Lacrime e applausi per l’addio a Scibilia

22 Gennaio 2013

La chiesa gremita di sportivi, tifosi e gente comune

GIULIANOVA. E’ andato via da protagonista. Applaudito e rimpianto come imprenditore, sportivo e, in modo particolare, come uomo. Il funerale di Pietro Scibilia, industriale calabrese trapiantato a Giulianova ma conosciuto soprattutto nelle vesti di presidente del Pescara calcio e patron di mitiche squadre di ciclismo, tra le altre cose, è stato un commovente viaggio nella memoria sportiva. Non c’erano tutti quelli che gli dovevano qualcosa, ma molti sì. Gli assenti sanno, in cuor loro, se sono giustificati o se hanno gettato al vento l’occasione per un doveroso saluto. Ivo Iaconi e Francesco Oddo, allenatori del suo Pescara, c’erano. Nella moderna chiesa di San Pietro, a Giulianova Lido, si sono visti anche Ottavio Palladini e Gianluca Colonnello , calciatori del Pescara che fu, nonché i procuratori sportivi D’Ippolito e Arbotti. E poi, Andrea Iaconi, Pierfrancesco Visci, Cetteo Di Mascio, Claudio Garzelli, Claudio Croce, Vincenzo Minguzzi e Massimo Epifani. Il nuovo Pescara targato Delfino, con un gesto encomiabile, ha fatto scortare il feretro da una delegazione giovanile e altrettanto ha fatto il Giulianova calcio. Presenti alcuni biancazzurri di questi giorni: i calciatori Cascione, Balzano e Capuano, il presidente Daniele Sebastiani, il dirigente Danilo Iannascoli, i medici Sabatini e Salini e il segretario Gramenzi.

«Aiutiamo Pietro a bussare alla porta del Signore», ha detto il parroco don Enio Lucantoni . «Ha lasciato questa vita transitoria per andare nella vita eterna. La vostra presenza qui testimonia quanto di buono ha fatto nell’industria e nello sport». Pietro Scibilia si è spento domenica mattina, alle 6.30, sconfitto da un male manifestatosi all’improvviso, quando la situazione era compromessa. Ha lasciato due figlie, Isolina e Sandra, e la moglie Carolina Gonzales, che in chiesa, al microfono, da autentica donna di fede, ha ringraziato «Gesù per tutto quello che mi ha donato». Chiara l’allusione a un matrimonio lungo e sano, capace di assorbire anche il dolore per la scomparsa prematura di un’altra figlia, Titina. Scibilia, nato il Primo maggio del ’29 a Gioia Tauro, era particolarmente fiero della carica di Commendatore perché premiava la dedizione al lavoro che tutti gli riconoscevano. In questo, il genero Antonio Oliveri, ieri scoppiato in un pianto dirotto, gli somiglia tantissimo. Oliveri ha guidato la squadra che ha trasportato a spalla, tra gli applausi dei presenti, la bara coperta con le maglie del Pescara e del Giulianova e la sciarpa dei tifosi del Pescara. E di tifosi se ne sono visti parecchi, anche quelli che, a volte a torto e a volte a ragione, l’hanno contestato durante i 18 anni di permanenza nella società biancazzurra. Non c’erano solo gli sportivi. Anzi, i tantissimi volti di persone sconosciute sono stati la conferma del solido legame di Scibilia con la gente comune. «Ci ha insegnato come si fa industria», ha detto l’avvocato Sergio Valent e, collaboratore e amico del patron, chiamato a pronunciare un discorso di commiato. Ce l’ha messa tutta per parlare senza tradire la commozione, ma non ci è riuscito. Una parola, un singhiozzo, una pausa: Valente, senza volerlo, così ha onorato al meglio la bara di un uomo piccolo di statura ma grandissimo per capacità, arguzia, ambizione e intelletto. Scibilia ha creato lavoro e i lavoratori gli saranno sempre grati. Ha commesso degli errori, specie nella lunga esperienza da presidente del Pescara, ma nulla che valga la pena di essere ricordato nel giorno del Giudizio. Molti pescaresi gli rimproverano le emissioni maleodoranti dell’olearia, ma non c’è nessuna industria del genere che emani profumo di violette.

A Giulianova si sono visti diversi giornalisti. Tutti nostalgici. Eh sì, perché il Commendatore era un piatto ricco per i cronisti: mai banale, spesso pungente, di certo amante della ribalta. Era un personaggio autentico che, pur borbottando, non serbava rancore se riconosceva nel suo interlocutore una persona trasparente.

«Acqua e incenso sulla bara di Pietro, che è in viaggio per essere accolto da chi siede su un trono altissimo», ha detto ancora don Enio. «Grazie, presidente», è stata la conclusione di Valente. Anzi, di tutti i presenti. Anche di Mario Di Credico, Fernando Ruffini, Vincenzo Marinelli, Venceslao Di Persio, amico storico di Scibilia, e di Luigi Albore Mascia, sindaco e arcitifoso tifoso del Pescara.

©RIPRODUZIONE RISERVATA