Ma la vittima era stata accusata di un altro delitto
A 13 anni Manuel coinvolto nella morte delle studente-cameriere De Meo. La madre è durissima: «Una giustizia divina»
MARTINSICURO. Una coincidenza degna di un romanzo giallo. A morire durante un’aggressione è Manuel Spinelli, il ragazzo di 13 anni che la notte fra il 9 e 10 agosto 2009 faceva parte del gruppetto di minorenni che prese a pugni e uccise Antonio De Meo, studente universitario di Castel di Lama. Il ragazzo, che d'estate faceva il cameriere in un hotel di Martinsicuro, aveva appena finito il suo turno. E in un parco giochi a Villa Rosa vide la bici dell'hotel dove lavorava, che gli era stata appena rubata, nelle mani di un gruppo di ragazzini rom. L'errore fu chiederne la restituzione: fu aggredito e preso a pugni da tre ragazzi, uno di 15, uno di 17 e l'altro di 13, per questo non imputabile. Il 13enne era Manuel Spinelli, che evitò il carcere a differenza degli altri due proprio perchè aveva meno di 14 anni.
La madre di De Meo, Lucia Di Virgilio, ha saputo di quanto è capitato a Spinelli ieri mattina alle 8. «Mi hanno telefonato in tanti», racconta la donna, attivissima nel chiedere giustizia e nel tenere viva la memoria del figlio, «e si è riacceso il dolore. Ma per noi che non abbiamo avuto giustizia terrena c’è stata la giustizia divina. Ora anche sua madre saprà come abbiamo vissuto noi negli ultimi otto anni. Il Signore ha deciso di far capire loro che cosa significa provare questo dolore». La madre dello studente ricorda il «modo pazzesco» in cui è morto il figlio. E ricorda anche, dopo la sua morte, il tentativo di salvare proprio quel 13enne non imputabile. «All’epoca andai ad Alba per cercare di farlo entrare in una comunità in mdo da recuperarlo, ma non è stato possibile: mi fu consigliato di tenermi lontana». Ora Lucia Di Virgilio ha fondato un’associazione intitolata ad Antonio De Meo e prosegue l’attività del figlio impegnato, anche a Bologna dove frequentava l’università, in opere di beneficenza. «Adesso seguiamo 102 famiglie in difficoltà», informa la donna, «facendo del bene, proprio come faceva lui. Ricordo una conversazione avuta con lui due giorni prima che morisse: io gli dicevo “Tu aiuti gli altri, ma gli altri aiuteranno te quando ti servirà?” e lui mi rispose: “Mamma, allora non hai capito”. (a.f.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA.
La madre di De Meo, Lucia Di Virgilio, ha saputo di quanto è capitato a Spinelli ieri mattina alle 8. «Mi hanno telefonato in tanti», racconta la donna, attivissima nel chiedere giustizia e nel tenere viva la memoria del figlio, «e si è riacceso il dolore. Ma per noi che non abbiamo avuto giustizia terrena c’è stata la giustizia divina. Ora anche sua madre saprà come abbiamo vissuto noi negli ultimi otto anni. Il Signore ha deciso di far capire loro che cosa significa provare questo dolore». La madre dello studente ricorda il «modo pazzesco» in cui è morto il figlio. E ricorda anche, dopo la sua morte, il tentativo di salvare proprio quel 13enne non imputabile. «All’epoca andai ad Alba per cercare di farlo entrare in una comunità in mdo da recuperarlo, ma non è stato possibile: mi fu consigliato di tenermi lontana». Ora Lucia Di Virgilio ha fondato un’associazione intitolata ad Antonio De Meo e prosegue l’attività del figlio impegnato, anche a Bologna dove frequentava l’università, in opere di beneficenza. «Adesso seguiamo 102 famiglie in difficoltà», informa la donna, «facendo del bene, proprio come faceva lui. Ricordo una conversazione avuta con lui due giorni prima che morisse: io gli dicevo “Tu aiuti gli altri, ma gli altri aiuteranno te quando ti servirà?” e lui mi rispose: “Mamma, allora non hai capito”. (a.f.)
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