Carabinieri nel giorno della retata

PESCARA

La retata antidroga: 350 clienti al giorno / I NOMI DEGLI ARRESTATI

Spunta l'ombra dell’omicidio Albi e della criminalità calabrese: due degli arrestati intercettati parlano di Ursino, presunto mandante del delitto

PESCARA. Una processione di circa 350 clienti al giorno, in fila «a tutte le ore del giorno e della notte senza soluzione di continuità».

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Insieme ai tossicodipendenti fatti di crack ed eroina che si trascinano per le strade ci sono anche i commessi delle boutique eleganti del centro in cerca di cocaina per le serate di festa. Il punto di incontro tra domanda e offerta è a Rancitelli: è qui che i negozi della droga sono sempre aperti, con la luce e con il buio.

Ed è qui che è scattata all’alba di ieri l’operazione “Giorno e notte” eseguita dai carabinieri del Norm della compagnia di Pescara, agli ordini del colonnello Riccardo Barbera. Le serrande sono ora abbassate nei “negozi” della droga in via Sacco 66, via Lago di Capestrano 104 e via Imele 23, gestiti secondo i principi dell’economia aziendale ma con «capacità criminale», tra pistole, botte e minacce.

I NOMI DEGLI ARRESTATI

Questi i nomi dei 12 arrestati. Marcello Belisario (Pescara), Emilia Cirelli (Pescara) Angelo Ciarelli (Pescara), Sharon Colangelo (Pescara), Massimiliano D'Attanasio (Pescara), Claudio Dell'Orso (Montesilvano), Dennis Di Lorito (Pescara), Luca Di Lio  (Montesilvano), Claudia Masci (Pescara), Morgana Petrucci (Pianella), Dylan Spinelli (Pescara), Marcello Anthony Spinelli (Pescara).

SPUNTA L'OMICIDIO ALBI

Dalle carte dell’operazione “Giorno e notte”,  spunta anche un nome importante: quello di Natale Ursino, il pregiudicato calabrese coinvolto quale mandante dell’omicidio dell’architetto pescarese Walter Albi e del ferimento dell’ex calciatore Luca Cavallito, avvenuto il primo agosto dello scorso anno al bar del Parco. Nel corso dell'indagine, infatti, i militari vengono a conoscenza di un’altra operazione che era stata fatta dalla polizia, “Operazione White Horse 2017”.

C’era stato un arresto in flagranza di un noto pregiudicato spoltorese per spaccio di droga e le indagini si erano indirizzate su Claudio Dell’Orso (uno degli arrestati di ieri) ritenuto il fornitore di droga. E nel corso di una perquisizione a casa Dell’Orso, quest’ultimo veniva trovato in compagnia di Ursino, pluripregiudicato e in rapporti con la criminalità calabrese.

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«La presenza di Natale Ursino sul territorio abruzzese», si legge nelle carte, «è iniziata già anni or sono, ma soprattutto dopo l’omicidio Albi il suo nome è balzato alle cronache perché ritenuto il mandante dell’omicidio dagli inquirenti». E nel corso di quell’indagine della polizia venivano individuati anche altri calabresi che frequentavano la casa montesilvanese di Dell’Orso, ma quel fascicolo veniva poi archiviato perché non vennero raccolti elementi incriminanti. Ma quell’operazione è servita oggi a inquadrare i rapporti di Dell’Orso con la criminalità organizzata pugliese, ma soprattutto calabrese.

In una intercettazione ambientale viene registrato un colloquio tra il 48enne Dell'Orso e Massimiliano D’Attanasio, altro arrestato di ieri. Claudio dice: «Hai sentito il fatto de lu Curt (come veniva anche chiamato Ursino ndr)?». E l’interlocutore risponde: «Sì ho sentito, ti volevo chiedere... non è il mandante..., l’avevi detto lo skipper. Non è partito che ha fatto?», riferendosi al presunto viaggio oltreoceano che Ursino voleva fare con la barca di Albi per trasportare forse droga oltreoceano. E Claudio risponde: «A me è andato pure negativo... quell’infame de lu Curt». E Massimiliano lo incalza: «Ma non è che gli hanno fregato il telefono, mo stai pure tu là in mezzo». Ma la risposta di Dell’Orso è secca: «Io sto tranquillo, mo te lo dico». E secondo gli investigatori con quella frase Dell’Orso voleva «forse intendere che anch’egli aveva un ruolo nella vicenda del trasporto degli stupefacenti. Dell’Orso lo definisce un infame», si legge ancora nelle carte riguardo al riferimento a Ursino, «probabilmente perché lui non riteneva l’omicidio necessario». Un passaggio che secondo gli inquirenti contestualizzerebbe l’ingresso del calabrese Ursino nel territorio pescarese per avviare forse altre attività illecite e quindi il suo ruolo che, però, non sarebbe mai stato evidenziato prima del delitto per il quale il calabrese è accusato di essere stato il mandante e Mimmo Nobile il presunto esecutore materiale del delitto.