Montesilvano, 6 indagati per l’Ecoemme
Fabio Savini, dopo l’avviso di garanzia, lascia il posto nel cda di Ecoemme, la società che gestisce il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti a Montesilvano. È il primo effetto dell’inchiesta che vedrebbe coinvolte almeno altre cinque persone
MONTESILVANO. Il primo effetto dell’inchiesta sulla Ecoemme è una lettera di dimissioni: lascia il cda Fabio Savini, ex presidente della Comunità montana vestina, raggiunto da un avviso di garanzia. Con una nota indirizzata al presidente della società Franco Manciotti, Savini ha deciso di rimettere nelle mani di Domenico Di Gregorio, nuovo presidente dell’ente montano, l’incarico di consigliere con l’incarico di vice presidente che aveva assunto nella primavera del 2008 in rappresentanza del 2,31 per cento delle quote societarie della Comunità vestina.
La comunicazione è stata data da Manciotti ai componenti del consiglio di amministrazione e ai rappresentanti dei soci di Ecoemme, nel corso della riunione convocata d’urgenza venerdì a palazzo di città per illustrare la situazione dell’azienda dopo il blitz della polizia. Con Savini sarebbero coinvolti in una inchiesta dai contorni ancora indistinti, almeno altre 5 persone. Gli investigatori starebbero cercando di chiarire i ruoli e le attività dei principali esponenti della Deco, la società privata che dentro la Ecoemme pesa per il 49%: Ferdinando Ettore Di Zio, amministratore delegato della Ecoemme, l’avvocato Ettore Paolo Di Zio, membro del consiglio di amministrazione, e Rodolfo Di Zio, componente del Cda della Deco.
Ma se le perquisizioni nella sede operativa della Ecoemme in via Nilo e le acquisizioni di documenti negli uffici del comune di Montesilvano sembravano inizialmente far pensare a una dimensione cittadina dell’inchiesta, nuovi elementi potrebbero indicare uno scenario più ampio. A partire da una delle ipotesi di reato su cui si muovono i pm Anna Rita Mantini e Gennaro Varone, che hanno delegato le indagini alla squadra mobile di Pescara diretta dal vice questore Nicola Zupo: per alcuni degli indagati, infatti, l’accusa sarebbe quella di associazione per delinquere, con la finalità di favorire un regime monopolistico nella gestione dei rifiuti.
Una ipotesi tutta da dimostrare, per una inchiesta che avrebbe dunque un territorio assai più vasto di quello comunale e che interesserebbe invece l’ambito provinciale. Perquisizioni e verifiche sarebbero state condotte nei giorni scorsi anche in Comuni diversi da Montesilvano, con l’acquisizione di montagne di carte che ora gli investigatori della polizia si preparano ad analizzare.
Mentre Ettore Di Zio, contattato telefonicamente dal Centro, preferisce non rilasciare alcun commento sulla vicenda, Fabio Savini, ex vice presidente della Ecoemme, si dichiara tranquillo: «Io credo che si tratti di un atto dovuto, perché durante i cinque mesi nei quali abbiamo atteso la nomina del nuovo presidente ci siamo limitati all’ordinaria amministrazione. Ma sono sconcertato, anche perché in questo periodo non ho percepito alcuna indennità, non l’ho ritenuto opportuno. Così come per senso civico avevo cancellato le indennità nella Comunità montana».
Sereno il sindaco Pasquale Cordoma, che nei mesi scorsi ha consegnato alla procura il dossier che, assieme alle dichiarazioni dell’ex presidente della Ecoemme Domenico Di Carlo, ha dato il via all’inchiesta: «Al di là dell’inchiesta l’attività di raccolta dei rifiuti deve andare avanti. Se serviranno carte, chiederemo alla procura le fotocopie».
La comunicazione è stata data da Manciotti ai componenti del consiglio di amministrazione e ai rappresentanti dei soci di Ecoemme, nel corso della riunione convocata d’urgenza venerdì a palazzo di città per illustrare la situazione dell’azienda dopo il blitz della polizia. Con Savini sarebbero coinvolti in una inchiesta dai contorni ancora indistinti, almeno altre 5 persone. Gli investigatori starebbero cercando di chiarire i ruoli e le attività dei principali esponenti della Deco, la società privata che dentro la Ecoemme pesa per il 49%: Ferdinando Ettore Di Zio, amministratore delegato della Ecoemme, l’avvocato Ettore Paolo Di Zio, membro del consiglio di amministrazione, e Rodolfo Di Zio, componente del Cda della Deco.
Ma se le perquisizioni nella sede operativa della Ecoemme in via Nilo e le acquisizioni di documenti negli uffici del comune di Montesilvano sembravano inizialmente far pensare a una dimensione cittadina dell’inchiesta, nuovi elementi potrebbero indicare uno scenario più ampio. A partire da una delle ipotesi di reato su cui si muovono i pm Anna Rita Mantini e Gennaro Varone, che hanno delegato le indagini alla squadra mobile di Pescara diretta dal vice questore Nicola Zupo: per alcuni degli indagati, infatti, l’accusa sarebbe quella di associazione per delinquere, con la finalità di favorire un regime monopolistico nella gestione dei rifiuti.
Una ipotesi tutta da dimostrare, per una inchiesta che avrebbe dunque un territorio assai più vasto di quello comunale e che interesserebbe invece l’ambito provinciale. Perquisizioni e verifiche sarebbero state condotte nei giorni scorsi anche in Comuni diversi da Montesilvano, con l’acquisizione di montagne di carte che ora gli investigatori della polizia si preparano ad analizzare.
Mentre Ettore Di Zio, contattato telefonicamente dal Centro, preferisce non rilasciare alcun commento sulla vicenda, Fabio Savini, ex vice presidente della Ecoemme, si dichiara tranquillo: «Io credo che si tratti di un atto dovuto, perché durante i cinque mesi nei quali abbiamo atteso la nomina del nuovo presidente ci siamo limitati all’ordinaria amministrazione. Ma sono sconcertato, anche perché in questo periodo non ho percepito alcuna indennità, non l’ho ritenuto opportuno. Così come per senso civico avevo cancellato le indennità nella Comunità montana».
Sereno il sindaco Pasquale Cordoma, che nei mesi scorsi ha consegnato alla procura il dossier che, assieme alle dichiarazioni dell’ex presidente della Ecoemme Domenico Di Carlo, ha dato il via all’inchiesta: «Al di là dell’inchiesta l’attività di raccolta dei rifiuti deve andare avanti. Se serviranno carte, chiederemo alla procura le fotocopie».