in difesa di un principio sacrosanto, quello del valore del nostro Fratelli d'Italia, ha avuto il potere di ricompattare tutto il mondo politico della sinistra, come neanche le ultime elezioni o le primarie erano riuscite a fare, e di risuscitare la sopita passione della Resistenza, consentendo a qualcuno anche di rispolverare delle insospettate doti canore».
Ironia a parte, Mascia precisa «la mancanza di alcuna volontà intimidatoria o di censura» nei confronti della preside, ma piuttosto sottolinea «il disagio che una mamma aveva manifestato in merito a come si era svolta la manifestazione all'interno della scuola». «Non è il semplice e opportuno ricordo dei 9 partigiani fucilati», osserva il sindaco, «ma il coinvolgimento dei bambini in canzoni che sicuramente risalgono all'800, ma, è inutile fare gli ipocriti, sono chiaramente divenute icona di una parte politica, come insegna il giornalista Santoro. Molto più grave è stata la manipolazione dell'Inno di Mameli, insegnata in maniera stravolta ai bambini di 6 o 7 anni, poco importa che si tratti di un progetto didattico». «Come sindaco», conclude, «come rappresentante delle istituzioni e soprattutto come uomo e cittadino italiano, sono orgoglioso del nostro inno, forse uno dei pochi simboli in cui si riconoscono tutti gli italiani, nelle cui parole sono intrisi i valori fondanti della nostra nazione, come la difesa della patria, della libertà e della democrazia. Ed è quello l'unico inno che va insegnato ai nostri bambini, nella sua versione corretta e originale». ©RIPRODUZIONE RISERVATA