Marini non passa, impallinato da renziani e franchi tiratori

L’ex presidente del Senato si ferma a quota 521, lontano dal quorum Duecento i franchi tiratori. A Rodotà 240 voti, più degli elettori M5S

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ROMA. Per Franco Marini il Quirinale resterà solo un miraggio. Il flop, temuto fin dalle prime ore del mattino, prende corpo intorno all’ora di pranzo. Il primo scrutinio per l’elezione del presidente della Repubblica si chiude infatti con un risultato che segna la sconfitta della linea portata avanti da Pier Luigi Bersani. Il nome dell’ex presidente del Senato ed ex segretario della Cisl non solo non ha retto all’accordo raggiunto due giorni fa da Pd, Pdl e Scelta Civica ma si è fermato a quota 521, ovvero 151 voti in meno del quorum (che fino alla terza votazione è fissato in 672 voti) necessario per l’elezione. Voti mancanti non solo dal Pd, che dopo la drammatica assemblea notturna al Capranica si è spaccato, lacerato, ma anche da qualche esponente del Pdl (non molti) e da alcuni parlamentari di Scelta Civica .

Risultato: la prima votazione non è nera ma nerissima. Le schede bianche sono 104 e dei grandi elettori si sono espressi contro Marini 163 parlamentari del M5S, 45 di Sel, e almeno 200 del Pd. I numeri parlano chiaro. Se ai voti complessivi presi da Marini (521) si sottraggono quelli arrivati dal centrodestra (221 del Pdl, 40 della Lega ma non i 9 di Fratelli d’Italia che avrebbero votato contro) si arriva a quota 245. Questo vuol dire che all’ex presidente del Senato sono arrivati dal centrosinistra quasi la metà dei voti del suo partito. Un dramma per Bersani reso ancor più acuto dal fatto che il dissenso ha preso strade diverse. Stefano Rodotà, il candidato di Beppe Grillo su cui sono confluiti i 45 voti di Sel, ha ottenuto 241 voti al primo scrutinio e 230 al secondo. Un numero che va oltre la somma dei voti grillini e di Sel. Ci sarebbero, insomma 25-30 voti che verrebbero dal Pd. E Laura Puppato lo ha detto chiaramente: «Non ho votato Marini. Ero indecisa tra scheda bianca e Rodotà». C’è poi la sorpresa di Sergio Chiamparino, votato in massa dai renziani, che ha preso 41 voti al primo turno e 90 al secondo. Ci sono poi una serie di voti che indicano un malessere profondo nei confronti della decisione di Bersani di provare ad eleggere Marini al primo turno.

E invece ci sono stati 14 voti per Romano Prodi al primo scrutinio e 13 al secondo e ben 12 voti per Massimo D’Alema che sono diventati 36 alla seconda votazione. Un segnale al segretario Pd? Certo, ma non solo. Quel che è certo è che la frattura emersa al Capranica non si è ricomposta. Ragion per cui, dopo la prima bocciatura, Bersani è stato costretto a cambiare strategia e ha chiesto ai suoi parlamentari di votare scheda bianca. Cosa che hanno fatto anche Pdl e Lega. Alla fine, le schede bianche sono state una marea, ben 418. Poi, in serata, Bersani ha fatto sapere di essere disponibile a non insistere su Marini e ha annunciato che oggi farà ai grandi elettori del Pd una «nuova proposta» e che saranno loro a scegliere. Questo vuol dire che già stasera o al massimo domani, con la quarta votazione che fa abbassare il quorum a quota 504 voti, potrebbe essere eletto il successore di Giorgio Napolitano.

Il condizionale è d’obbligo perché al momento nel Pd non c’è nessuna intesa su un nome condiviso. Bersani, che rischia di rimanere definitivamente fuori gioco, è alla disperata ricerca di una soluzione e per questa ragione ha chiesto di rinviare al pomeriggio la terza votazione prevista per la mattina. Una richiesta che ha fatto infuriare Silvio Berlusconi, che invece vorrebbe continuare a votare Marini e teme che dalla quarta votazione possa essere eletto Prodi. «Mentre il paese, a 52 giorni dalle elezioni, è ancora in attesa di un governo, non si possono compiere manovre dilatorie solo perché il Pd deve risolvere i suoi gravi problemi» scrivono in una nota i capigruppo del Pdl, Brunetta e Schifani.

Ieri molti sono stati i voti dispersi. Sulle schede sono stati scritti i nomi di Rocco Siffredi, Giovanni Trapattioni ma anche Arnaldo Forlani, Alessandra Mussolini e Sergio De Caprio, conosciuto come Capitan Ultimo e famoso per aver arrestato Totò Riina.

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